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248 il governo del monaco


impadronito, — e col fallace titolo d’amico, s’avanzava su Roma, beffandosi della credulità come della bravura del nostro popolo, ben caramente ebbe a pagare le sue millanterie, e rotto in fuga dai militi cittadini della Metropoli, dovette ripigliare vergognoso la via del mare.

Il 30 Aprile — giorno glorioso per Roma — non era dimenticato sui sette colli — ma come festeggiarlo in presenza di tanta sbirraglia? — Nè in Roma soltanto, ma in tutte le città ancora soggette al Papa, rinasceva costante il desiderio di festeggiare l’anniversario della propria liberazione. A Viterbo — dove sappiamo che al tempo del nostro racconto non c’erano truppe — la popolazione avea divisato di festeggiare il 30 Aprile, come anniversario della cacciata dello straniero, — e preparativi acconci furono fatti. — Ma se non v’eran truppe — non mancavano spie — ed il Governo di Roma fu informato d’ogni cosa.

Il Comitato Viterbese per la festa — avea fissato un programma che stabiliva: — dopo il meriggio i lavori fossero sospesi — la gioventù in abito di gala si riunisse sulla piazza della Cattedrale — con nastro tricolore al braccio sinistro, — di là movesse in processione verso porta Romana, per ivi dare un