Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/154

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- -ISO I vergogna ai più dotti e saputi. Cosi accade j nelle opere dell’arte per discernere il bello, dal brutto, il buon dal cattivo. Inoltre, sicj come questo buon senso non è in tutti quanti nascono, o non vi è egualmente, così dite pur del buon gusto, qualunque sia la causa produttrice di tale mancanza, o disuguaglianza} cosicché cotesti, che io chiamerei insensali nelle arti, vanno di pari passo coti’insipienti nèlle altre cose, o coi sofisti nelle scienze. Ciò posto, dico che questo senso del bello, o buon gusto, è sommamente richiesto per formare un sodo, giudizio sui lavori musicali. Per la musica evvi anche una legge, una norma da seguire, un tipo da imitare, e di ciò abbiam discorso 1 a*tra volta, e prima che i novatori ateniesi ci venissero ad asserire il contrario. Ora il giudizio emanante dal buon gusto altro non è che l’effetto di un’applicazione della legge del bello alla composizione. La qual legge, siccome naturale. inconcussa, universale, ovvia a chi è educato, non oscura, non ambigua, non recondita, cosi nè abuso, nè prescrizione, nè moda, nè privilegio, riè contraria pratica può o derogarla, o renderla ignorata. Perciò tenete p’èr principio, che quantunque volte i rispettabili tribunali cella platea giudicano un’opera senza questa applicazione (il che non può certo avvenire), la sentenza loro è iniqua, ed il sentenziato debbe essere vittima, ove noi sia dell’ignoranza, e del partito, vittima dico del cattivo palato de’suoi giudici. Ma voi’direte che cotesta legge può essere interpretata in diverse guise, cioè che si possono dare diversi gusti. Ed io vi concedo varietà di gusti, purché sieno tutti buoni:; ma nello stesso tempo soggiungo che come il bello è un solo, cosi il gusto veramente buono non può essere che uno. Il buon senso è un solo, e ciò che non è lui, è stoltezza, o imprudenza. Se il bello, come dice il mal proverbio, è quel che piace, nulla impedisce che il buon senso sia quel che conviene, l’utile non l’onesto. Ora siccome questo non sarebbe buono, ma cattivo senso sarebbe un ragionar perverso, cosi anche il solo piacevole nelle arti produrrebbe un giudizio micidiale di esse. Sia pur bello quel che piace, perchè non può essere hello se non genera piacere, ma non sia bello perchè piace} ma perchè è fondalo su certe leggi, contro di cui nulla vale l’impèrfezioiie, o la corruzione del sentimento altrui, od anche perchè ragionevolmente piace. Perciò tenete quest’altra massima, che nelle belle arti la varietà de’gusti contemporanei prova, l’esistenza d’un gusto falso e depravato, ed i sintomi di cotesta depravazione sieno subito manifesti nell’anteporre che si fa l’affettato al naturale, lo sforzato al semplice, il fittizio al vero yjl posticcio al proprio, la vernice alla sostanza, i fiori e le frasche ai frutti, l’apparente al sodo, e via dicendo. Questo gusto mette Virgilio e Dante sotto Marini ed Ossian, preferisce l’architettura gotica a quella di Bramante, sparge non curanza e disprezzo sulle antiche opere, e giura che i lavori di Pergolesi, di Paisiello, e di Gluck son poveri, sparuti, stolidi in confronto de’moderni } e la ragione meno spietata che viene in soccorso e conferma di questo giudit zio è che que’ vecchi scrivevano con un altro gusto. Avete inteso? Il gusto di quel? tempo non è più il nostro: ogni secolo, 1 ogni età ha il suo gusto. Se è così, deci| dasi qual- sia il migliore. Ma da ciò che si è discorso finora la decisione non sarà difficile. Ed è qui veramente il luogo da osservare la difficile situazione de’ compositori, i quali sono costretti ad adattarsi al gusto de’ tempi loro. Veramente sono degni di tutta compassione: Anche voi^ come spero, ne sentirete certo tutta quanta la pietà. Essi vorrebbero far bene, vorrebbero scrivere secondo i dettami della scienza, e della -legge... e non possono a rischio del credito, e delia fortuna. Vedono dove sta il male, ne sanno i rimedi, e non possono assolutamente operare per non disgustare gli ammalati. Ebbene, gli voglio compatire anch’io, ma dopo un breve colloquio. — Chi nel seicento formò il gusto della poesia giudicata universalmente malvagia? Gli autori, od i lettori? Coraggio -, di qui non si fugge. Chi diede lo jj scandalo? Marini, od i suoi ammiratori? j Chi educò quel secolo nel pessimo? Non j] son forse gli scrittori? Chi scrive forma il j gusto, e vi aggiunge autorità} gli autori j| educano i loro contemporanei, e guai a | loro se gli educano male! Niun lamento | perciò se i male educati giudicano in conseguenza della falsa educazione, se lodano talvolta il peggio, e disapprovano il meglio. I buoni maestri d’una volta, di accordo coi buoni poeti, con opere coniate sull’impronta della natura, educavano bene la moltitudine, la quale giammai non istancavasi della buona musica e poesia. In virtù di sì onesta educazione non chiedeva