Pagina:Gavuzzi - L'Adramiteno e le Favole di Esofago, Torino, Fontana, 1828.pdf/82

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in nera ipocondria secondo il costume, e si mise a piangere dirottamente alla presenza di me Notajo, e degl’infrascritti signori testimonj. Un Salice in quelle vicinanze cresciuto colla salma di sua mera corteccia, si burlava del dolore altrui, e diceva alla Vite: tu sei un povero originale, che piangi nella stagione, che gli altri ridono, e ti lamenti, che la sposa è troppo bella. Al che rispose la Vite: taci, o spennacchiato Donatista, e sappi che io piango la tua miseria, mentre ti veggo evacuate le interpellanze, ed esplettati gli intestini. Guarda, che hai la pelle senz’ossa, e che la sinagoga de’ tuoi atomi è diminuita a segno, che sei divenuto ambiguo, e sembri il catarro dei leprosi di Sassonia. Abbi paura di te, e fatti il tuo bisogno indosso 5. A questa ripresa disse il Salice: basta così; io son ferito, e conosco, che siamo entrambi d’umore stravagante; tu piangi senza ragione, ed io vivo senz’anima.

Moralità.

Nemo praesumitur bonus.


FAVOLA V.




LA FORTUNA, ED UN CORNO.


Passeggiando la Fortuna per un prato fiorito s’inciampò in un Corno. Fermatasi a quest’inciampo, vedendo, che alla sua destra sedevano sovra una ripa alcuni Pastori colle loro Ninfe, che custodivano la