Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/191

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P lontano paese, privo di comodi e di conoscenze, avendo un’indole sì inchinevole e volta alla musica, è ammesso in quel C011W servatorio, che portava il nome de’poveri. ) ed ivi nulla risparmiando per aprirsi una strada da vivere, ne ottiene l’intento, dando fuori in poco tempo molti armonici saggi di vario genere e tutti portati al colmo della perfezione; e quando poteva cogliere il frutto de’ suoi sparsi sudori, viene nel più bel liore degli anni da cruda morte rapito! Ma se la sua,vita fu cosi presto troncata, il suo nome rimarrà immortale pe’ sublimi armoniosi lavori che ha lasciati, e specialmente per lo Stabat Mater, del quale non potè gustare nè meno il prodigioso effetto, che tuttavia ascoltasi con commovimento, malgrado il gusto tutto diverso, non so se migliore, che nella musica si è introdotto. Poiché la prima strofa del medesimo prepara l’animo dell’uditore alla tenerezza ed alle lagrime con un patetico pieno d’arte, che richiama insieme l’attenzione e la compassione. Tutta la musica è divisa in sei duetti, de’quali due in terza maggiore, e quattro in terza minore, una Fuga a due in mezzo alla composizione in terza minore, che col suo molo serve a ristorare gli animi stanchi dal troppo patetico, ed impegnarli a nuova attenzione; e per ultimo il duetto. Quando corpus moliciur corrisponde al principio ed i attacca subito Vomeri con un ricercare a due, che quantunque scritto sul piagnente tuòno dalPef-fa-ut terza minore, pure ricrea l’animo dell’uditore, e risveglia una certa allegria non da teatro nè da ballo, ma nobile e divota. 11 dippiù consiste in cinque soli, due del canto e tre dell’alto-, quattro di questi sono in terza minore, e 1 altro in terza maggiore tutti flebili adattati alla espressione delle parole con due soli violini e viola, lo che forma il più ammirabile di questa armonica composizione. E basti il dir finalmente per somma lode del nostro autore, che una musica, la quale dura per ben tre quarti d’ora cou due sole voci, e due violini, senza cori, senza clarinetti, senza trombe, fagotti, corni inglesi, ecc., tuLta patetica, tutta grave, ha la forza d’intrattenere l’uditore a segno, che quando termina si vorrebbe che di nuovo cominciasse. E qual musica scritta da assai anni avrebbe potuto reggere agli urti della corruttela di quella che oggi è in moda, se non fosse al sommo grado eccellente? E qui rimanermi non posso dal dire come negli ultimi anni del viver suo il nostro rinomato Giovanni Paisiello con poca prudenza, per non dir altro, credette di aggiugner fama alla rinomanza che meritamente si avea acquistata, mettendo mano alla musica dello Stabat del Pergolesi, cambiando l’accompagnamento di molte strofe, e sostituendovi gli stromenti da fiato a solo. Taluni cui si fa notte innanzi sera sen compiacquero e lodarono a cielo l’innovazione Paisielliana, senza capire che tal maniera di composizione non vuol chiasso, ma un semplice accompagnamento flebile, e commovente. (Sarà continuato) (Dalla Biografia degli illustri Italiani) SA SWE021A M JPflBSAM AL TEATRO RE Io salterò a piè pari sulle rappresentazioni della irsa settimana, formate polla più gran parte da riduzioni,- c non parlerò che della Lucrezia, della tragedia che fu salutata in Francia come la precorritrice quasi d’un’cpoca novella letteraria e drammatica, come il capolavoro che dovea salvar l’arte dall’abisso, sul cui orlo era stata strascinata dalle esagerazioni c dalle follie d’una nuova c giovine scuola. L’argomento c abbastanza interessante, perchè possa meritare d’essere svolto con qualche ditfusionc. Il concetto fondamentale artistico che ha guidalo, od anclie se volete