Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/136

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Quindi non è meraviglia che, essendogli | stato procurato per maestro in tal arte un i religioso Carmelitano, il quale godette in quel tempo fama di espertissimo compositore di musica, chiamato G ode» bacii, e che Gafurio nomina Bonadies ( traduzione che prova essere stato Godendach di nazione tedesca ) (1) all’indefessa sua applicazione ed alla frequenza degli esercizj corrispondessero largamente i sommi e rapidissimi suoi progressi. Nè venne già meno il fervore degli studj suoi prediletti nel tempo della sua dimora in Mantova, ove si trattenne pel corso di due anni presso il padre, anzi scrivendo con somma diligenza molte cose di musica pratica e teorica, e con pari sottigliezza emendandole, giunse a tale apice di dottrina, che, recatosi dappoi a Verona, potè ivi insegnare la scienza musicale con universale applauso. Due opere scrisse egli in quest’ultima città, l’una col titolo: Musicae Institutionis colloquia, e l’altra intitolata: Flora., seguendo altresì lo spirito del secolo nell’amhizione lodevolissima di raccogliere le cose più preziose sì dell’antica che della musica modèrna, e d’ingrandirne colla proficua lettura le sue già vaste cognizioni. Quegli scritti però, come infiniti altri, che posteriormente compose nel tempo della sua dimora in Milano, (infinita voluniinq., dice Melegoli), sonosi perduti, o forse non vennero giammai promulgati colla stampa. Frattanto essendo stato liberato Prospero Adorno, capo d’una delle fazioni che divisero Genova, dalla prigione di Cremona, ed essendo riuscito a proclamare nel 4478 l’indipendenza della sua patria, la quale grata a tanto servizio lo elesse a Dog< questi, desioso di spargere ivi ogni genere di liberale disciplina, chiamò a sè il nostro Franchino estimandolo per fama il pii atto à propagarvi la scienza musicale. Ma dopo breve dimora di appena un anno, essendo l’Adorno nuovamente stato espulso da Genova da’ suoi avversari, i Campofregosi, Bona Maria e Gio. Galeazzo duca di Milano, diede un ben raro esempio di gratitudine e verace amistà, dividendo seco lui l’esilio, e passò quindi in sua compagnia a Napoli. Erano in quel tempo ivi radunati varj eccellenti professori e scrittori di musica, fra i quali si distinsero particolarmente Giovanni Tintore, Guglielmo Garnerio, Bernardo Hyart e Filippo di Caserta. Ben presto fece il nostro Gafurio seco lui conoscenza, e mentre ad esempio de’valorosi socj della celeberrima Accademia Pontaniana disputarono aneli’essi nel portico de’Beccadelli delle cose musiche, egli pure ad istigazione del regio segretario Filippo Bononiò di Lodi tenne ivi pubblica difesa di varie tesi musicali, argomentandovi con aCume sottilissimo, e divulgò in quell’occasione, cioè nell’anno 1480, il ventesimo nono dell’età sua, co’tipi di Francesco di Dino, una dissertazione: de effectibus et. commendatione Musices. E perciò l’eruditissimo P. Martini nella sua opera intitolala: Esemplare, ossia saggio fondamentale di Contrappunto {pag. 20, toni. II) e l’Arleaga nelle sue Rivoluzioni del teatro Musicale {toni. 7, pag. 193) riconoscono e stabiliscono con ragione dal? nostro Gafurio e da quei sullodati uomini 0 insigni il principio della scuola di Napoli} & (1) Il Forekel conserva nel secondo tomo della sua © storia musicale un saggio del modo di comporre di terra da cui sono dappoi sortiti tanti e tanti compositori ed artisti eccellenti, che resa l’hanno sopra ogni altra illustre e rinomatissima. Nel medesimo anno compose egli un altro opuscolo intorno alla teoria dell’arte intitolato: Theo rie uni opusharmoniie disciplina;, stampato dallo stesso Dino. In quanta estimazione fosse quest’opera, che riguardata venne come parto di genio sublime, e quanta fama ne derivasse all’autore, è provato ad un tempo e dall’altra edizione fatta nel medesimo anno dallo stesso stampatore, col titolo durissimi ac prestantissimi Musici Franchini Gqfurii Laudensis Theoricum opus musicae disciplinae proemium, e da molte altre susseguenti che nel corso di pochi anni ed in varj luoghi videro la luce. (iSarà continuato). SUGLI STUDJ E SULLE OPERE Di Benedetto Marcello patrizio veneto. (Continuazione. Vedi il N. 50). Non dee però tacersi che gli osservati miglioramenti nella musica profana aveano avuto buon preludio da quelli, che in precedenza avea ricevutrda musica da chiesa, nel quale arringo tutti avea superato il celeberrimo Palestrina, come già innanzi abbiamo veduto. Lo seguirono dappoi i due insigni maestri, Carissimi, Benevoli, ed alcuni altri che fiorirono in Roma. Gli studj loro cospiravano a semplificare l’arr monia da quanto di vanamente difficile, pesante, e oscuro ne veniva dall’abuso dell’arte del contrappunto. Essi posero ogni cura nel concertare le parti con cantilene melodiche, significanti, ed espressive alle parole, regolare il ritmo, decorare con venustà le forme, e produrre quel buon effetto sull’uditorio che devono prefiggersi i compositori. Aggiungasi che il Carissimi avea cominciato eziandio a migliorare il recitativo, dandogli forme più semplici, e convenienti alla poesia} esempio