Pagina:Garibaldi e Medici.djvu/12

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Volontari, destinati a comporre la progettata Legione. Giacomo Medici, uno dei più fidi e più devoti ammiratori e seguaci del glorioso reduce da Montevideo, ebbe l’onore del mandato di ricevere le iscrizioni e di capitanarne l’avanguardia, appellata Anzani1 dal nome d’un prode Colonnello che ritornò già malato con Garibaldi in Italia e soccombette dopo pochi dì dall’aver messovi piede. Al saggiamente prescelto arruolatore fu dal Generale impartita severissima istruzione: che a comporre l’avanguardia non dovessero far parte se non uomini che con validi documenti, o attendibili testimonianze, provassero di essere già stati battezzati al fuoco.

Pel fiore della gioventù Lombarda, o avanzo delle gloriose barricate, o reduce dalle infelici scorrerie consumate coi disciolti Corpi Volontari nella prima fuga dell’Austriaco, o gloriosi superstiti di qualche già debellata Veneta Città, fu seducente il forte invito; sì che numerosa rispose subito all’appello. L’elemento più nobile e più vigoroso della giovine generazione che si sentiva atta alle armi, buttato in un angolo chi la penna, chi il pennello, chi lo scalpello, corse ad iscriversi sotto la bandiera del già prestantissimo Duce, che, colla sua nota intuizione degli uomini, aveva eletto a primo intermediario fra sè e le novelle reclute la geniale

  1. Questo eroe merita un particolare cenno biografico.
    Francesco Anzani, nativo di Alzate, villaggio della Brianza nella provincia di Como, ne esulò giovinetto per istinto di libertà, per irresistibile vocazione all’armi, alle quali si addestrò prima in Ispagna poi in Portogallo, guadagnandovi le spalline di Capitano.
    Cessata quella guerra fratricida, attraversò l’Atlantico e recossi a Montevideo, ove s’affratellò a Garibaldi seguendone il già glorioso vessillo. Nominato Colonnello dopo luminose prove di valentìa, nella famosa giornata del Salto emulò l’immortale minatore piemontese Pietro Micca nell’intrepidezza. Ferito e circondato da soverchianti forze nemiche, colla miccia accesa dinanzi alle polveri della batteria, minacciò seppellirvisi sotto le rovine, anzichè arrendersi.
    Dopo pochi dì dal suo arrivo in patria, già stremato di salute, fu sopraffatto dal male a Nizza, ove morì il 13 luglio 1848, confortato fino agli estremi dal suo amicissimo Giacomo Medici.
    I suoi terrazzani ne reclamarano la salma, che fu degnamente compianta nel suo tragitto per Milano. Di quì il prezioso deposito fu recato ad Alzate, ove ora da 34 anni riposa sotto quelle zolle, che prime offrirono un cammino ahi! troppo ingannatore di verzura e di fiori ai suoi passi infantili.