Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/186

Da Wikisource.

- -182 musica, che noi* corrispondesse alle parole, [ che volle animar con forza e finezza, consultando sempre la natura e la verità, senza far uso di quelle fragorose modulazioni, che simili alle fuggitive meteore, abbagliano talvolta gl’ignoranti, ma tosto svaniscono e nel nulla restan sepolte. Delle produzioni, che gli acquistarono fama immortale, la prima fu la musica per un dramma sacro intitolato 6’. Guglielmo d’Aquilania (la poesia del quale fu scritta dall’avvocato Ignazio Mancini) e fu da lui composto mentre era alunno nel Conservatorio con alcuni intermezzi buffoneschi. Fu questo dramma rappresentato nell’estate déll’anno 1751 nel chiostro di S. Angelo Maggiore di Napoli, ove allora dimoravano i canonici Regolari Renani del Salvatore. E ciò era onesto divertimento che in quell’età davasi da’ PP. dell Oratorio a quei giovanetti che frequentavano le loro congreghe e che attendevano a’ buoni studii. Fu si grande l’applauso, che riscosse il maestro, ancor giovane, che divulgatosi il valor suo per tutta la dominante, ben presto il nome di lui cominciò a farsi noto coii giusta lode. Quindi il principe di Stigliano Colonna (e non Agliano come dicesi nel Dizionario I stori co ) l’onorò di sua particolar protezione, come fecero eziandio il principe di Avellino Caracciolo, ed il duca di Maddaloni Caraffa; poiché in quell’età i più distinti signori presso di noi proteggeva!! non solo gli uomini di lettere, ma anche i coltivatori delle arti belle. Indi nell’inverno deU’anuo 175-1 scrisse la musica per un’opera rappresentata nel teatro di S. Bartolomeo, allora esistente, e questa fu la Sallustia, nella quale sostenne la prima parte l’insigne contralto cavalier Nicolino Grimaldi, e per prima donna vi fu la Facchinelli, la quale nell’atto secondo cantò la celebre aria: Per queste amare lagrime Figlie del mio dolore, ecc., in e ffa-ut terza minore, con accompagnamento di stromenti tutto nuovo, che meritò somma ammirazione ed applauso (f). Contava allora il Pergolese appena ventiquattro anni, ed aveva per competitori ne teatri Adolfo Hasse detto il Sassone, Domenico Sarri già vecchio, Leonardo Leo, Leonardo Vinci, Nicola Porpora, i quali a mal in cuore soffrivan le lodi che al giovine compositore venivano tributate. Ma egli, umile in tanta gloria, non invanì punto nè poco di tanti encomi, ed opinando di sé bassamente, conservò per tali maestri la più sincera stima e rispetto, seguitando l’intrapreso sistema con dar fuori le Sue musicali produzioni scritte tutte con sofnnfa semplicità e delicata espressione. Era vi in quel tempo il costume che talora ne’ drammi seri vi fossero intermezzi buffoneschi per sollevar l’uditorio dalla sovverchia attenzione (cosa che ora si fa (I) La qual cosa chiaramente dimostra, clic fu male informato il conte Gregorio Orlow allorché» nel Saggio sopra la Storia della musica in Italia dai tempi più antichi fino a’ nostri giorni ( traduzione di Benedetto Coronati, toni. Ili Roma -1825) n, parlando del Pergolesi disse: u niuno è profeta nella propria patria; il quale antico proverbio ben si adattò al Pergolcsi, poiché la sua Opera cadde, benché fosse formala sul gusto dell’antica purità e semplicità, che sono i caratteri distintivi della vera bellezza, ecc. n. Ma lo stesso autore molti altri abbagli prese parlando del nostro Filarmonico, poiché lo fece nascere nel 170-4-, lo che accade, come si è detto nel 1710, e lo fece morire nella Torre del Greco quando ciò avvenne in Pozzuoli, come dirò, a’ 16 marzo 1756, c non già nel 1727. li co’ gran