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Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/67

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(Supplemento alla Gazzetta N. 14.)

Coloro poi i quali in leggendo le critiche molto a/gute ond’è sparso il seguente articolo fossero inclinati a sentenziarle di soverchia severità e sottigliezza, si consolino pensando che il grande componimento criticato, malgrado tutte le osservazioni in contrai io, ogni qualvolta ebbe a prodursi così al di qua come al di là delle Alpi, tanto imperfettamente come nella sua. integrità, ottenne di svegliare sì vivo e strepitoso entusiasmo da non aversene forse maggiori esempi nella storia delle ovazioni musicali de’ giorni nostri, fuorché nell’occasione della comparsa di altri capolavori dell’insigne maestro de’ maestri. Questo siamo poco meno che certi di dover ripetere anche dopo aver udito lo Stabat nel Grande nostro Teatro. ove {a quan to si dice) se ne sta preparando l’esecuzione con tutta la pompa ed accuratezza conveniente alla natura del componimento che si eseguirà, al luogo in cui avremo ad udirlo, ed alla rinomata, orchestra alla quale sarà affidata la. parte stromentale, che, a sentenza di giudici competenti, è stimata di effetto meraviglioso. B. Firenze, marzo 4842. Ora che tutto il mondo musicale è in movimento a cagione dello Stabat ultimamente sortito in luce con musica di Rossini, non sarà generalmente sgradito sapere che la sera del di 14 del corrente questa composizione fu eseguita per la prima volta in Firenze nel palazzo dei signori Macdounell. Concertavano le signore, principessa Elisa Montecatini nata Poniatowski, principessa Nadina Lobonoff, Schwaehkeim, e Carolina Finzi-Morelli: ed i signori principi Carlo e Giuseppe fratelli Poniatowski, il cavaliere Montenegro ed il maestro Michele Giuliani. Dilettanti d’ambo i sessi in gran numero, a cui eransi uniti volonterosi scelti artisti di musica, cantavano i cori. Il maestro Andrea Nencini, professore di composizione alla Regia Accademia di Belle Arti, era il direttore. Non essendo stata ancor resa di ragion pubblica in Ralia la strumentale partizione, due pianoforti erano incaricati dell’accompagnamento, ed a questi sedevano i maestri Luigi Gordigiani ed Enrico Manetti. - Ad onta di quella trepidazione che sorge in chiunque dotato di nobili sensi si espone al giudizio di scelto affollato uditorio} adonta di una tal quale incertezza che regna sempre in una prima esecuzione, e del non perfetto stato di salute di alcuno tra i primi cantori} ad onta in fine, del caldo estremo che regnava nella sala, la esecuzione riesci degna di molto elogio, abbencliè il movimento di alcuni tempi non corrispondesse forse del tutto, almeno per quel che mi parve, all’intenzione dell’autore. Tutti i pezzi furono coronali di plausi, specialmente poi la bell’aria: Infiammaius et accensus. ecc., della quale si volle fragorosamente la replica, e che fu cantata con maestria somma sì musicale che declamatoria dalla principessa Elisa Poniatowski. Accennato così dell’esecuzione e dell’effetto, mi sia lecito avventurare alcune brevi cri li che osservazioni sul merito intrinseco della composizione (b. (t) Aveva già terminato il ’presente articolo quando, giuntomi il V■ li (iella Gazzella musicale, vidi essere stalo prevenuto nella mia intenzione dall’ottimo maestro l’erotti. Siccome però mi pare che dalla lettura delle sue osservazioni chiaro apparisca che abbiamo battuto quasi sempre una via differente, cosi credo di poter dar corso L’inno Stabat Mater, ecc., benché con la sua poetica forma, con la sua latinità accusi gl infelici letterarj tempi nei quali fu scritto, è però bello per una tinta di religiosa tristezza che tutto intero lo informa, per un sentimento di dolore straziante, soprannaturale. Ora questa caratteristica forma sarebbe di per sé favorevolissima all’effetto musicale, se sventuratamente 1 inno stesso non fosse lungo di soverchio: e questa troppa lunghezza, unita ad una costante eguaglianza d’espressione, è stata causa per cui generalmente tutti i compositori che bau preso a rivestirlo di modi musicali non hanno saputo sfuggire alla monotonia. Anche Pergolesi stesso non ne è andato esente, abbenchè il suo lavoro sia tale da poterlo citare, ad onta del lungo volger degli anni e del variato gusto musicale, come un modello di purezza e di vera religiosa espressione. - Ora, Rossini ha egli saputo sfuggire allo stesso difetto? - Sì certo: poche infatti sono le composizioni che si presentino tanto ricche di ogni genere di varietà. Se però si ponga mente alla monotona espressione della poesia, grave dubbio tosto sorge nell’animo che questa stessa varietà non sia stata raggiunta ad onta della verità e della convenienza dell’espressione. Un attento esame sui particolari pezzi nei quali la composizione del Pesarese si suddivide basterà a chiarire se giustificato o vano il dubbio stesso riesca. Prima però di scendere a questa investigazione è necessario osservare come la poesia, in mezzo alla sua stessa uniformità, offra pure un gran mezzo di diversificare gli effetti musicali dipendentemente dalle due parti nelle quali essa dividesi. Descrittiva la prima, che nei primi otto versetti comprendesi, è destinata a