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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 38 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
LA MUSICA
CONSIDERATA COME ARTE
M»
iEVIALE.
e il magistero delle arti non ad
potesse servire che al pasiJCAà
salempo, ai diletti della gene«r*
Aerazione presente, ben poca ne
$&&&§&&’ sarebbe l’utilità, che anzi alcune
di esse appena cesserebbero di essere vere
immoralità quando ottenessero di togliere
per alcuni momenti un soffrente alle sue
pene, o di esilarare la mente dell’uomo
utile da lungo lavoro affaticata. No: non è
questo lo scopo delle arti, di questo prezioso
dono che il Creatore fece alla prediletta
delle creature.
• L’effigiale immagini
«Son favella possente
«Ai popoi, clic da secoli
«Non ragiona; ina sente.
Cosi scriveva un vigoroso genio italiano
cui ci gode l’animo di poter render pubblico
omaggio (t). Il linguaggio delle arti va
dritto al cuore, vi s imprime indelebilmente,
lo riscalda, lo signoreggia senza
che questo s’avveda di obbedire ad altro
che al proprio impulso. Ma ciò non basta.
L’uomo non vive del solo presente: creato
per l’eternità mal potrebbe spingere il pensiero
alle speranze avvenire, se nulla losse
per esso il passato, nè vivere potesse nelle
memorie dei tempi che più non sono.
Le umane generazioni avrebbero invano
occupata la terra, se come le onde che
scorrono sul letto d’un fiume, e vanno a
perdersi nell’oceano, niuna traccia di sè
lasciato avessero. La storia conserva le memorie:,
ma la storia non avrebbe autorità,
se ad attestarla non sorgessero i monumenti.
Prova ne sia il dubbio che uno dei
sommi filosofi italiani sparse su quella della’
guerra di Troja, della venuta d’Enea in
Italia e dell’origine di Roma. (2)
La natura conserva le testimonianze di
Dio, le arti quelle delle generazioni passate:
e le arti e la storia degli uomini, la
natura e la storia delle opere divine si fondono
in un libro immenso di verità che
lo spirito concepisce, e il sentimento approva
e conferma.
Le arti acquistano il carattere solenne monumentale
quando ricordano notevoli fatti
e illustri uomini, quando ritraggono l’indole
e il carattere dei popoli e dei tempi,
(1) Cario Malaspina noto sotto il titolo di Facchino
di Parma.
(2) Vico, Scienza nuova.
e quando finalmente segnano il progresso
della civillà.
Le arti hanno tutte una particolar attitudine
ad ottenere piuttosto l’uno che
l’altro di questi fini, a seconda dei mezzi
proprii di ciascheduna-, ma l’Architettura
e la musica sembrano atte in particolar
modo a ritrarre il carattere dei diversi popoli,
come quelle che sono men soggette
a certe date materiali forme.
Confrontate i diversi stili architettonici,
dalle gigantesche moli dell’Egitto alle svelte
forme corintie, dalla solenne semplicità dei
templi dorici alla sveltezza delle guglie gotiche,
dalle pesanti colonne sottoposte a
più pesanti trabeazioni, che l’indiano scava
nella rupe, alle volanti teltoje cinesi, e vedrete
quante svariate forme riceva dal diverso
sentire degli uomini il semplicissimo
conflitto di una forza che combatte la gravità.
Portatevi ora col pensiero a passeggiare
fra le disotterrate vie di Pompeja.
«A noi era nota» (cosi si esprime un
dotto viaggiatore) «la storia politica e miti
litare degli antichi. Nel foro, nel senato,
«sui campi di battaglia conoscevasi il ro«mano, ma qual fosse la sua vita dome«stica, quali le sue abitudini, le costu«manze, tutto era dubbioso, incerto, ipo«tetico. A Pompeja l’antichità fu trovata
«intatta, intiera: se ne cercano, se ne atti
tendono gli abitanti, che non sembre«rebbe trascorso un giorno da che se ne
«allontanarono».
Tanto può la vista di quei luoghi! Che
cosa mancherebbe a compierne l’illusione?
Una voce, un canto, una musica di quei
tempi, per quantunque semplice e rozza
si fosse, che si facesse udire da una di
quelle case, da uno di quei templi, accanto
ad una di quelle tombe, darebbe vita a
quel cadavere; e voi sentireste presente
alla vostra immaginazione un popolo che
da tanti secoli soggiacque ad una delle più
tremende catastrofi.
Immaginate qual più vi piace dei monumenti
che ci attestano la grandezza di
popoli che più non vivono che nella storia,
e vedrete quanta vita acquisterebbero se
alcune poche note, ma caratteristiche, venissero
a rompere il silenzio spaventevole
che le circonda: vedrete di quale magica
evidenza riuscirebbe un canto che poteste
suscitare anche solo allora che a quelle
storie volgeste il pensiero.
«Oh! perchè non si può dare all’effetto
«dei suoni la solidità dei macigni!!!» Dicevarni
un giorno uno di quei pochi che
sentono nel più profondo dell anima il
potere delle arti. Oh! Perchè dei canti di
antichi popoli non rimangono che poche memorie
insufficienti a farceli pure immaginare.
Oh! perchè almeno non si tenta di preservare
dal fatale naufragio ciò che pulsi
potrebbe conservare; e non si segue da
noi l’esempio datoci dall’Inghilterra e già
imitato in parte dalla Francia, e Germania,
di ricordare a quando a quando ciò
che di rimarchevole rimane fra l’antica
musica!.
E musica antica, dicesi e non fa al
nostro gusto. Ma perchè restringeremo noi
i limiti già troppo angusti di nostra esistenza
morale privandoci di tanta parte di
memorie?
Quella musica è antica, è totalmente diversa
dalla moderna: si replica... Che vuol
dir ciò?
Vorrà dire che la musica prende carattere
dalle abitudini, dai costumi, dal grado di
civiltà dei popoli. Presentando essa differenze
più risentite d’età in età a confronto
delle arti sorelle, vorrà dire che scaturisce
da un fondo più intimo, più vitale di noi
stessi; che essa è più indipendente dalla
materia, o dalle convenzioni umane; che
perciò stesso è dessa un monumento da
cui, meglio che da qualunque altro, possiamo
conoscere le più intime graduazioni
dei sentimenti delle umane generazioni;
che quest’arte può divenire in alcune circostanze
il testimonio più sensibile, più
irrefragabile dei conflitti in cui dovette
l’uomo trovarsi nelle diverse epoche in
cui visse.
Nè giova opporre che la musica essendo
il linguaggio di pochi e non del popolo,
le differenze che essa presenta dipender
debbono dallo studio meglio inteso, dal
genio più o men potente, da circostanze
insomma tutte proprie dell’artista compositore.
A combattere tale obbiezione, ove venisse
fatta, noteremo in primo luogo che
l’artista compositore non vive solt’altre
influenze che quelle sotto cui vivono i suoi
contemporanei, epperciò ritrae necessariamente
in sè stesso il carattere comune.
Quindi faremo osservare che il più gran
genio per essere inteso e ottenere 1 applauso
del suo tempo deve farsi interprete
dei sentimenti comuni. Che perciò stesso
ov’egli precorresse un’altra età non sarebbe
inteso e non avrebbe onore qual si
merita se non se dai posteri. Ciò che accadde
nelle scienze a Copernico, a Galileo,
a Vico, e tant’altri, accadrebbe pure nelle
arti.
Che dobbiamo noi concludere? Che per
giudicare la musica d’ogni tempo, d’ogni