balli, i quali pare che formar degji giano il principal oggetto dello spettacolo) ed in questi il vivace Pergolesi die saggio del valor suo scrivendone uno di tal genere, che avea per titolo la Serva Padrona, eseguendovi le prime parti giocose i rinomati cantanti Gioacchino Corrado, e Celeste Resse, ed in detti intermezzi fe’egli conoscere la diversità dello stile e del gusto tra la musica seria e sostenuta, e la scherzevole. Dopo essersi rappresentala la Serva Padroni/, le lodi al Pergolesi a dismisura si accrebbero, il qual successo dall’Orlow vien confermato, dicendo nella menzionata opera, che una tal musica diventò classica nel suo genere, essendosi rappresentata in tutta l’Italia, ed ancora in Parigi molte volte di seguito. Allora fu ch’egli scrisse quattro bellissime Cantate a voce sola per soprano, che in Napoli fece incidere con bellissima edizione da Gioacchino Bruno. La prima è col solo accompagnamento del basso. Le altre tre con due violini e viola. Tutte e quattro hanno due Arie per ciascuna. L’ultima ove si narra il lamento di Orfeo nell’Èrebo cercando Euridice venne riputata cosi eccellente, che riscosse gli encomi così de’ maestri Italiani, che degli Oltramontani. ] i quali ne fecero onorata menzione nelle opere loro. 1 Essendo accaduto nell’anno -1751 un fie! rissimo tremuoto, i rappresentanti la città di Napoli, nel seguente anno 1752 risolvettero eleggere per uno de’ protettori della medesima s. Emidio vescovo di Ascoli. Fu scelto il Pergolesi per comporre la musica per un divolo triduo da eseguirsi nella chiesa di santa Maria della Stella de’ PP. Minimi. In tale occasione il compositore spiegò l’estensione de’ suoi talenti armonici, che mosse l’invidia di tutti i professori di musica suoi coetanei. Scrisse una messa a due Orchestre per 10 voci, che spira la più elegante armonia, grandezza e divozione. fcece egli conoscere, che se era grande ed espressivo nel dramma teatrale, grazioso | nel burlevole per gl’intermezzi, era.ancor | grande, nobile e aivoto per la musica sacra. Compose ancora a 5 voci con tulli gli stromenti un Domine ad adjuvandum me festina ecc., un Dixit, un Laudate ed un Confitebor che per gusto e perizia si rendono inimitabili. Il Pergolesi che vantava fra le sue virtù una somma umiltà, ed aveva I sommo rispetto pe’ maestri Napolitani, quando dovè fare il Concerto della messa ila lui posta in musica si recò nel Conservatorio della Pietà ad invitare il maestro Leo acciò si compiacesse di venire ad ascoltarla. Leo promise di contentarlo, ma i ne fece le maraviglie co’ suoi alunni dicendo, che colui appena, uscito dal Conservatorio avealo invitato a sentir la piccola musica di un altra messa, la quale non era cattiva, per esser sua prima produzione, e che dopo tre o quattro mesi avea l’ardire d’invitarlo a sentirne una sei conda. Ma la nuova musica superò l’espeti fazione di Leo, che la trovò perfettissima,! in guisa che in pubblico lodò il Pergolesi! dandogli affettuosi amplessi, e ne fece coi | suoi alunni il giusto encomio, che nierii tava. (Dalla Biografia degli illustri Italiani) (Sarà continualo) CARTEGGIO Parigi il 7 ottobre. [ E impossibile, mio caro amico, farsi un’idea abbaj stanza esalta dell’ammirabile colpo d’occhio offerto dal | Teatro Italiano, la sera della sua apertura. Tutto ciò I che v’é pei’ ora di più distinto, di più elegante, di più di buon genere a Parigi nelle due rispettabili classi degli uomini e delle donne, era concorso ad una soj tenuità che presentava un vero interesse, giacché si trattava di conoscere in quali mani era caduta l’ere| dità di Rubini e di Tamburini, dei due