in generale possa caratterizzarsi piuttosto
come un bel pezzo di mezzo carattere anziché
come una composizione religiosa (0.
Segue a questo quartetto una cavatina
del secondo soprano, sulle parole: Fac ut
portem divisti mortem, ecc. E bella, ma
rammenta troppo nella sua forma il primo
tempo della cavatina del contralto nella
Semiramide o quella della Donna del lago.
La grand’aria con cori del primo soprano
sulle parole ulnflammatus etaccensus, ecc.»
è di una bella declamazione e per la sua nobile
grandiosità non disdice al certo alla Chiesa.
INon corrisponde però gran fatto al sentimento
delle parole, poiché invece dell’umile
preghiera diretta ad impetrare una grazia,
sembra piuttosto il risoluto chieder cosa
che ci sia dovuta e che ci venga capricciosamente
negata.
A quest’aria succede un quartetto senza
accompagnamento in istile severo, che è
uno dei non molti pezzi di questa composizione
che non manca di religiosa espressione.
Semplice ma bella ne è la condotta,
nobile l’armonia. Taluno lia creduto tacciare
come triviale alquanto la melodia adattata
alle parole paradisi gloria, soggiungendo
di più che ha pure il difetto di allontanarsi
dallo stile che l’autore si è imposto in tutto
il versetto, ciò che produce una mancanza
di unità dispiacente... Checché sia di ciò,
è però indubitato che nell’insieme questo
pezzo è degno di molto elogio.
Ij’arnen. a cui Rossini per comodo della
musica ha aggiunto le parole in sempiterna
sœcula che non sono nell’Inno, dà soggetto
al coro finale che dopo poche battute d’introduzione
si sviluppa in una Fuga a due
soggetti, dopo la quale son riprodotte alcune
frasi del primo tempo, che vanno a
terminare in una cadenza semplice e larga,
ma di bello elFetlo. Quantunque questa
Fuga abbia il pregio che distingue tutta
la musica di Rossini e che è la caratteristica
esclusiva dei lavori del genio, quello
cioè di produrre effetto e piacere anche
nelle cose che analizzate si riscontrano fatte
men che bene nei loro minuti particolari,
pure non può negarsi che non si presenti
un poco troppo comune nel soggetto, trita
e intralciata nella disposizione delle parti
e scarsa di artifizio contrappuntistico. Infatti,
dopo esaurite debitamente le proposte
e necessarie risposte, è quasi tutta condotta
sopra un divertimento che l’autore
passeggia e trasporta in quanti tuoni e modi
gli cadon sotto la penna.
Concludendo dal fin qui detto si può
asserire, che se talora nell’insieme di questa
composizione non manca la esterna forma
religiosa, vi manca però quasi sempre
intrinsecamente lo spirito di religione: e
cosa è mai la material forma nelle arti di
imitazione senza l’intimo sentimento?Come
musica da camera e talora da teatro è bellissima,
ma come musica sacra ne è tanto
sbagliato il carattere, che nell’insieme non
può essere neppur qualificata per tale.
Mi pare in sostanza non manchino di verità
le parole, quantunque alquanto severe,
che scriveva già da qualche tempo un giornalista...
«Maintenant, le Stabat de Rossini
est-il une oeuvred’une vaste portée? Est-ce,
en quelque sorte, une rénovation, une transformation
du génie du compositeur, comme
certains sectaires passionnés le prétendaient
avant même l’exécution de l’ouvrage? D’un
seul coup d’aile, Rossini va-t-il se placer
au niveau de Palestrina et de Pergolèse?
Va-t-il atteindre au sublime religieux comme
dans Guillaume Tell il a atteint au sublime
dramatique? Nous ne le pensons pas. Nous
osons atlirmer que, dans tout ce que nous
avons entendu, il n’y a pas même un indice
du style grave et sévère qui convient à l’expression
religieuse (e qui il giudizio parmi
invero troppo severo e assoluto ). Le Stabat
est une œuvre remarquable à plusieurs
égards; mais levez la rampe, allumez le lustre,
revêtez vos chanteurs des premiers costumes
qui vous tomberont sous la main,
substituez d’autres paroles, et le public ne
s’apercevra pas de la méprise. Au théâtre,
on acceptera l’œuvre; dans le temple, on la
repoussera, on sentira qu’elle n’est pas à
sa place, car autre est la douleur divine,
autre la douleur humaine».
Ora che dirassi di me, oscurissimo critico,
che osai giudicare con tanta severità
l’applaudito lavoro dell’illustre Rossini? Dicasi
ciò che vorrassi, poco mi cale: chè,
pronto volentieri a ricredermi quando mi
si dimostri essermi io ingannalo, non ho
creduto di dover restare in silenzio come
se si fosse trattato dell’opera di qualche
oscuro sconosciuto scrittore. Gli errori dei
grandi debbono arditamente! svelarsi, perchè
sono essi splendorHfallàci che soglion
condurre a naufragio gl’inesperti giovani
artisti i quali più facilmente si lasciano abbagliare
da quelli, che non dai veri pregi
delle opere che pigliano a modello. Molto
meno poi ciò dovea farsi in Italia oggi,
che di tanto vi è scaduta dal prisco splendore
la musica sacra. - Mentre in troppo
piccolo numero i buoni tentano con generosi
sforzi ricondurre i traviati compositori
di musica ecclesiastica, sul retto
cammino pretermesso da loro, che ne avverrebbe
se si lasciassero tranquillamente
armarsi, a scusa dei loro traviamenti, clell’esempio
imponente di un grande come
Rossini?