ispirato, l’autore della Lucrezia, non appartiene esclusivamente a nessuna Ideile due scuole, colle quali gli adoratori entusiasti deH’antico c quelli del contemporaneo, pretesero di dividere il rampo della lei telatura. Nè il classicismo, nè il romanticismo possono aspirare ad un’assoluta paternità su questo lavoro, che è piuttosto un prodotto della fusione delle due maniere, c che ha tentato di associare la tendenza alle pai’ticolarila storiche, l’amore al colorito locale, la minuziosa riverenza all’esattezza delle tradizioni del dramma moderno, alla semplicità grave ed appassionala dell’antica tragedia. Il sig. Ponsard ha preso il bronzo dal classicismo, c dal romanticismo la forma entro cui ha fatto colare il bollente metallo. Or bene come ha usato il signor Ponsard di questo doppio elemento, qual partilo ha saputo trarre dall’unione delle due muse? A giudicarne dall’entusiasmo del pubblico parigino, dagli articoli festosi d’uu giornalismo esultante., parrebbe che i risultati dei tentativi del Ponsard dovessero considerarsi come meravigliosi, e clic la Lurcczia fosse una di quelle grandi conquiste del genio, che preludiano splendidamente all’aurora d’una rivoluzione letteraria. - Per parte mia protesterei contro l’importanza attaccata alla Lucrezia e contro un’opinione che le attribuisce un pregio troppo supcriore al reale; ma prima di esporre le mie riflessioni a questo riguardo darò un rapido sunto della tragedia. All’alzarsi della tela Lucrezia è nel gineceo seduta frallc sue schiave filando la lana c parlando con Laodice delle virtù che debbono esser proprie della donna, virtù miti c tranquille, clic ardono sacre, modeste, intemerate, inaccessibili agli sguardi profani, nella calma tranquilla dei lari domestici come la flamma di Vesta nelle tenebre solitarie del sotterraneo. Dopo una discussione filosofica che non manca di semplicità c di grandezza, la tenda del gineceo si solleva, e cinque guerrieri penetrano nel pudico santuario della nobile romana. Sono questi Collatino, sposo di Lucrezia, Giunio Bruto, Sesto Tarquinio ed i suoi due fratelli. La causa di questa visita improvvisa ed inaspettata è singolare. La mattina i cinque guerrieri, clic sono collegati dalla parentela, ed in apparenza anche dall’amicizia, si trovavano sotto le mura di Ardca, che subiva un lento assedio dalle armi romane. Colà nell’ozio dell’accampamento, nella noja d’una guerra inattiva, senza pericoli c senza combattimenti, essi affrettavano lo scorrere dei giorni tracannando nappi colmi di vino, tentando la sorte dei dadi, ed evocando le più care memorie di Roma. Frammezzo al fermento dei discorsi più disparati, si solleva un terribile, un delicato argomento, si discute cioè sulla virtù delle mogli. Sesto la nega, Collatino la sostiene; la disputa si avviva, c per iseiorla coll’evidenza d’un fatto si sale a cavallo, si vola a Roma c si giunge inattesi alle proprie case. La moglie di Sesto, c Tullia, la moglie di Bruto, vengono còlte nell’ebbrezza, e nello splendore pieno di voluttà dei festini; la sola Lucrezia resiste alla prova; essa sola è ritirala, nel suo gineceo, occupata a filare la lana ed a preparare una bianca e leggiera veste per quando lo sposo tornerà affaticato dal peso dcll’armi dai campi d’Ardca. Sesto, giovane dissoluto c libertino, che abusa del prestigio c del potere attaccato alla sua posizione di figlio del re, per isfogarc, tutti i capricci, tutte le sue inclinazioni più colpevoli e più infami, è stato il seduttore di Tullia, e non contento di aver gettato il disonore sul nome dei Giunio, perseguita di epigrammi c di frizzi lo sposo tradito, che nasconde sotto le apparenze dell’imbecillità, un tremendo desiderio di vendetta. Pure lo spettacolo della virtù c della bellezza