Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/181

Da Wikisource.

- -177 GAZZETTA MUSICALE ANNO II. N. 42. 4 5 Ottobre 4 845. DOMENICA Si pubblica ogni domenica. — Noi corso dell anno si danno ni signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinali a comporre un volume in A.0 di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AsDI MILANO La musique, par îles inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’Immme des sen• timents propres à l’émouvoir. ■ J. J. ROUSSEXU. Il prezzo dcH’associazione alla Gazzcllue aVAntologia classica musicale è dielTctl. Ausi. i,. t2 per semestre, ed cITetl. Ausi. I,. H affrancata di porto lino ni còiilìni della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. - La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio liicordi, nel inodo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omcnoni N.° t72ii; all estero presso i principali negozianti di musica c presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. I. La Musica guardata nei bisogni presenti - IL Carteggi. - ili. Teatro Re. Cronaca drammatica. - IV. Notizie Diverse. - Y. Nuove Pubblicaziom MULA MUSICA GUARDATA NEI HINOGAI PIIUIUTI Articolo IV. (finché il melodramma, o qua■aÉ/,^ ’apfTilunque poesia destinata alla muijW v&*3sica teatrale armonizzi coi bisopresenti la d’uopo che perfezio11i quell’educazione che abitiamo abbozzata nel concerto privalo di famiglia (Art. 2.°). La riducevamo alfinsegnare, al muovere, al dilettare; tre antichissimi precetti imposti all’eloquenza, che bene si acconciano alla musica, parola eloquentissima. Ed in primo luogo bisogna persuadersi, come già mostrai nella Lettera sul Melodramma, che la poesia e la musica nel caso nostro formano un linguaggio solo, l’una ajutando l’altra nelle loro vicendevoli mancanze. La musica per sé non dovrebbe essere accusata di certe insufficienze, non potendo, come la pittura, cogliere che i tratti generali, ed un solo atteggiamento, costretta a trasandare ciò che dentro e fuori di noi nella successione de’ momenti va accadendo. Se coi colori non si può rappresentar tutto, nè anche si potrà coi suoni molto più sfuggevoli di quelli. Ma la musica accoppiata alle parole ha un vantaggio di più sulla pittura, perchè con esse può avvicinarsi a quell’eloquenza che operò sempre mai portenti nella storia della civiltà. E se è così, la poesia in musica potrà insegnare, potrà diriggere gli uomini al meglio, potrà cooperare colla tragedia e colla commedia. Ma il melodramma, ài quale perora voglio limitarmi, può essere istruttivo nell’argomento, nell’intreccio, e nella catastrofe. Un soggetto drammatico; quando nulla abbia a dirci d’imporlante, sia egli storico o no, va escluso dalle scene. Se egli sarà nazionale, ed insieme edificante, farà molto più a proposito che un forestiero. Fosse anche una storia sceneggiata sul gusto dei drammi in prosa, sarà mollo più utile di un altro in cui troppa, o poca, o! mal guidala fantasia distrugge l’effetto mo1 rale. Un soggetto antico o moderno tolto I da una di quelle pagine in cui l’uomo dab) bene giganteggia anche sotto la scure, in cui l’amor patrio offusca l’aureola del gran conquistatore, debbe insegnar molto. La scena dovrebbe sempre sublimare la specie umana; e quando cotesti caratteri sublimissimi non fossero mai stali al mondo, non fossero mai comparsi sul teatro della vita, quando non vi fosse che una probabilità di vederne in avvenire, quando l’energia della virtù fosse ancora gran parte in germe, il che è falso, il teatro colle sue rappresentazioni dovrebbe ciò mostrarci possibile e facile. Ora che diremo di quei Drammatici che battono la strada opposta? Concorrono essi al miglioramento dell’umanità, o non la guastano piuttosto? Tra i pessimisti il migliore è quello che trova l’uomo un misto di bene e di male; il peggiore è colui elicgli fa operare il bene sempre per proprio interesse. Nel primo caso la socielà sarebbe più bruita che non è, nel secondo non esisterebbe forse ancora. Pure, abbandonando il