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106 primo periodo.

vittima a bordo della Costituzione fu ancora un ufficiale italiano di molto valore: Giuseppe Borzone, giovane di bellissime speranze; ed io non potei occuparmi de’ suoi resti per l’infierire della pugna.

Non furono pochi i danni d’ambe le parti, tanto che i nostri legni erano ridotti a carcasse. La corvetta, ad onta non si tralasciasse di turare i buchi delle palle, aveva aperto acqua al punto che difficilmente poteva vincersi, pompando senza posa ed impiegandovi per turno tutta la gente.

Il comandante del Pereira era morto in un’arditissima impresa per terra, contro i legni nemici. Io perdevo in lui il migliore e più valoroso dei compagni.

Molti erano i morti, più assai i feriti; il rimanente della gente, spossatissima, non poteva aver riposo per l’acqua soverchiante nella stiva. Eppure v’era polvere ancora, v’erano proiettili a bordo, e bisognava combattere, non per vincere, non per salvarci, ma per l’onore. L’onore! mi vien da ridere, quando io penso all’onore del soldato, ma di disprezzo! massime nel genere dell’onore dei Borbonici, degli Spagnuoli, Austriaci, Francesi quando assaltavano, come assaltano gli assassini sulla strada i poveri viandanti. L’onore di sgozzare dei conterranei gli uni, dei correligionari politici gli altri, mentre un mostro, una prostituta, un discolo scettrato se la godono e se la ridono sotto i baffi tra le luride gozzoviglie di Napoli, Vienna, Madrid e Parigi.

Noi dunque combattevamo per l’onor solo, e codesto era almeno conforme ai dettami della coscienza, giacché si pugnava per un popolo contro due tiranni; e si combatteva per l’onore a seicento miglia da Montevideo, con nemici da tutte le parti, dopo una quantità di combattimenti, privazioni, disagi, con la quasi certezza di perderci tutti.

Intanto Vidal, ministro generale della Repubblica, accumulava dobloni, per servirsene in scarrozzate ed in splendide comparse nelle prime capitali d’Europa. Ed il popolo? Pare creato a pascolo di tanta canaglia: Ma-