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GAZZETTA MUSICALE

N. 37

DOMENICA
11 Settembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


STUDJ BIOGRAFICI.

GIOVANNI WOLFANGO MOZART.

Chi voglia formarsi una ben chiara idea della diversità che corre tra il genio musicale dei tedeschi e quello degli italiani, deve osservare anzi tutto e tener conto del modo in gran parte opposto col quale i critici dell’una nazione e quelli dell’altra sogliono recar giudizio delle bellezze dei capolavori di musica ed esprimere la loro ammirazione per essi. Uno scrittore tedesco, il quale, a cagion d’esempio, sia chiamato a dar il suo voto intorno a un’opera melodrammatica, osserverà principalmente la così detta verità e unità di concetto nel tutto e nelle parti, la severa gastigatezza e originalità nelle forme dei pezzi e nel loro più o meno libero sviluppo, il magistero col quale i vari! mezzi dell’orchestra e dell'armonia sono adoperati a dar vita al pensiero poetico, movimento all’azione, evidenza alla pittura dei caratteri e perfino al colorito locale, al costume storico, ecc. - Un critico italiano all’opposto non baderà più che tanto a tutte codeste ch’egli chiamerà astruserie metafisiche, e fors’anco se ne riderà come di visione immaginaria, e persuaso fin nel fondo dei precordi che la musica, sia drammatica o non drammatica, è fatta per divertire, e che per questo non fa bisogno ch’ella abbia la potenza nè descrittiva, nè imitativa, nè altro che a forza le si vuole attribuire da un’estetica trascendentale non ancora allignata tra noi, nè si facile ad allignare, se avrà a render conto di un’opera in musica si occuperà prima di tutto della così detta novità dei motivi e del gusto delle cabalette, poi osserverà se le melodie sono chiare e a periodi ben ritondati; poi se ci prestano bene alle voci de’ cantanti, se ci sono delle belle cavatine e de’ buoni duetti, e tutto al più se è uomo che pretende a un po’ di cultura musicoteatrale, si occuperà un tantino dell'istromentazioue, se è più o meno fragorosa nei tutti, più o meno fiorita negli accompagnamenti, ecc., ecc. Da questo diverso e poco men che opposto modo di giudicare della creazione musicale, propria alla diversa natura dei due popoli, (la quale è da attribuire a cause che sono troppo al dissopra delle nostre indagini) vuolsi far derivare la grande divergenza che si nota fra le due scuole, l’essere 1'una di esse famosa per la leggiadria delle forme esterne, appariscente ne’ suoi vezzi all’uditore meno educato e per conseguenza sommamente popolare, ed atta a dar diletto allo spirito e ricreare dolcemente gli animi e scuoterli con svariate ed efficaci impressioni, l’altra al contrario, celebrata per più peregrini e reconditi pregi, per austerità di concepimenti, sapienza di stile e tecnica elaborazione non comprensibile che alle menti educate allo studio del bello dell’arte ne’ suoi rapporti coll’estetica e colla metafisica, ecc. Chi volesse affermare che od i tedeschi al loro modo siano veramente i giudici più savii e i più giusti apprezzatori del merito in fatto di composizione musicale, ovvero agli italiani debba concedersi esclusivamente questa qualità, si nell’uno che nell’altro caso errerebbe a partito, stantechè noi crediamo che appunto, come danno in eccesso i primi coll'esigere nella musica de’ vanti, a discoprire e comprendere i quali vuolsi una tale finezza e cultura di spirito ajutate da sì viva immaginativa e penetrazione che troppo difficile è trovare negli uditori ordinarii, al modo medesimo, dicevamo, peccano del soverchio opposto gli Italiani nel tenersi contenti di quelle bellezze che costituiscono più presto la forma anziché l’intima essenza della musicale creazione, e le quali dal più al meno riescono facilmente alla portata dei compositori anche non dotati di genio ma solo aiutati da molto gusto, da un tal quale istinto melodico, e, forse più che tutto, da una facile ritentiva che loro fa agevole appropriarsi gli altrui pensieri e vestirli con garbo e con artifizio in modo che abbiano una tal quale sembianza di novità. Opiniamo quindi che il critico più sagace e giusto del valore reale dei prodotti del musicale ingegno possa essere quegli che in sè accoglie e contempera le doti, più naturali che acquisite, di gusto e di fino sentire proprie all’Italiano, e quelle meno comuni di intima convinzione del bello e di ponderato criterio artistico, peculiari al tedesco. Colla attitudine di giudizio derivante dalla prima di queste due diverse specie di capacità critica egli saprà farsi chiara e giusta ragione delle bellezze materiali, e quasi diremmo esterne e sensibili, che pur debbono fregiare ogni buona musica, se ha da raggiungere lo scopo cui si destina, cioè commovere e scuotere, e coll’altra attitudine di giudizio, propria alla seconda specie di capacità critica, salirà a un più alto ordine di indagini e potrà fare compiuto nella propria mente il concetto intero e profondo che vuolsi formare dell’intimo e sostanzialmente pregio delle musicali creazioni. Le Opere sia drammatiche, sia stromentali o ecclesiastiche del grande Mozart, ad essere degnamente apprezzate richiedono nientemeno che un sì raro accordo di virtù critiche, perchè, forse superiormente a quelle di qualsivoglia altro più acclamato compositore antico o moderno, accolgono in sè con mirabile fusione tutto quanto costituisce il prestigio singolare della musica dovuta al fecondo genio italiano, non che le doti di ispirata concezione e di elaborazione, caratteristiche delle musicali fantasie tedesche. Nell’autore del Don Giovanni e delle Nozze di Figaro la facile e abbondante vena dei pensieri melodici, il vezzo de’ canti più naturali, il fraseggiare espressivo e svariato, la spontanea eleganza nelle forme degli accompagnamenti, e tutto insomma il tesoro delle bellezze che vediamo largamente profuse nelle Opere de’ corifei della scuola napoletana; la profonda ispirazione drammatica di Gluck, gli svariati e pittoreschi effetti stromentali di Haydn, il magistero armonico di Hasse e di Haendel, e tutte le più sapienti squisitezze proprie della scuola alemanna, sono in modo sì meraviglioso assorellate e commiste che, a debitamente gustarle, comprenderle e sentirle, è duopo appunto possedere l’insieme delle doti di criterio, di gusto, di coltura e di penetrazione estetica proprie alle due diverse nature musicali testé definite. Genio vasto ed eclettico, dotato di grande forza di mente e in uno di rara sensibilità di cuore, veemente e caldo, tenero e passionato, brillante e patetico, Mozart, comparso in un’epoca in cui pareva interamente occupato il campo della gloria musicale, dal momento in cui egli si presentò nell’arringo furono per lui tutti i vanti, e il nome suo sarebbe di gran lunga più ammirato nella nostra Italia, se un astro sfolgorante di luce più viva, ma non più intensa, non fosse sorto a gettare nell’ombra le creazioni mozartiane, che ad essere bene interpretate da chi doveva eseguirle, e comprese da chi doveva udirle, richiedevano un grado di cultura e di educazione musicale al quale gl’italiani di quel tempo, è duopo dirlo francamente, non eran giunti per anco, e forse appena il sono sufficientemente oggidì.

Chi voglia farsi giusta ragione dell’altezza, alla quale seppe Mozart pervenire nella sua troppo breve carriera, dovrà rammentare i casi principali della sua vita; epperò vorrà dare con noi uno sguardo allo sviluppamento progressivo delle facoltà onde la natura aveva sì doviziosamente provveduto il grande artista.

B.

(Sarà continuato)