Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/173

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traccia di musica puramente stromentale, e la danza ancora, a quanto pare, era accompagnata dalla voce. Gli stranienti di musica ricordati ne’poemi d’Omero non sono molti; non se ne possono contare che tre: la lira, il llauto e la siringa. Puossi perciò concludere che solamente questi fossero conosciuti al tempo della guerra di Troja. Del pari che gli Egiziani e gli Ebrei, si servivano ì Greci della musica nelle religiose cirimonie. Omero attribuisce la cessazione della pestilenza al potere della musica. Vi erano inni per tutte le divinità, d una in fuori; imperciocché ìEschilo ci insegna che la Morte, non potendo essere placata con offerte e con sacrilìcii, non aveva altare e nessun cantico a lei s innalzava. Il medesimo poeta dice che ì Greci avevano la musica in conto d una parte essenziale delle loro feste pubbliche e private. Quanto alla musica militare, sebbene Omero parli della tromba per oggetto di sue poetiche similitudini, la qual cosa mostra che questo strumento era conosciuto all’epoca in cui scriveva, pure e sembra indubitato che non venisse usata nelle guerre di Troja, e che la voce di Slentore ne facesse le veci. Omero ha reso immortale ne’suoi poemi molti cantori o rapsodi. Quanto egli ne dice prova e mette in chiara che questi personaggi erano allora ciò che sono stati dappoi i Dardi delle nazioni del settentrione dell’Europa. Essi cantavano i poemi d improvviso nelle città e per le Corti de principi, dove erano onorevolmente accolti, e del pari che gli antichi musici scozzesi essi pretendevano di essere inspirali. Da Omero venendo sino a Saffo, che viveva incirca a G00 anni prima di Gesù Cristo, v’ha un vano negli annali dell arte musicale; certo è pero che in questo mezzo tempo fiorirono molli musici eccellenti, e che la musica greca s’andò perfezionando d’assai. Fra il numero de migliori musici di quest’epoca, si ricorda Talete di Creta (870 anni prima di Gesù Cristo), che era eccellente nel flauto e nell arte del canto; Eumelo (730 anni avanti Gesù Cristo), che scrisse la storia del suo paese in forma di poema isterico; Archiloco (700 anni avanti Gesù Cristo), che si ha per inventore delia poesia lirica, non essendo altro poema in uso prima di lui che l’eroico in versi esametri. nè avendosi contezza alcuna dell arte di variare di metro. Egli, dicesi ancora, in il primo che fece uso di quella maniera di composizione chiamata oggidì recitativo accompagnalo, la quale fu in seguito adottata dai poeti tragici e ditirambici. Olimpio il Frigio, da alcuni storici fatto discendere da Olimpio l’antico, e che vivea 697 anni prima di Gesù Cristo, è uno de’più famosi musici dell’antichità. 11 suo musicale ingegno è celebrato da Platone, da Aristotele e da Plutarco. Dice Platone che la musica di lui commoveva ed animava coloro che vi davano orecchio. Aristotele fa fede che ella eccitava l’entusiasmo, e Plutarco afferma che vinceva per semplicità e per espressione la musica sino allor conosciuta: egli a lui attribuisce la composizione di più nomi od arie che spesso si trovano negli antichi scrittori citate, quali, per esempio: il Minervio, 1 A nunzio, il Carraio o l’aria de’carri, e lo Spondeon o il Libazio. Olimpio fu seguito da Terpandro, inventore della nota (G70 anni prima di Gesù Cristo.) Egli è avuto in conto del primo compositore di schoglios ossia canzone di tavola de’Greci. Tirteo, i cui canti così erano popolari che ci dice Licurgo che dugento anni dopo la morte di lui. erano ancora cantati nel campo degli Spartani, era contemporaneo di Terpandro. Egli 111 seguito da Minerme di Smirne che fioriva in sul cominciare del sesto secolo avanti Gesù Cristo. A quest’epoca, siccome avvisa Campbell, la poesia e la musica ajutavano a vicenda i loro progressi. La musica eccitava 1 entusiasmo eie’poeti, e questo entusiasmo dava luogo ad una varietà di metri che reagiva sulla musica presentando a lei nuove risorse. Oggidì, gii è vero, la musica è pressoché indipendente dalla poesia; ma in que’tempi, siccome hanno molto giudiciosameute rilevato Burney, e prima di lui il P. Martini, il ritmo governava dispoticamente la melodia, e l’invenzione d’un nuovo metro dovea necessariamente far nascere una musica novella. Archiloco, che. secondo che si dice, diede il primo esempio d’accompagnare col suono* della lira la transizione d’imo in altro ritmo, può considerarsi come l’inventore dalla lirica poesia. I poeti lirici principali della Grecia sono Alemane, Stesicore, Alceo, Saffo, Simonide, Ibico, Bacchilide, Anacreonte, Callistrato, Arione e Pindaro. Essi si succederono l’uno all’altro durante lo spazio di ben dugenf anni, ed arricchirono la patria delle opere loro. ESTETICA MUSICALE. BEMjA SJKAffiSiA’JTfiCA. CKSIVI. credi i [oijli 10, 22, 23, 24, 26, 2S, 34 e 