novità onde variare il teatrale sollazzo, ben conoscendo che meglio non si poteva fare, e che volendosi far di più, la musica avrebbe senza fallo corso il rischio della poesia e della pittura. Voleva opere nuove sì, perchè i maestri abbondavano, e trattavasi di formar il patrimonio della musica, correndo per lei il tempo opportuno} opere nuove domandava, ma non novità perniciose all’arte, non prevaricazioni, non trasgressioni musicali. Chiedeva insomma melodie nuove, motivi nuovi, diversi artifizi d armonia, diverse apparizioni di bellezza, ma dentro i limiti della ragione e del gusto. Così avrà fatto, cred’io, il popolo greco incantato alla lettura dell’Iliade - un altro, un altro poema simile a questo. - Ed eccovi 1 Odissea coniata da Omero sul conio della prima. — Altre tragedie, avrà gridato in teatro il medesimo popolo, ed eccovi Eschilo, Sofocle ed Euripide far altre tragedie nuove si, ma sulla norma delle prime. Nè colle varie produzioni uscite sempre dal medesimo stampo del buon gusto una generazione ben educata patisce nausee, o cessa di sollazzarsi. Certamente i teatri son luoghi di sollievo e di pas! satempo, luoghi di onesta ricreazione,’ma ‘ non a scapito dell’arte, a vergogna del buon senso, e del gusto} nè quella difficile contentatura, che si mostra verso il pittore de’scenari, l’inventor delle vesti e del ballo debbe cangiarsi in bonarietà verso la musica e la poesia. Un popolo ben educato da’maestri guarda con egual occhio quante arti concorrono allo spettacolo teatrale, è lascia a chi vuol divertirsi grossolanamente la libertà di correre a’£>iù triviali spettacoli de’funamboli, e de’ giocolavi. Ma, come vi diceva, i compositori son quelli che formano, è conservano, e promuovono il gusto nel pubblico. Sono essi che cl’accordo coi poeti o j seguono la buona strada conformandosi ai j principii dell’arte, alle norme del bello, o confondendo i generi, trasgredendo le regole, e divulgando massime corrotte seminano quella zizzania nel mondo che soffoca poi a loro danno i sani giudizi. Perciò e iion sarebbe troppa esigenza e se-, verità se da’maestri, oltre la fantasia, la fecondità, l’ingegno., la novità, e le altre virtù musicali di cui son forniti, si esigessero pure i tre requisiti finora discorsi, perchè se il pubblico debbe averli per giudicare, nulla osta che ne vadan pure forniti i maestri.nejlo scrivere. Dite un po’ voi infatti se sarà sunimum jus pretendere dagli scrittori di musica intelligenza, coscienza, e gusto? Io non trovo miglior rimedio per uscire una volta di questo manierismo, di questo seicento musicale} nè conosco mezzo più spedito e sicuro per la sanzione del bello e del buono. In tal modo il giudizio della moltitudine verrebbe tosto ad accordarsi con., quel de’ maestri. Ma se ad una composizione piena d’ingegno e di gusto, ad un’opera perfetta, o vicina alla perfezione, per mancanza di uno o più requisiti il pubblico voto sarà in gran parte sfavorevole, allora il maestro, conscio d’aver fatto bene potrà acquietarsi sul giudizio di que’ pochi che intendono, e sentono il buono senza parzialità} e con tale conforto, e con eroico disprezzo dell’avversa fortuna attendere tempi migliori, proseguendo coraggiosamente nel bene, sicuro che almeno la posterità gli farà ragione. Veramente ella è grave sventura che gli scrittori debbano aspettare giustizia dai posteri} ma 4’ altra parte è pur Della e consolante cosa la coscienza eli non aver prostituito l’ingegno e l’arte ai pregiudizi del secolo, egli è dolce a pensare che a breve sventura tien dietro lunga immortalità!... Addio. B-i. VARIETÀ. FALSI GIIDIZJ DI ftOliTHi: [sulla musica II genio di Goethe, creatore per eccellenza, dando à tulto le convenienti forme e i decisi colori, ha senza Comparazione assai meglio intesa l’arte pittoresca che la musicale. I seguenti suoi assiomi intesi a stabilire e fermare ciò che i Tedeschi chiamano le «basi estetiche 55 della musica, ne pajono molto confutabili. — «La musica, dice egli, è o sacra o profana. Un soggetto sacro dee tenersi alla sua gravità, e per tal modo la musica di questo genere-fa la più grande impressione ed esercita la maggiore influenza. La musica profana dovrebbe sempre tenersi al gajo. — «Abbominevole è quella musica che mesce il carattere sacro al profano. La musica cascante e quasi malaticcia che si piace di esprimere labili sentimentali e melanconiche emozioni, è assurda; avvegnaché ella non sia abbastanza grave per essere sacra, e non abbastanza gaia per essere profana. Essa è una musica bastarda. — «La santità della musica religiosa e la festività brillante delle melodie popolari sono i due perni intorno a’quali gravita la vera musica. Ove ella parta da questi due punti sarà sempre per produrre buono effetto. O raccoglimento, o danze. Ma la mischianza de’modi finisce per istor- t dire: il molle diviene scabro; e se la musica vuol pur farsi didascalica o descrittiva essa diviene al tutto insopportabile