Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/137

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Supplemento ni H/. Si vito di Alessandro, posto in musica dal celebre Giorgio Federico Handel. L’una e l’altra di queste composizioni sono riputatissime^ quella però di Marcello, a parere degli intelligenti, esprime con più forza il concetto poetico, sì che gli uditori non ponno fare a meno di non sentirsi rapiti dalla magia di que’ suoni. La maggior parte di queste Cantate sono composte per voce sola coll’accompagnamento del basso; poche con istromenti. Una fra queste è scritta per voce di basso (0, essa comincia con una fuga che serve di sinfonia, alla quale succede un Recitativo stromentato che principia colle parole, Gran tiranno è F amore, quindi viene un’Aria fugata che esprime le parole in modo del quale sembra non potersi trovare il migliore, e con passo da gigante procede fino al fine. Ugualmente nella parte strumentale havvi vera ricchezza, per vastità d’idee, grandezza di forme, qualità di molivi, scelta degli slromenti più efficaci alla significazione del linguaggio poetico, giusta collocazione delle parti, novità di movimenti, varietà di tinte, il lutto accoppiato ad una semplicità, in sommo grauo acconcia ad aumentare l’effetto della parte melodica. Questo è ciò appunto in cui dee riporsi l’accordo tra il cauto e l’orchestra. In tal guisa per lo meno la intese Marcello, e con esso lui tutti gli altri compositori, che camminarono sullo stesso retto sentiero, non trovandosi nelle loro opere aggomitolati movimenti, l’uno dei quali distrugge l’altro, nè sovrabbondanza di accordi, nè suoni troppo raddoppiati, nò accompagnamenti lussureggianti, nè infine alcun eccesso nell’impiego della forza. Oltre alle suddette cantate a solo, ed altre a due, a tre ed a quattro voci, Marcello compose eziandio stupendi Madrigali, Cantate, Oratorj, e nel genere strumentale Suonate e Concerti pregevolissimi. Benedetto, che abbiamo veduto dare alla luce lavori musicali di raro pregio, segnalavasi nel tempo stesso per opere che arricchivano la letteratura, e singolarmente la Poesia, che si può dire nata ad un parto colla musica. Già sopra abbiamo dovuto indicare il suo Trattalo dell’armonia-, dopo quello ricorderemo a questo luogo una lettera che scrisse, e pubblicò nel <1705 sopra un’opera di Duetti, Terzetti, e Madrigali a più voci, composta da Antonio Bortoli. Questo scritto, per le dotte osservazioni che contiene, chiaro palesa quanto addentro ei sentisse in tale materia, fino dai suoi primi anni giovanili. Nè guari andò che scrisse una iacevolissima satira in prosa, intitolata l Teatro alla moda, colla quale sferzò i difetti de’ compositori, dei cantanti, e di ogni classe di persone addette al teatro. Da questo libricciuolo oggi rarissimo, varj poeti hanno preso argomento di commedie, e di opere buffe. Egli inoltre rese di pubblico diritto un’altra satira, a modo di commedia, colla quale si fece a riprendere i difetti di molti scrittori italiani, che malamente usavano la propria lingua, e perciò fu da lui chiamata II Cruscante impazzito. Frutto poi de’ poetici di lui eserè un poema composto in ottava riititolato II Buffone di nuova inven(1) I,’autore del presente Discorso ottenne l’onore di offrire in omaggio a S. M. 1. R. Ferdinando I 1 questa Cantata Marcclliana, ch’ebbe la sorte di rin( venire tra manoscritti antichi, e che fu legalmente ri» conosciuta autografa. Tale prezioso monumento venne» graziosamente accettato, c deposto nella I. R. Biblio3 teca di Corte. zione, lavoro ravvivato dà racconti faceti, ed utili alla istruzione della umana vita. Ma di Marcello il merito maggiore è rispetto all’arte musicale, e qui osserveremo che la fama dello straordinario di lui valore non rimanessi ristretta all’Italia soltanto, ma dovunque venivano ammirate e ricercate le sue composizioni, perlochè la Corte Imperiale di Vienna, col mezzo del proprio Ambasciatore in Venezia, fece sentire a Benedetto il vivo desiderio di ricevere alcuna nuova sua opera. Ben di buon grado egli accondiscese a siffatto per lui onorevolissimo invito, componendo La Serenata, Opera che venne eseguita in Vienna nell’anno 1723, il dì 3 ottobre, ed ottenne felicissimo successo, come si raccoglie dalle lettere di Apostolo Zeno, in allora poeta Cesareo. Finora il nostro eroe, giuuto all’età di 53 anni, non erasi occupato se nonche di musica da Camera, e da Teatro, nè aveva toccato ancora il genere sacro, se non si voglia eccettuare quella Messa che si conta per suo primo saggio, quando una fortunata occasione lo indusse a dedicarvisi. Unito egli co’ legami di stretta amicizia al patrizio Ascanio Giustiniani, allievo del rinomato Lazzarini, professore nell’Università di Padova, venne invitato dall’amico a manifestare il suo parere sopra una parafrasi, anziché traduzione, colla quale avea rivestito di spoglie italiane i primi dieci Salmi di Davide, con metro adatto alla musica, ch’ei medesimo con amore coltivava. Il lavoro del Giustiniani riuscì gradevole a Marcello, il quale intelligente com’era di poesia, ammirandone la eleganza, la forza, la semplicità, non che la opportuna varietà dei metri, determinossi, compreso dalla grandezza del soggetto, ad apporvi la musica. Si può dire, che quasi a volo egli scrivesse i primi cinque salmi, del che non dobbiamo meravigliarci, mentre come assai bene riflette il Fontana nella Vita