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296 il governo del monaco


«ardì accusarmi apertamente della morte del padre, ma insinuò tale sospetto tra i suoi intimi — mi tese quante insidie egli potè — e mise a disposizione di sicarii — per uccidermi — quanto possedeva.

«Al mio aspetto — benchè oppresso dagli anni e da’ malanni — voi potete congetturare — ch’io dovea essere un giovane svelto — e capace di tener testa a dieci preti — eppure quel lucifero fu tanto astuto da tendermi un’imboscata — nella quale poco mancò ci lasciassi la vita.

«Invano egli aveva grassamente pagati vari sicarii per farmi la pelle. — Io. che sapevo di quanto era capace il mio nemico — dormivo con un occhio aperto — e quando uscivo di casa avevo meco due amici fedeli — il mio Lione e la mia carabina — con tutti gli accessori. — Lione a cento passi sentiva il rumore d’un uccelletto — e cominciava a muovere la coda ed appuntava gli orecchi. — Povero mio cane! egli fu vittima dell’affetto che mi portava! —» e il cuore intenerito del povero vecchio l’obbligò ad una pausa — finchè la commozione fosse superata. — «Sì, quei mostri in una mia passeggiata a S... pervennero ad avvelenarlo.