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GAZZETTA MUSICALE

N. 50

DOMENICA
11 Dicembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


SOMMARIO.

I. dei varj caratteri delle voci. Pensieri ad uso dei signori maestri di canto. - II. Polemica al sig. tertulliano celoni. Autore di un Compendio Storico della musica antica e moderna. - III. Carteggio. Milano, Parigi, Londra. - IV. Notizie musicali italiane. Milano, Torino. - V. Notizie estere. Parigi, ecc.



DEI VARJ CARATTERI DELLE VOCI

Pensieri ad uso de’ signori maestri di canto.

Come tra gli uomini possano mettter radice e propagarsi certe strane opinioni che sono precisamente agli antipodi del buon senso e della verità è una cosa incomprensibile. Davvero che ove per alcun tratto la ragione si riposi sulle aberrazioni dell’umano intelletto, non può trattenersi dal chiedere a sé stessa: e che è cotesta facoltà che dicesi quasi celestiale, e per cui l’uomo si stima tanto superiore agli altri esseri creati, se quando si crede aver discoperta la verità, correndo per il sentiero dalla sua luce illuminato, è allora appunto che si va smarriti in un laberinto di tenebre e d’errori? Forse che l’uman genere nasca predestinato ai buoni ed ai sinistri pensamenti, come si nasce con buona o cattiva voce, con buona o meschina vista, con fino o sordo orecchio, e così d’ogni altro senso? Queste idee serio-filosofiche mi passavano per il capo un di questi giorni nel ricorrermi che fece al pensiero l’opinione di certuni, i quali s’avvisano di poter sostenere che la voce umana, anziché dalla natura predisposta a svilupparsi e mantenersi in un certo determinato tenore, sia all’incontro d’indole eguale ad un impasto, vale a dire arrendevole per lungo e per largo come una palla di cera od un pugno di creta mollificata. È già qualche tempo che una siffatta sentenza mi veniva udita in un circolo di persone, tra le quali più d'una facea sembianza ed ostentava d’essere stata studiosa di penetrare nei segreti dell’arte musicale; se non che mi parve allora si stravagante e per sé stessa così patentemente in opposizione col vero, che il porsi a chiarirne l’erroneità sarìa stato, come dice il proverbio, un perdere la fatica ed il sapone. Ma io ebbi una prova più chiara della fallacità di certe menti quando la medesima cosa udii non è molto ripetere da chi possedeva, a non dubitarne, una specie di intelligenza musicale, ed ancor più quando da un maestro amico seppi che non solo i favellatori di conversazione, i ragionatori dilettanti inciampano in simili sbagli, ma altri molti che con discreta prosopopea fan professione di educatori nella dolcissima arte del canto. Pur troppo, mi disse l’amico, pur troppo ciò che a te sembra così irragionevole ed assurdo è una verità evangelica per certe qualità di cervelli, che tutto dì vanno per le case facendo spaccio della loro fittizia qualità di maestri. Ve ne sono parecchi di coloro che insegnano il do-re-mi senza aver mai saputo melodiare una cabaletta, i quali pensano e tengono per sicuro che coll’uso e coll’esercizio si possa estendere il registro di una voce dalle corde di contralto a quelle di soprano, da quelle di basso a quelle di tenore. Sostengono costoro che l’esercizio è onnipossente: provatevi, vanno replicando, provatevi dopo il fa a spingere la voce fino al sol; dopo qualche tempo il sol l’avrete naturalissimo, e lo farete senza fatica. Quando avrete naturale il sol, con eguale facilità potrete tentare il la: e così via discorrendo di grado in grado, di tuono in tuono insegnano e pretendono che una voce, la quale per natura non doveva giungere al di là dei confini del contralto o del baritono, possa arrivare fino alle note del soprano e del tenore, ed in tal modo rendersi atta a cantare una parte scritta per tutt’altro carattere di voce. A quanto mi suggerisce la memoria, una simile massima è sempre passata per il mondo come un errore madornale; ma dacché quelle meraviglie del canto della Malibran e della Pasta fecero intendere come una stessa voce si possa far ascendere alle corde più alte del soprano e discendere alle più basse del contralto, d’allora in moltissimi invalse l’opinione che ogni voce poteva dilatarsi ad una pari estensione, dimenticando ciò che non dovevano dimenticare, cioè che quelle cose che accadono in alcuni per singolarità ed eccezione non è di regola nè logico che debbano universalmente in tutti accadere. È vero che ogni giorno, giusta ricompensa al loro merito, veggono costoro svanirsi dalle mani il frutto dell’opera loro, perchè per lo più gli apprenditori o si rimangono quelli che furon dalla natura formati, o finiscono col perdere la voce e la vigoria del petto; ma non per questo si ravvedono mai dell’inganno in cui vivono; e perseverando con mirabile tenacità nel loro modo di vedere, a chi loro ragiona delle male riuscite che tutto dì capitan sott’occhio, rispondono ed affermano non essere già questa un’inevitabile conseguenza degli sforzi contronaturali a cui continuamente sottomettono gli scolari, ma sibbene l’effetto d'una semplicissima legge di natura che non a tutti ha voluto elargire la stessa forza di fibre: chi non resiste dà segno che non aveva lena bastante per resistere. In tal guisa dopo un guasto ne incominciano un altro; dopo un altro un altro ancora; e la storia si perpetua tra vittime e vittimarj, tra sagrificati e sagrificatori con una buona fede ed una costanza che fa insieme impallidire e trasecolare. Ed io ho realmente trasecolato udendo la fine di queste parole che, come dissi, mi diedero una prova inaudita della debolezza dell’umana ragione; e vidi allora che nessuna cosa si deve a questo mondo lasciar recondita e negletta, perciocché le più ovvie verità che sembrano a taluni risplendere di tutta la chiarezza, sono per altri involte della più cupa oscurità e caligine. Allora vidi come sia indispensabile che la stampa s’adoperi a porre in attività ogni suo mezzo ond’estirpare dalle menti degli inesperti e de’ male impressionati una simile falsa credenza, la quale riesce tanto più dannosa in quanto che è d’irrimediabile conseguenza per chi una volta viene a sentirne il pregiudizio. Sì, quella stampa, a cui non mancano mai le espressioni per illustrare le più oscure meschinità del teatro, è colei che dovrebbe rendere un cosiffatto servigio al popolo de’ suoi protetti ed a coloro che aspirano a mettersi sotto la sua protezione. È grandissimo inganno il ritenere che l’uso e l’abitudine possano riescire ad alzare od abbassare la voce d’un cantante a segno di cangiarne il carattere: è come pretendere che la ripetuta tensione o contrazione dei nervi possa ingrandire od impiccolire la naturale statura d’un uomo. Non v’è cosa a mio parere che più si confaccia e s’assomigli alla storia del letto di Procuste che una tale tortura. Dipendendo, come tutti sanno, la qualità della voce da una data conformazione degli organi, è chiaro che gli uomini nascono con voce gradevole od ingrata, cupa o sonora, profonda od acuta, secondo che gli organi sono dalla natura formati. L’educatore dee prendere la voce com’ella è; ed istruire lo scolaro a domarla, forbirla, svolgerla, addolcirla senza tentar mai di cangiarla. La voce deve essere nelle mani del maestro come in quelle dell’artefice un dia-