artisti che S aveano fatto per tanti anni la delizia d’un pubblico,; che avea conservalo per essi sino agli estremi momenti la più decisa c più applaudente simpatia. Maio | non posso, non voglio farvi nessuna descrizione; per; cui permettetemi che entri a dirittura nel forte del! l’argomento. Neppure una parola della musica della Lucia, c di quella i parte della sua esecuzione che riguarda madama Per’siani: l’una e l’altra sono talmente ammirabili-c coi nosciute-che potete dispensarmi dal fermarmi sovr’cssc;; tanto più se riflettete clic consumando un certo nuI mero di aggettivi in.issimo ed una dose-sufficiente di I punti esclamativi, voi riempireste la lacuna lasciata j dal mio prudente silenzio. Occupiamoci dunque del I sig. Salii c di Ronconi. Il successo ottenuto da questi due artisti fu assolutamente assai felice; ambedue furono coperti d’applausi, ambedue appagarono le esigenze del momento, cd ambedue suscitarono delle grandi speranze pel) avvenire, Si parlò dell’uno e dell’altro come si parla di due sommità, se ne lodò la voce, il gesto, il metodo, il gusto, c l’espressione, insomma la loro ammissione al teatro italiano fu accettata con una festa c con una premura ad accompagnamento di bravi e di applausi, clic in parte corrispose alla mia aspettazione, ed in parte, lo confesso ingenuamente,_ ne fu superiore. Mi spiegherò in poche parole. L’entusiasmo dei dilettanti. degli intelligenti e della stampa per Ronconi, Io Intendo; giacché questo piccolo uomo é pure un grande artista! Egli vi affascina colla vivacità delle sue ispirazioni, colla sua polente maniera di colorire il canto, cogli slanci ardili di quella sua voce che trascorre dalle più affettuose alle modulazioni più robuste, col vigore c colla verità del gesto, coll’espressione della fisonomia, con tutte insomnia le qualità più preziose del cantante c detrattore! E questo affascinamento si accresce, quando analizzando di quali mezzi possa disporre Ronconi, si si accorge che alla fine essi sono ben limitali, limitati nella voce, limitali nella figura. Sì, si resta con ragione storditi nello scorgere gli effetti prodigiosi che egli sa trarre dalle sue non abbondcvoli qualità natulurali, cd io dirci persino dai suoi difetti. Quale vibrazione, (piale asprezza singolare c pungente non dà egli diffatli nei momenti d’ira c di concitazione a quelle sue note medie, che sono pure sì fesse, c d’un metallo sì poco aggradevole? E poi Ronconi è un talento multiforme, che sa prendere a capriccio tutte le vesti, lòtte le passioni, tutti ì caratteri, clic passa senza scomporsi dal serio al buffo, dal dolce allo sdegnato, dal patetico al furibondo. Giammai la stanchezza, giammai la noja assalgono gli spettatori che odono Ronconi; egli avrà sempre qualche cosa di nuovo, di impreveduto nel canto e nel gesto, c dopo avere assistito a cento delle sue rappresentazioni, nessuno potrà mai dire noi lo sappiamo a memoria. - Erano dunque (un giusto, un dovuto omaggio questi applausi clic festeggiavano l’apparire del grande artista, clic è un acquisto d’un’estrema importanza pel teatro italiano, che troverà sempre in Ronconi uno di que’ sostegni clic non mancano mai in veruna occasione. Ma mentre divido perfettamente la generale opinione sovra Ronconi, oso allontanarmene, senza però staccarmene affatto, qualora si tratta di Salvi, lo ho udito più volle in Italia questo tenore, e posso quindi giudicarlo senza lasciarmi imporre dal facile accecamento delle prime impressioni. Non’è ch’io neghi a Salvi una voce pura e che può ricscire assai simpatica, un artificio abbastanza lodevole nel modo d’adoperarla,