mondo di malvagi, non sarà lecito mettere in scena uno di questi, e fargli cantare sentenze epicuree, solo per mostrare quanto sia bruito il vizio? Prima rispondo che in siffatti caratteri sovente si esagera; poi avverto che il metodo d" insegnare il bene col’male non è molto sicuro, neppure in teatro. Inoltre, ciò che più importa, domando quale giovevole impressione facciano coleste sconcie pitture sull’animo degli spettatori? Gli antichi avevano preferito 1 infelice al moderno iniquo, ben sapendo come, oltre il buon effetto delle simpatie, potevano meglio ammaestrare gli uditori, ed avvezzargli alle tribolazioni della fortuna. Noi invece vogliamo svegliare antipatie, odj, nausee contro i nostri simili d’una volta, ed insegnare, che quanto ci accade di sinistro, che quanto la virtù soffre, tutto viene dall’iniquità degli uomini, quasi che non avessimo altra re-. lazione, altra speranza, altra destinazione. che quella la quale ci tieri legati alla terra. Perciò oso dire che questi deformi fantasmi producono sempre un effetto immorale. Poi che bella consolazione, qual piacere è | quello di vederci innanzi per alcune sere j que’ mostri che infamarono la specie nostra, i die non vollero esser uomini come noi! Non sarebbe lo stesso che visitare un serraglio di belve, e divertirsi de’loro atteg-; giamenti, e ruggiti? Mi pare che un uditorio molto maggior conforto proverebbe dallo spettacolo della Giustizia bene amministrala, dalla Filantropia illuminata; dal Sagrilizio delle passioni, e da mille altri esempj di virtù che ci mostrino dilettevole, facile, necessario l’esercizio delle medesime. Che bella cosa sarebbe il dimenticare anche in teatro le deformità morali presenti e passate, ed uscirne colla testa piena d’idee giuste e sublimi! Quanto all’intreccio, allorché il soggetto è per sè riprovevole, nè schiuma d’ingegno, nè solide arte, nè ghiribizzo alcuno potrà ammanircelo in saporosa salsa. All’opposto un argomento sterile, indifferente, di poco rilievo può ricevere dalla elaborazione del poeta molta importanza, ed essere arricchito di bei quadri, di nobili caratteri, di commoventi contrasti, di utili insegnamenti, di tutto ciò insomma che può innamorarci al bene. Quanto meglio la poesia e la musica si arrendono a questo sviluppo, che ad un’iliade di crudeli, sanguinose, infami vicende che ci dipingono il male in tutta la sua bruttezza! Nell’orditura del dramma siamo ammaestrali dalle azioni e dalle parole, nel qual caso la musica per difetto d’elementi istruttivi e persuasivi non potrà prestar opera immediata alla sua compagna,; ma che diremo, se ne’ respiri della poesia, assunta quasi la parte di spettatrice, applaudisse ella coll’allegria, o riprovasse con certo riso sardonico quanto si è detto o fatto a proposito o no? Così in questa strofetta del Metastasio Pianger fanno i pianti altrui, Sospirar gli altrui sospiri; lien potrian gli altrui deliri Insegnarmi a delirar. avrebbe la musica di che lodare e vituperare. La melodia, o l’armonia, e talvolta tulle e due insieme possono anche aggiugnere forza ed autorità all’insegnamento coi loro varj colori, voglio dire con motivi, ritmi, transizioni, inganni analoghi alle parole. Una sentenza, un precetto, un bel tratto, un nobile sentimento, che lampeggiano all’improvviso fuori del dialogo, della situazione, con un tocco maestro d’armonia che preceda, o segua od accompagni, riceveranno molto valore. E ciò osservo di passaggio per avvertire che la musica può ancora far molto a prò del dramma, quando veramente intenda ad aggiugnere. significato alle parole. Dove poi la musica non ha nè parte, nè colpa veruna è qui. Sembra che i poeti non sappiano intrecciar altro nodo che quello che si risolverà poi in un matrimonio, od in un amore infelice. Ora essendo in famiglia il vivajo della società bisogna uu po’ guardare prima se dopo sì ripetute peripezie noi non siamo ancora ristucchi, e poi se convenga dare un miglior avviamento a siffatto intreccio. La f cosa mi par troppo seria e rispettabile per ì