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15 NOTIZIE SULLA VITA DI ARCHESTRATO 16

voni? È la natura del soggetto, che lo vuole; anzi tanto più riescon leggiadri e questi, ed Archestrato, quanto più gli uni sanno la lingua imitare e i modi de’ bevitori, e l’altro quelli de’ leccardi: il tutto sta a farlo con eleganza. Ma in ciò al pari del Redi e del Meli ha riportato Archestrato laude e pregio di elegante e festevol poeta. Io non parlo già di quelle storiette che da qualche scrittore1 si narrano, e per poeta ce lo danno a vedere; tenuto a’ suoi tempi di grido e di leggiadrìa, parlo bensì de’ frammenti, che ci restan di lui, i quali chiaro ne mostrano il suo valore nella poetica. La disposizione de’ suoi versi, la frase, la maniera degli epiteti, le parole, l’armonia, sono tutte Omeriche; Omero aveva egli studiato, d’Omero avea fatto tesoro, e lui ritrae in tutti i suoi versi. Ingegnoso, ardito bizzarro trasporta, e sempre con grazia e venustà, a’ cibi e alle vivande quelle voci vaghissime colle quali il greco idioma solea esprimere la bellezza e le cose belle. Di modo che Archestrato fanno spirito ornato e gentile, che per coglier vanto di leggiadria un argomento scelse bizzarro e piacevole. Nel tempo in cui in Sicilia abbondavano e gli storici ed i filosofi e più d’ogni altro i poeti, che per porger sollazzo si occupavano di vaghi soggetti, e sin anco di parodie, dovette Archestrato venire in gran fama, e grande onore acquistarsi recando in belli e puliti versi le leggi e il codice della cucina. Da questo poema ritraevano gli abitatori della bella Siracusa, che era piena di opulenza e di commercio, in qual parte della terra erano alcuni cibi più squisiti, e

  1. Plutarco in Alex. rapporta che vi fu chi, riguardando alla povertà, in cui era Archestrato, ed alla prestanza ch’egli avea nel poetare, gli disse: O Archestrato, se tu fossi stato presso Alessandro, avresti per i tuoi versi ottenuto in premio o Cipro o la Fenicia.
ne ornavano le loro mense. I versi di Archestrato si doveano spesso ricordare ne’ banchetti, e nei conviti alla vista delle vivande, e i cucinieri ed il popolo li doveano in varie occasioni recitare, però gli scrittori ne fecero di continuo menzione, e la sua fama e i suoi frammenti sono pervenuti sino a noi.

Che bei tempi eran questi per la nostra Sicilia? Ricca, elegante, fioritissima di arti e di scienze, impresso mostrava il bello eziandio nelle monete, ne’ vasi, nelle lucerne, e il suo buon gusto nelle stoviglie e nella cucina. Mentre rinomata era ella per li suoi cuochi1, per le vesti vajate, per li letti e per li guanciali2, lodati erano i suoi caci, ricercate le sue colombe3, pregiati gli interiori de’ tonni pescati in Pachino4, in onore i suoi cuochi, Archestrato la rendeva più ornata pe’ nuovi raffinamenti che portava alle mense e al cucinare, e per i bei leggiadri modi con cui esprimeva i cibi, e l’arte di condirli con sapore. Ma resteremo noi nello stato di quelle illustri famiglie, che decadute a vile fortuna si confortano della miseria colla vita degli antichi diplomi, che fondano i titoli della loro nobiltà? Sono da emularsi non che da celebrarsi i tempi della nostra grandezza. Sono da studiare i resti onorati de’ nostri sommi uomini, e gli avanzi preziosi delle nostre antichità per acquistare il sentimento quanto più pregevole, tanto men comune, il sentimento del bello, che distingue ed onora le colte e polite nazioni.

  1. Eubulo presso Aten. l. 1, c. 22, p. 28. Σικελικά Βατάνια.
  2. Crizia presso Aten. l. 1, c. 21, p. 28.
  3. Filemone presso Aten. l. 14, c. 22, pagina 658, loda le vesti, i vasi, i caci, le colombe di Sicilia, e Alessi presso Aten. l. 9, c. 11, p. 395, celebra in particolare le colombe siciliane.
  4. Aten. l. 1, c. 4, p. 4