dipingere i dolori di Maria assistente a piè della croce all’agonia del divin figlio: lirica l’altra, che si compone di lutti quei versetti che ai primi otto succedono, e che altro non comprende che una prece alla vergine madre onde ci ponga a parte dei suoi dolori ed interceda a noi da Dio il perdono dei peccati e la gloria del paradiso. Ora, è strano a dirsi, ma è un fatto che niuna o ben poca attenzione han fatto a ciò tutti coloro, non escluso lo stesso Pergolesi, che han preso ad associare i modi musicali alle parole dello Stabat. Nè Rossini ha voluto in ciò esser molto da più che gli altri} poiché, se si eccettua il versetto Eja Mater, ecc.. e l’altro Quando corpus, ecc., riscontrasi in tutto il suo lavoro indistintamente una costante eguaglianza di modi e identità di genere, senza che la differenza tra il lirico e il descrittivo sia accusata giammai. - Ciò premesso, scendasi ai particolari. Si apre la composizione con una introduzione stromentale nella quale si annunziano i principali pensieri che poi nel corso del pezzo vengono sviluppati. Un movimento ascendente dei violoncelli con cui principia, rammenta la sinfonia del Guglielmo Teli. Entrano poi le voci e s’intrecciano con bell’effetto per mezzo di un canone all’ottava, a cui tengon dietro belle masse di pieno e variati soli. Tutto questo pezzo non manca di sentimento religioso: vi manca però il carattere descrittivo, come ho già indicato in genere di sopra} anzi la forma nonostante a queste mie poche righe, alle quali farò solo «iggiunfa|;(Ji qualche nota relativamente a quelle cose più essenziali nelle quali col ridetto signor Perotti non vado d’accordo. Nel resto aderisco generalmente alla sua opinione. canonica che vi predomina, il carattere dei (p canti, tutto vi è di un genere quasi esclu- k2 quasi i sivamente lirico. Di più almeno quattro distinti pensieri vi si riscontrano, i quali come corrisponder possano a quel solo concetto poetico che regna nella poesia, veramente non so. Tien dietro a questo primo tempo un’aria del tenore sulle parole del secondo, terzo e quarto versetto. Debbo avvertire che male, a mio credere, è stato disgiunto il secondo dal primo versetto formante subietto del primo tempo, del quale non è in sostanza che la continuazione o il complemento, come lo dimostra il senso delle parole, ( cujus animavi gementem) c specialmente il genitivo del pronome personale con cui principia riferentesi al Mater dolorosa del primo versetto. L’aria è bella, e può prestar campo al cantore onde molto distinguersi} ma rammenta un poco VAssedio di Corinto ed il Guglielmo Teli, sa ben poco di religioso, e contrasta troppo con l’espressione del primo tempo. Dello stesso difetto si risente il successivo duetto dei soprani, se non nei soli, almen nell’insieme. Più caratteristica è, particolarmente sul suo principio e nella cadenza, l’aria del basso: Pro peccatis suae gentis, ecc., bel pezzo di melodia, in cui però è un po’ troppo cruda certa modulazione in re bemolle terza maggiore (*). Succede a quest’aria un pezzo pure del basso che l’autore ha intitolato: recitativo e coro senza accompagnamento. L’effetto, nel complesso, è bello, larga e nobile l’armonia. Strano è però un certo intercalare in sestupla sulle parole in amando Christum Deuin. quantunque la lentezza del movimento possa correggere alquanto l’effetto. Stranissime poi, almeno per me, son certe risposte del basso solo sopra parole tronche in modo che mi sembra risveglino 1 idea che il cantore sia asmatico. Questo pezzo esteticamente considerato ha il Preg*° di servire assai ad indicare, per mezzo del contrasto che fa col genere dei pezzi antecedenti, il passaggio della poesia dalla forma descrittiva alla lirica. Terminata in fatti la prima parte dell’inno, serve esso di principio alla preghiera propriamente detta (2). Il successivo quartetto, che serve ad esaurire cinque versetti, cominciando da quello Sancta Mater istud agas, ecc., è certamente un pezzo di musica di effetto sicuro. Considerato però sotto l’aspetto tecnico non mi pare presenti gran che di notevole non vi si riscontrando che raramente quattro vere parti reali postochè il tenore non fa molte volte che raddoppiare all’ottava il soprano, e talora una sola univoca melodia essendovi divisa e spartita un poco per ognuna tra le quattro parti cantanti. Consideratolo poi sotto l’aspetto estetico, mi pare che sia da farsi all’autore grave rimprovero per avere espresso quelle parole di umile e tenera prece con una melodia quasi da quadriglia. Mi sembra che (1) Questa modulazione è indicata come peregrina bellezza dal signor l’erotti. Non so chi di noi due dica Itene. Io per ine, come è naturale, preferisco la mia opinione. Del resto trattasi di cosa di gusto, c in queste cose «traivi sua quemque valuptas». (2) Il signor Peroni, coinè altri prima di lui, ha criticato quésto pezzo come slegato nei concetti, c tale da poterlo intitolare una composizione a mosaico. La cosa in sè stessa è vera: infatti la intonazione dei bassi, a modo quasi ecclesiastico, con cui principia, io stesso primo motivo de! basso solo, vi sono annunziati nè quindi più se ne dà ragione, àia questa critica a dir vero non è stata prevenuta dall’autore quando ita intitolato questo pezzo! recitativo?