di Lucrezia esercitano su Sesto una potente influenza; egli ammira questa donna avvenente e pudica, c l’ama. - L’amore in Sesto è inseparabile dall’idea del possedimento; il pensiero di far una vittima di quea sposa pura ed intemerata non può arrestarlo a momento; innanzi al suo capriccio d’amore tutto deve cadere, coi mando del re sue degli alti papaveri. Dominato dalla: con freddezza c c< alla passione di i padre cadevano troncate le teste nuova passione, Sesto ascolta isprczzo i rimproveri di Tullia, che raccoglie il fruì lo. abituale cd amaro delle colpe amorose, l’abbandono. L’oltraggio fatto a Tullia è tanto più orribile, in quanto clic essa è costretta a subirlo alla presenza di suo marito, che dimettendo per un istante la sua vernice d’imbecillità, fa risonare all’orecchio della colpevole delle tremende parole, piene di sprezzo, di ironia, c rivelanti con una selvaggia grandezza che peli’infamia v’è una sola, un’unica riparazione, la morte. Frattanto Sesto medita nella solitudine della sua casa i mezzi pei- afferrare la sua preda; invano la Sibilla, gli appare dinanzi annunziando un sinistro avvenire a lui cd alla sua schiatta; lo spensierato deride la malaugurata profetessa, non vuole comprare i papiri che gli vengono da lei offerti nei quali sta scritto il destino di Roma, e se ne parte sorridendo sdegnosamente, e lasciando la Sibilla con Bruto, che accetta con entusiasmo il presagio con cui la fatidica creatura Io proclama, per anticipazione, primo console di Roma. Sesto intanto s’è recato con un pretesto nel gineceo ili Lucrezia, c giunto colà ci declama la sua dichiarazione d’amore. Le belle parole del seduttore non eccitano che lo sdegno della nobile dama, clic si allontana fieramente dàlia presenza di Sesto, dopo però d’avcrgli fatta nna buona ed eccellente predica morale-politica, che non giunge ad estinguere la fiamma del desiderio che arde nel sangue di Sesto, il quale vedendo sventata la seduzione, cerca di arrivare al suo scopo con qualche altro espediente. Mediante il soccorso d’un suo confidente egli penetra di notte nella stanza nuziale di Lucrezia, c colà minacciandola dell’infamia trionfa della virtù della sposa di Collatino. La povera cd involontaria disonorata raduna nella sua casa il padre, il marito, Bruto c Valerio; o là dinanzi a quegli attoniti fa la sua confessione genera|C, c raccomanda a ciascheduno parzialmente ed a tutti collettivamente di vendicar lei e Roma; fatto questo s’uccide. Bruto allora afferra il pugnale fumante di quel nobile c casto sangue e pronuncia il più terribile giuramento contro i Tarquinii; gli altri, ciascuno alla sua volta, dicono c fanno lo stesso, c cosi s’abbassa la tela. (Sarà continuato) Il sig.. Fuchs, membro dcll’l. R. Cappella di Corte di Vienna, zelante raccoglitore di notizie biografiche musicali-, rettificò nel N. 125 dalla Gazzella Musicale di Vienna più inesattezze occorse nell’elenco della durala della vita di maestri più o mcn rinomati, che essa copiò dalla Gazzetta Musicale Universale di Lipsia, dalla quale venne pur trascritto nell’ultimo numero della nostra. Senza esternare una specie di stupore come quel foglio musicale lipsiano cotanto illustre, di quasi mezzo secolo di esistenza, abbia prestato tanta fede all’articolo del signor SchifTucr, stampandolo senza previo esame, ci affrettiamo di riportar qui le mederettificazioni del sig. Fuchs. Laonde morirono in i di anni: 51 invece di 55 Schuhert Francesco. 69 49 Haydn Michele. 60 70.tornelli Nicolò. 65 «70 Preindl Giuseppe. 74.. 71 o 72 Lotti Antonio. 71 «74 Roinbcrg Bernardo. 81 75 I’ux Giovanni Giuseppe. 64 a 75 Bertoni Ferdinando. 67.. 78 Scarlatti Alessandro. 75.< 80 Vàlotti Francesco Antonio. 75» 80 Albrcchlsbcrger G. 75.. 87 Gluck Cristoforo