di Marcello, anteposta ai Salmi nella edizione del Valle, egli non era soltanto scrittore di musica, ma ben anche filosofo, e poeta W. Questi primi Salmi vennero incontanente eseguiti in un’accademia, ch’egli frequentava <2) e furono accolti con un applauso di cui non può darsi il maggiore. Rimase sorpreso il colto uditorio (3) alla novità del genere, alla profondità della scienza, e per lo spirito filosofico, e poetico che gli avea dettati. Un accoglimento sì generale e straordinario servì ai sprone al compimento dell’opera intera dei 50 Salmi, incominciata nel 1721, e finita quattro anni dopo. Infatti quest’Opera intitolata: Estro poetico armonico fu stampata la (1) Lcggansi le Prefazioni dettate da Marcello, ed anteposte a ciascuno degli otto volumi della sua Opera dei Salmi, in cui apparisce una vastissima erudizione. Scorgcsi infatti che in vigore dell’indefesso studio su le opere de’ Greci, c sui varj loro sistemi, seppe interpretare i rari e peregrini avanzi di quelle musiche, c prevalersi eziandio delle antichissime loro cantilene, adattandole alla musica de’ nostri tempi, col sottoporre alle medesime un conveniente fondamento di Basso, atto a reggere la modulazione, ed i movimenti, secondo il moderno costume. (2) Accademia de’Nobili, delta la Cavallerizza, sulle Fondamenta nuova. (2) Non venivano ammessi alla esecuzione di questi Salmi, se non che soggetti distinti, e peritissimi nell’arte, e previo esame, per conto degli esecutori. Marcello ne dirigeva in persona le prove, nè tollerava la benché minima omissione, od aggiunta. Egli insegnava ad interpretarli, c cosi perfetta ne riusciva la esecuzione, che il popolo, al dire del Fontana, rimanevasi per più ore estatico, accalcato sotto le finestre del luogo ove si cantavano, c per le vie di là diramandosi per la vicina piazza. prima volta in otto volumi da Domenico Lovisa, e l’edizione in foglio sì compì nel 1727. Tostochè si diffuse la fama di auesto capolavoro, tutte le principali città ’Italia, e quelle delle straniere nazioni vollero gustarne le peregrine bellezze, ed a Vienna S. M. I. R. l’augusto genitore di Maria Teresa ne ordinò la esecuzione con grande solennità, e v’intervenne in persona colla splendida sua Corte. Attesa 1 ammirazione che per ogni dove, ed in ogni ordine di persone eccitò quest’opera divina, fu Marcello acclamato Principe della Musica, e ben a ragione, poiché fra i sommi pregi che spiccano in questa, è da osservarsi il carattere di canto appropriato a ciascuna delle quattro parti, soprano, contralto, tenore e basso. Siffatto pregio caratteristico, egli è certo che recar debbe somma varietà, e produrre per conseguenza mirabile effetto sull’uditorio’, avvertenza che di presente è trascurata, mentre gli scrittori di oggidì, non paghi di far cantare le quattro parti ad un modo istesso, aggiunger sogliono puranco gli ornamenti, ciò che dapprima era un ufficio riserbato ai cantori 0). Abbiamo veduto finora il nostro Marcello tutto immerso ne’lavori musicali e negli studj letterari, e poetici, ciò nondimeno dee qui ricordarsi una notevole circostanza, che tutta torna a di lui lode, quella cioè che non trascurò giammai i doveri sociali. Egli primieramente con alacrità prestossi a tutti quegli incarichi, dai quali non deve sottrarsi un buon cittadino, che ami veramente la sua patria (*), siccome appunto far soleva il principe della romana eloquenza. Dopo queste cure assunse ben volentieri ancor quelle che aveano per oggetto la gratuita educazione musicale di alcuni giovani, che mostravano favorevole disposizione per l’arte. Tra questi faremo menzióne del prete Gio. Zorzi, buon contrappuntista, invitato a Firenze, poscia a Roma, e finalmente in Portogallo (il servizio di quella Corte Reale. Non taceremo neppure delle due celebri Faustina Bordoni, divenuta poi moglie del famigerato Adolfo Hasse, compositore di musica, e di Rosalba Scalfì, sposala dal nostro Benedetto Marcello, le quali furono da lui stesso instruite nell’arte del canto. Oltre alla utilità, che recava all’arte nel formare ottimi allievi, prestavasi eziandio coll’opera e col consiglio a prò de’ cultori della musica sì nazionali che forestieri, e specialmente de’ compositori che, attirati dalla fama del suo nome, in gran numero a lui accorrevano. Essi soggettavangli i loro lavori per ricevere i suggerimenti di lui, e tutti se ne partivano contenti, sì pei lumi che ne ritraevano che per le dolci maniere del suo conversare, per cui sapeva accomodarsi a ciascuno con somma cortesia. A Benedetto è pur dovuta la felice riuscita di Baldassare Ga(1) I cantori ben instrutti nell’arte armonica si formavano i così delti abbellimenti, adatti alla qualità ed estensione della loro voce, alla maggiore o minore flessibilità della medesima, c consentanei al grado di sentimento di cui era suscettibile l’anima loro. Da ciò ne veniva, clic gli ornamenti applicati da un cantante ad un pezzo musicale erano diversi affatto da quelli, d’un altro, e tuttavia essendo bene collocali c convenienti alla musica cd alla poesia, producevano un ottimo effetto. Oggidì vengono invece •scritti dai maestri, e, ciò che più è da osservarsi, vengono applicati indistintamente a tutte, le voci, acute, medie c basse, c per tal guisa vediamo sostituita là monotonia alla varietà dei modi di canto. (2) Fra gli altri impieghi da lui sostenuti, sappiamo ch’egli fu provveditore a Boia, c Camcrlingo a