Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/100

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dïnvincibles convictions. Cette evidence m’a saisi dans l’examen que j’ai fait de la situation actuelle de la musique en Italie, et c’est elle qui m’a dicté ce que j’en ai dit. Mais en même temps j’avais une certitude que rien ne saurait ébranler: c’est qu’une nation telle que l’italienne sera toujours prête â ressaisir le sceptre de la domination artistique des que les circostances lui deviandront plus favorables. «t Je ne terminerai pas sur ce sujet sans faire remarquer que la Gazette Musicale de Milan a pour excuse de son langage dans la polémique dont il s’agit la position, la nouveauté de son existence, et le caractère impressionable de la nation a qui elle s’adresse. Il lui faut un public qui lui soit favorable dans son début et le meilleur moyen de ce le concilier est de défendre ces goûts contre les attaques d’un étranger qu’on est fort disposé à considérer comme malveillant par cela seul que son langage n’est pas celui de la louange (h). Malgré mes vivives simpathyes pour l’Italie, je n’ai pas dû m étonner qu’on m’ait représenté dans la Gazette de Milan comme son détracteur (i)?>. (h) Dimandiamo mille perdoni al signor Fétis, ma le note da noi apposte alle prime sue lettere sulla musica in Italia non furono punto dettate dalle ragioni ch’egli or qui suppone. Fin dal bel primo momento in cui ci accingemmo a pubblicare questa Gazzetta ci siamo proposti la più assoluta indipendenza di opinioni anche in faccia al medesimo paese cui la Gazzetta stessa è dedicata. La franca esposizione della verità, la schietta e libera manifestazione delle nostre convinzioni, ecco con quali disposizioni d’animo ci siamo accinti alla difficile nostra intrapresa. Forse avremo errato nei nostri giudizii, forse avremo proclamato talora principii non al tutto indisputabili, ma se ciò fu è da darsene cagione alla nostra fallibilità non a seconde mire od a spirito di accondiscendenza o di adulazione nazionale. A prova che la Gazzetta musicale di Milano non mirò punto a blandire la vanità italiana, ma si propose all’incontro di porre al nudo i lati più deboli dell’arte tra noi, per venir poi additandone i rimedii al modo che le darà la sua qualunque dottrina ed esperienza e la molta sua buona volontà, valga una sola occhiata al nostro programma non che all’articolo di introduzione che si stampò in fronte al primo numero. (1) In questo proposito il signor Fétis è assolutamente in inganno. La nostra Gazzetta fu ben lontana dal volere dipingerlo all’Italia musicale come un suo detrattore., anzi coH’avcr.e pubblicate ne’ proprii fogli quasi in intero tradotte esattamente le lettere di lui e coll’essersi limitata a non discutere che della validità di alcune sue opinioni in esse lettere espresse, mostrò di volere abbandonare all’imparziale esame del pubblico italiano i suoi giudizii sull’attuale stato dell’arte presso di noi. La grave accusa che ci fa il signor Fétis è dunque al tutto insussistente e dà a sospettare in noi un’intenzione ben diversa da quella che ci mosse nell’intraprendere con esso lui la polemica in quistione. Del resto noi protestiamo un’altra volta riolla nostra più sincera stima per la molta dottrina "del signor Fétis, pel non comune suo amore all’arte, e per la importanza de’suoi numerosi lavori. Per quanto poi riguarda le sue convinzioni sul conto della musica italiana de’giorni nostri, ripetiamo che se in generale ne paiono desunte da molta cognizione della materia c da indagini non vane, in alcune specialità le avremmo desiderate esposte con maggiore scrupolo e riguardo e più.maturamente ponderate. B. BIBLIOGRAFIA. Sulla opportunità di una nuova Segnatura musicale, Ragionamento di Giuseppe Homo. — Milano, presso Andrea Ubiditi. E questo il titolo di un opuscolo di poche pagine dettato dal sig. Borio, nel quale con singolare acume e con non volgare dottrina ei si prova a dimostrare la creduta bontà dei principii dati a fondamento della Riforma proposta dal sig. E. Gambale. - Abbenchè gli esperti non siano punto persuasi avere il sig. Borio raggiunto lo scopo che si propone, è pur da dirsi molto lodevole il suo assunto, e ciò tanto più ove si noti il modo pieno di riserbo e di bella modestia con cui adoperò ad esporre le proprie opinioni. Il sig. Borio, anche volendo riconoscere ammissibile la Rforma del sig. Gambale, non esagera l’importanza di questo ingegnoso trovato, ma 10 accoglie e lo blandisce con quella giusta misura di parole che in Germania, in Francia, in Inghilterra si osservò ogni qualvolta simili progetti di rivolgimento nella segnatura musicale (caduti poi a vuoto l’uno dopo l’altro) vennero proposti da innovatori non meno zelanti del sig. Gambale. Pel miglior effetto delfopuscoletto del sig. Borio avremmo poi bramato che anche 11 sig. M. Parma, il quale lo fregiò di una specie di prefazione, non si fosse abbandonato ad alcune troppo vive espressioni di entusiasmo, le quali per la sovverchia enfasi con cui esaltano la Riforma Gambale, invece di predisporre gli animi a favore di essa, corrono il rischio di farli più dubbiosi sul valore della medesima, perchè già è noto che le esagerazioni riescono sempre al risultato opposto a quello cui mirano. E qui appunto ne cadrebbe molto bene in acconcio di ripetere alsig.M. Parma le medesime parole da lui rivolte a quegli scrittori i quali, cornei dice, usano fare un monte di vesciche per dar pur qualche importanza ai loro dettati poveri di vera e solida dottrina; ma cene asteniamo, perchè abbiamo la certezza che la sovverchia ridondanza delle frasi da lui usate a preconizzare il trionfo della Riforma del sig. Gambale non sono altro che l’espressione sincerissima di un animo ingenuo avvezzo ad accendersi di passione per tutto che si appresenta sotto l’abbagliante aspetto di straordinaria novità. In altro articolo ci occuperemo deifesame dell’opuscolo del sig. Borio.’ CARTEGGIO. (Come abbiamo preveduto, il nostro collaboratore corrispondente sig. L. F. Casamorata ci mandò la seguente risposta all’articolo dell’anonimo bolognese inserito nel 77. -17 di questa Gazzetta. Mossi dulia nostra imparzialità e dal proposito di accogliere in questo giornale ogni qualunque discussione artistica - musicale concepita nei termini convenienti, vi diamo posto con tanto maggior piacere in quanto che riteniamo sarà essa accolta colla soddisfazione dovuta a chi saviamente e decorosamente nianjfesta le proprie convinzioni). Firenze il 17 maggio Sig. Estensore pregiatissimo Fino da quando intrapresi ad esporre la mia qualsiasi opinione sullo Stabat di Bossini, prevedeva che quelle mie osservazioni avrebbero trovato oppositori, avrebbero suscitato una polemica, e ciò era appunto quello che io bramava, comecché mi paresse poter essa riuscire utilissima all’arte della quale come critico ho intrapreso ad occuparmi; sì per la importanza dell opera di cui trattavasi, sì pel nome grande e celebratissimo dell’autore. Nè avrei mai pensato che ciò facendo potesse cadere in mente d’uomoch io fossi mosso da irriverenza verso quel sommo, come a niuno tra i sani è mai avvenuto di condannare come irriverenti quei critici che han detto e stampato che la Cantica del Paradiso di Dante è inferiore in generale a quella dell "‘Inferno, che l’Aminta del Tasso è componimento freddo a paragone della Gerusalemme, e (per non uscire dalla specialità della musica) che il Cristo sulF Oliveta di Beethoven non è la migliore tra le cose sortite dalla penna di quel fecondissimo compositore, che i cori della Creazione di Haydn, comecché di squisita fattura, pure per forza e vigore di concetto sono inferiori a quelli di Haendel, e così via discorrendo. Nè accomunando Bossini con questi grandi credo di fargli torto. Ma la cosa non è andata così. Vi sono certi lodatori quand ménte cui ripugna 1 idea che possa pur da lungi revocarsi in dubbio il pregio assoluto e illimitato delle opere dei grandi; che non intendono come talora un semplice peccaluzzo di questi offra subietto di studio più utile che tutti i parti regolari della mediocrità; che poi si avvisano ritenere come un’offesa a lor fatta personalmente l’accusar qualche menda in ciò che senza restrizione a lor piace. Ora tutti costoro, se imprendono a scendere nell’arena per combattere contro chi diversamente da loro la pensa, © non volendo o non sapendo trattare artisticamente e filosoficamente la questione, portano nella disputa tutte personali passioni, e al freddo ragionamento sostituiscono ogni sorta di motti piccanti. Così avvenne circa! un secolo fa in Francia all’epoca delle note quistioni tra i Piccinisti e i Gluckisti, e’ così pare far si voglia oggi con me, nella cui franchezza si è voluto vedere ad ogni costo un’irriverenza, se giudicar ne debbo dai primi saggi di polemica relativi al mio articolo inserito nel N. 14 di questo foglio che mi son pervenuti, ed in prima di ogni altro dall articolo già stampato nel N. 15 del periodico bolognese La. Favilla, e riprodotto con savie annotazioni vostre nel N. 17 di questa Gazzetta. Certo vi confesso che mentre vedo in Italia lasciarsi discutere in pace il merito delle idee e dei sistemi fdosofìci di Bomagnosi e di Bosmini, ecc., non mi sarei atteso mi si dovesse gridare la croce addosso solo per essermi arrischiato a discutere liberamente e coscenziosamente il merito di una composizione musicale. Ma essendo così la cosa, per mezzo di queste righe a voi dirette mi piace dichiarare ad ognuno a proposito delIarticoloai cui punti generali voi già avete risposto, e nel quale del pari che nel suo anonimo autore, per comodo rilengo come concentrata la rappresentanza di tutti gli scritti e di tutte le persone dei miei contraddittori della specie di quelli che finora si sono mostrati, che rispetto troppo il pubblico per chiamarlo testimone di una lotta di motti più o meno pungenti, di parole più o meno scortesi; che rispetto troppo me stesso per scendere a questo; che far servire a ciò la stampa è a senso mio prostituirla; che per ciò a tutte le personalità che mi si potessero scagliar contro apporrò sempre il silenzio figlio di un meritato disprezzo, tanto più quando, come per l’autore del ridetto articolo annotato da voi, si avrà avuto ricorso al modo biasimevole clelfanonimità, di fronte a me, che non al certo, per vana gloriuzza, chè non ve n’era ragione, ma per servire al dovere che 1 onestà impone ad ogni uomo onorato, sono sceso nell’arena a pugnare a viso scoperto senza celare, qualunque siasi, il mio nome W. — Belativamente poi a quella larva (1) A proposito di ciò debbo dirvi che non so fare a meno di riconoscere come mera vostra liberalità il titolo alquanto presuntuoso di maestro con che accompagnaste il mio nome nell’esordio che apponeste alle mie osservazioni: titolo al quale, come non so di aver diritto per ottenerlo, così non nutro pretensione veruna.