che non passò inosservato a’suoi contemporanei, i quali adottarono nelle opere uno stile più atto alla espressione degli affetti. Oltre ai miglioramenti recati all’arte dai sullodati maestri in Roma, sono da ricordarsi quegli altri assai notevoli, per opera dei due napoletani Alessandro Scarlatti e Leonardo Leo, i quali non solo contribuirono a vieppiù perfezionare la grata melodia nel canto, ma puranche riguardo allo stromentale in ciò che si riferisce agli accompagnamenti più giudiziosi, intrecciati e brillanti, e per tal modo determinarono con maggior precisione la linea di confine tra le arie ed il x-ecitativo, il quale di poi ricevette nuovo incremento per opera del Vinci (*), Marcello, soggiornando in quella deliziosa metropoli, sebbene si vedesse ben accetto ed altamente pregiato da ogni ordine di persone, ciononostante non potè troppo a lungo obbliare la città sua natia, dove avea lasciato persone troppo care al suo cuore, e dove pure lo chiamavano gli allettamenti dell’arte, a cui tutto avea consacrato sè stesso. E nel vero Venezia in quella stagione godea della presenza di uomini insigni nella musica. Oltre il Ga(t) Il Vinci migliorò il così detto Recitativi obbligato. L’ultimo atto ’ dell’opera Didone, da lui posta in musica, fa prova indubitata della profonda sua intelligenza nel dare le tinte variate agli alfetli coll’uso: di stromcnli. l’spariui di lui institutore, il Biffi U>, I’Al! binoni, il Caldara, il Lotti <2>. v’erano jj; pure i celebri Nicolò Porpora, Adolfo Ilas; se, allievo di Alessandro Scarlatti, ed in I capo a tutti Nicolò Jomelli. Questa epoca ’ | artistica offriva, ed offre tuttavia, oggetto |; a lunghi studj, i quali almeno affa sfugp gita fa d’uopo qui accennare. I I capolavori da chiesa, da camera, da teatro, che già brillavano sull’orizzonte musicale, pareva che avessero segnato lo splendido meriggio dell’arte nei tre rispettivi generi (3). Una vivace, ma non mai sbrigliata imaginazione spiccava nelle composizioni di quel tempo, nella rigorosa osservanza dei suaccennati generi, sì per l’aggiustatezza dei pensieri, che per la loro disposizione meglio adatta, inoltre per le combinazioni artistiche più spontanee e non sopraggravanti, per la melodica espressione significante e non esagerata, e finalmente per P unità, per l’ordine e per l’insieme, secondo quel noto canone di Orazio: Singula quaeque locuni teneant sortita decenter. Marcello dovea dunque lottare con assai valorosi atleti} i di lui talenti però, avvalorati dall’attenta osservazione sulle opere dei migliori maestri e dagli studj severi ed ameni, che si possono considerare siccome ausiliarj dell’arte, gli davano vigore per indirizzare i vanni verso qualunque più sublime regione. L’uomo difatti, che sollevarsi agogna a somma altezza, cerca penetrare ne’ principj fondamentali dell’arte propria, li analizza, li pondera, se ne rende conto severo, ne distingue il vero valore, e per siffatta guisa scorge il vero punto al quale deve dirigere i voli del proprio genio. Così per I appunto ha fatto Mai-cello rispetto all’arle ed alla scienza musicale. Ne fanno prova le opere ch’ei scrisse, reduce in patria, fra le quali meritano particolar menzione le cantate. Questo genere di composizione, ignoto agli antichi, nato dopo il secolo XII, avea toccato l’apice all’epoca di Marcello. Ei ne compose un buòn numero, scrivendone anche la poesia, e tutte vennero giudicate di bellissima fattura, trovandosi che ciascuna portava l’impronta del genio sorretto dall’arte, in uno stile, nel quale la purezza delle forme era indivisa dalla semplice schietta melodia, vaga ed espressiva, sostenuta con lutto l’artifizio dell’armonia. Tra le Cantate Marcelliane si hanno in sommo pregio la Cassandra ed il Timoteo. Per la prima scrisse la poesia l’illustre Ab. Antonio Conti, ed allo stesso appartiene la traduzione della- seconda, il ’Timoteo, Ode del famoso poeta inglése Dryden, da lui intitolata, Il Conli) Biffi fa nominalo maestro della Cappella Ducale di S. Marco in Venezia l’anno 1701 a di 5 febbrajo. (2) Lotti successe al Biffi nell’impiego di maestro della Cappella Marciana, e fu nominalo l’anno 1753 alli ’8 Marzo. Di questo insigne compositore scrisse la vita l’erudito signor consigliere Francesco Caffi, clic fu stampata a Venezia nella Tipografia Picotti l’anno 1853. (5) Siccome gli antichi aveano varj stromcnli, c varie sorta di voci, le quali variamente procedevano, secondo la varia proprietà c distribuzione de loro si! sterni, tetracordi, generi e tuoni; cosi pure attempo di Marcello veniva osservato con sommo rigore dai compositori il carattere particolare di ciascuno dei tre generi sovraindicati, che doveano trattarsi in modo j diverso l’uno dall’altro, osservando quella differenza che costituiva il carattere particolare de’ medesimi, pcrlochò non si poteva’ uscire dai limiti circoscritti, senza incorrere nel biasimo degl" intelligenti. Dalla dif-. ferenza di siffatti generi ne veniva un effetto I bile, attesa la varietà delle fórme che portava I pronta sua propria. AgcvoI cosa ò,l’osservar) nelle moderne composizioni tal legge è all’intutto % I posta in non càie. ’ SEGEE Sili SEPPEEMEAl’O