86/ L’indole degli elementi dell’arte nostra ci porta naturalmente ad alcune considerazioni sulla piega che dovrebbero dare i poeti alla poesia destinata ad essere vestita di note, intorno alla quale non ben s’accordano i dotti. Anche qui preghiamo ci sia perdonata un’incursione nelle altrui proprietà: vi siamo spinti dal vedere come spesso i maestri siano costretti a trattare parole tanto scipite che agghiaccerebbero qualunque più calda immaginazione, vi siamo spinti ancora da che i nostri poeti drammatici vogliono rovesciare sull’ignoranza dei maestri la colpa delle loro insulsaggini. Egli è dovere dei maestri di apprendere a ben intendere il valore delle frasi, delle bellezze poetiche: ma è dovere pur anco del poeta che scrive in questo genere, di conoscere i limiti dell’espressione musicale e in questi ristringersi, ponendo e nel ritmo poetico e nella direzione e nella scelta delle parole massima cura, affinchè lutto possa concorrere all espressione, alia verità. XL. Si è da molti, e per lungo tempo creduto, che il primo requisito dei versi destinati al cauto consista nella scelta di vocaboli sonori. Metastasio scriveva al cembalo e molto studio in ciò poneva, e per verità ciò era in quei tempi necessario, perchè le arie drammatiche deslinavansi più che alfespression dell’affetto a far ammirare le qualità direm quasi materiali del cantante. Egli è perciò che se noi veggiamo le partiture dei maestri di quei tempi vi troviamo appena accennate le note principali del canto, onde lasciare libero il campo al cantante di frastagliarlo in mille guise,. Shakspeare sì che l’idea del maestro veniva a perdersi intieramente. L’impero della melodia non per anco stabilito, non conosciuta la potenza espressiva del ritmo, la poesia non impiegava che recitativi per le più belle situazioni drammatiche, e non offriva per lo più alla musica ritmica che sentenze morali, in cui il cuore cessava di prender parte. Altri più grammatici che artisti, non calcolando per nulla il sentimento delle parole, condannano qualunque poesia in cui la dizione sla meno che forbitissima. Noi non saremmo mai per difendere gli errori di lingua e le laute goffaggini che furono regalate e tuttavia si regalano al teatro italiano, solo osserviamo che questo genere di poesia deve più d’ogni altro esser pieno di effetto. Ai primi apporremmo la prosa della liturgia che pure si cauta benissimo non ostante la poca armonia che in molle parole spesso vi si incontra, e la mancanza di ritmo. E non si canta in ogni lingua? Ai secondi faremo osservare la sconvenienza del metro italiano e della rima colla natura della lingua latina clic con molte altre sconcezze grammaticali in molti inni c nelle sequenze s’incontrano, e che pure nulla tolgono al Dies iroe, allo Stabat Mater, ed altri della qualità eminentemente musicale e, dicasi pure, veramente poetica che intrinsecamente posseggono. - Fra una poesia calda d’alleilo, sebbène di non bella dizione, ed una forbita ma fredda, sceglieremmo sempre la prima da porre in musica. Abbiamo disapprovato le arie consistenti in sentenze morali, non si creda perciò approvar noi la menoma immoralità sulla scena. Il Teatro dove concorrere al miglioramento sociale; ma non perciò il dramma deve contenere delie prediche: vi sarebbero mal accolte. Presentare allo spettatore ili quadro delle vicende degli affetti e delle passioni umane,.facendo sì che il vizio si mostri odioso anche quando trionfa, che s ami la virtù anche soccombente, informare gli animi alla commiserazione degli infelici, al bello d’ogni più bella azione: ecco la morale del dramma, stimiamo inutile far qui parola del dramma giocoso o buffo. In questo genere gli affetti sono più miti, e per l’ordinario non oltrepassano lo scherzo; epperò di rado esigono dalla musica più che mezze tinte. Ond’è die il maestro in tali drammi, scelto che ha un ritmo, un tono analogo alla situazione, è del resto per lo più libero di dare sfogo alla propria fantasia; ed anzi molto spesso gli corre 1 obbligo di far tutto da sè, e purché non gli manchi l’estro e la perizia nel maneggio dell’arte, qualunque cosa ei faccia sarà per bene. Ciò vediamo nelle migliori Opere di Bossini, e segnatamente nell Italiana in Algeri, e nel Barbiere di Siviglia, nelle quali i migliori pezzi sono costrutti su parole del tutto insignificanti, e in situazioni comiche sì, ma di poco risentito affetto. Che se talvolta la poesia s’innalza a forti passioni ed affetti veementi che pur si destano in ogni cuore a certi ulti, allora anche la musica deve seguirne il volo. Ciò accade più spesso nei così detti drammi semiserii contro cui tanto si è declamato e tuttor si declama, mentre non si manca di ammirare le tragedie miste in cui sono introdotti bassi ed anche burleschi personaggi come in quelli di Yittor Hugo e di re che ne sono il modello. ® B. Boucueeon. li t I’ 1 il Bk