L. F. Casamorata.
NOTIZIE VARIE.
(i) Relativamente alla diversa opinione esternata per
rapporto a questo quartetto dal signor Peroni, non posso
clie ripetere ciò he ho detto alla seconda nota.
Milano. — Nel Giuramento di Merendante
dato al Carcano si distingue la signora
Mattey, attrice cantante di merito
non volgare. Ella a nostro giudizio si è lodevolmente
investita dello spirito di una
parte che, sia nel concetto drammatico, sia
nello sviluppo musicale, offre una molto
bene intesa progressione di tinte. - La signora
Mattey sa essere appassionata nei momenti
opportuni senza però trasandare le
scene nelle quali la partitura non le offre
di espandersi con islanci di voce e con violenti
declamazioni melodiche. Ella, vogliam
dire, si fa carico di tutta la sua parte, non
di sole alcune sortite isolate, e ciò è merito
non comune al di d’oggi in cui artisti
di primo nome pare vogliano introdurre
il comodo uso di non curarsi che dei pezzi
nei quali hanno parte di impegno, e in tutto
il resto dell’Opera si contengono con una
indifferenza e sbadataggine riprovevolissima.
Alla Scala la Bella Celeste del Coppola
ebbe cattiva riuscita; e ciò doveva e poteva
prevedersi per più ragioni che crediamo
necessario tacere. - Una singolare fatalità
persegue tutte le Opere che si vogliono
riprodurre sulle nostre maggiori scene! E
sì, non dovrebbe essere gran fatto difficile
il procacciare una scelta meno sfortunata,
ove si noti che FI. R. nostro Teatro va
o dovrebbe andar primo a tutti nella ricchezza
dei mezzi sia materiali, sia artistici I
con cui assicurare il buon esito degli spet- g
tacoli musicali che si riproducono. Da che 1
derivi che accada quasi sempre il contrario fi
noi dobbiamo lasciarlo immaginare al let-,
tore. - Ci dicono che stiasi preparando
La testa di bronzo di Mercadante. Bramiamo
che l’esito di questa seconda riproduzione
ci dia una mentita.
Nel Ballo la Gabriella di Fergy^ altra
infelice riproduzione come sopra, vi ha
della musica molto pregevole per opportuna
applicazione. Ai tristi di che corrono
per la coreografia italiana, è questo un caso
da non tacersi. Malgrado però un sì valido
sussidio, l’azione inimico-spasmodica che
tanti anni fa procacciò molta gloria ad una
esimia artista, questa volta trovò il pubblico
mal disposto e ribelle a concedere
le sue emozioni alle atroci sventure della
povera moglie di Fayel.
Parigi. — E probabilmente già noto ai
nostri lettori che la Saffo di Pacini data
sulle scene del Teatro italiano a Parigi,
vi ebbe esito lutt’altro che felice. Creclia
Lasciamo al lettor
ciò che vi ha di gm
essere di esageralo u
ino opportuno riportare le parole colle quali
il Monde musicale manifesta in breve la
sua opinione sul merito dello spartito si
mal capitato sulle sponde délia Senna.
«La partition de Saffo contient quelques
morceaux qui méritent d’être remarqués
quoique ils ne présentent rien de bien extraordinaire
sous le double rapport de la
conception, et de l’originalité. 11 est généralment
reconnu, et cela deja depuis longtemps
que la troupe du Théâtre Italien
(N. B.) a été, est, et sera toujours composée
d’artistes de talent tout-à-faitliors ligne.
Nous voudrions bien que cela fut vrai aujourd’hui,
mais malheureusement il n’en
est pas ainsi. Saffo a obtenu du succès
sur presque toutes les principales scènes
de l’Italie, et il faut bien reconnaître que
le public italien est encore plus difficile que
le public dilettante et doré de la salle Ventadour.
Seulement, en Italie-, on s’attache
presqu’autant au chanteur qu’à l’ouvrage
nouveau, et très-souvent une belle exécution
fait passer une faible ou une médiocre
partition. — A Paris, si l’ouvrage ne
contient pas des véritables beautés, il devra
tomber à plat; car se ne sont certes
pas Tamburini, Mario, Magliano et la somnolente
M.me Albertazzi qui pourront par
leur talent faire oublier ce que la partition
qu’ils interprètent aura de défectueux, de
commun et de trivial. On veut que Tamburini
soit un chanteur parfait et exquis
sous tous les rapports, et c’est là ce que
nous ne pouvons pas reconnaître, car
nous ne serons jamais des admirateurs
quand même de personne; certes nous
applaudissons la méthode parfaite de Tamburini
toute surannée qu’elle soit aujourd’hui;
mais nous disons que dans les Opéras
nouveaux il fait tort à touts les rôles
dont il se charge; que sa voix a perdu de
son étendue, et qu’il est obligé de guillotiner
toutes les notes qui passent le mi-bémol.
Si Morelli avait chanté le rôle d’Alcandro
il eût obtenu un véritable succès;
et l’ouvrage y-aurait incontestablement gagné.
Quant a Mario, sa voix pure, claire
mais niaise, sans aucune expression et antipatique
à toutes les rôles qui demandent
de la force, il devrait se borner à quelques
rôles qui lui vont à merveille, comme ©
celui de YElisir cïamore. Mademoiselle rfv
Grisi seule mérité des eloges pour quel- yri
ques frases dites avec beaucoup d’âme, de jPë
sentiment et de passion».