Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/206

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meritare il titolo di perfetta, e quali siano i doveri del buon maestro. E incominciando da questi ne sembra incumbergli prima di tutto l’obbligo di ben studiare il grado di attitudine del suo alunno, e prima di promettere felice riuscita, esaminare ben attentamente se vi abbia vero fondamento a sperare. Questo è debito di onest’uomo, e chi vi manca si fa reo dei mali che inevitabilmente tengono dietro ad una vocazione sbagliata (U. Conosciuta a non dubbie prove la capacità dello scolare, il buon maestro debbe attendere a educarlo all’arte secondando, non violentando, la natura. Chi ha voce di basso non costringa a diventar baritono, chi ha voce di baritono non si ostini a rendere tenore. Ma prima di tutto si adoperi ad istruirlo nei principii musicali e a renderlo franco nel leggere, non istallandosi di insistere nel solfeggio. Questa massima è la più trascurata per l’opinione erronea che il cantante drammatico, dovendo eseguire a memoria, è inutile ch’ei sappia leggere a prima vista. Il vero però si è che if cantante esperto ha sempre pronto un ripiego, e apprendendo la propria parte con facilità gli rimane il tempo di studiarne l’indole e il partito di cui è suscettibile, mentre l’inesperto giunge appena in tempo a saperne le note materialmente (2). Una pratica dannosa, e ciò nullameno generalissima, è quella di ajutarsi col pianoforte per attaccare i suoni. L’esperienza dimostra che con tal mezzo l’alunno non attende abbastanza ad imprimere nella mente l’effetto dei diversi intervalli, e apprende più difficilmente a intonarli. Conoscere il pianoforte è certo utilissima cosa pel cantante:, più utile il sapersi ben accompagnare e conoscere a fondo l’armonia} ma questo studio si deve fare a parte, e verrà reso più facile se lo precederà quello del solfeggio mentale. Appreso questo si deve attendere a domare la voce con tutti quegli esercizii che possono migliorarne il timbro, dare estensione al fiato, e renderla agile quanto lo permette natura. Nel quale studio quando siasi passabilmente innòltrato, si incominci pure a cantare con parole qualche pezzo scelto dal prudente maestro, e si ripeta quanto basta ad eseguirlo colia maggior finitezza. (Sarà1 continiiatoj ’ ’ M.° Raimondo Bouciieuon. (t) Anclie il medico vuol essere consultalo per accertarsi che il tcmpci-amcnto c la complessione dello scolare siano tali da potergli permettere l’esercizio del canto. Cosi praticavasi anticamente nei conscrvalorii. (2) 1 cantanti clic non san leggere sono poi continuamente costretti a farsi passare la parte dal maestro: buon per’essi se possono sempre esimersi dal pagarne le spesso cattive lezioni! LA MUSICA CUARDATiV NEI BlSOUilll PBKSESiTI ÀST1COLO Vi. ( Vedi i fogli di questa Gazzetta N. 32, 33,50,42 e 47 ). Questo articolo sarà un appendice dell’antecedente: perché dovendo io toccare del Diletto, che il dramma debbe agli animi l recare, non dimenticherò que’giocondi affelti che risvegliati in noi dalla musica e? poesia formano appunto la parte sostan! ziale del piacei’e. Guai se il teatro lirico | non dilettasse, dito cogli elementi drammatici, non con quelle altre circostanze che rendono amabile il teatro. Ma questo diletto va coordinalo al maggior nostro vantaggio, che è quanto.dire a’nostri bisogni. Pur troppo fuori dei recinti teatraliabbiamo faccende private e pubbliche che ci occupano seriamente: il positivo, l’aritmeticaj, il traffico, le scienze economiche, il vapore, e mille altre novità moderne. Perciò in teatro abbiam bisogno di sollievo, e dirò anche d’allegria. Ma chi è tra’ poeti, e maestri che conosca bene questa commozione, che sappia stuzzicare questa corda? Mi si risponderà: Gli autori delle Opere buffe. Bene. Dunque andiamo a rallegrarci all’Opera buffa} ma dopo che il sentimento s’intruse in questi drammi comici. non possiamo pie ridere con quel con che ridevano gli avi nostri. Il sentimento è una faccenda seria, come una di quelle poc’anzi nominate} è un elemento di necessità per divertire con sussiego, per alleviare con gravità, per mettere un ostacolo a quelle piacevoli convulsioni della bocca, che chiamansi riso. Il sentimento eccita lo spasimo, movimento interno semi-giocondo, o semi-melariconico, che non si annunzia esteriormente che con qualche artifiziosa smorfia, increspamento di baffi, o torcimento di collo. Vi hanno però opere buffe senza sentimento, e di queste non parleremo. Altre ve n’ha che intente a divertire non seppero in lutto, od in parte conservarsi monde dal lezzo delle cronache scandalose, dal dizionario de’bisticci, logogrifi, allusioni oscene, abbastanza note per un certo cinismo insultante. Questi libretti mezzo sentimentali, e mezzo disonesti fecero il giro dell’Europa, ed avvertirono gli statisti a qual grado sia la moralità europea nel secolo del miglioramento e della perfezione. Da ciò bisogna dedurre che il primo requisito del diletto arrecalo dagli spettacoli musicali vuol essere l’onestà. Il ridicolo debbe nascere da una deformità come opinavano gli antichi, ed i drammatici dovrebbero ciò sapere più d’ogni altro} perchè quando la musica è contraria al senso delle parole, od alla situazione scenica, non hanno essi tosto un esempio di deformità e perciò di ridicolo? Badino dunque a questi ridevoli accidenti, e ne facciano lor prò. Ma queste deformità non vogliono essere nè dolorose, nè nocevoli.; perché in luogo del riso e della giocondità proveremmo sentimenti contrari all’umanità, alla virtù. Cosi p. e. i vizj non sonò ridicoli ilei loro stretto significato} ma possono dar materia da ridere quando appariscono sotto la forma di quelle imperfezioni che la società perdona con molto suo piacere. Insomma se possiamo divertirci senza offendere l’onestà e la morale, senza ridere di certe istituzioni sociali che formano l’ordinario intreccio de’drammi, dobbiamo anche lusingarci di qualche futuro miglioramento. Lascierò ora il comico per tornare al serio. Alcuni male intendono il diletto che ridonda dai melodrammi, volendo essi che per.^eccitarlo si richieda una poesia facile, una musica leggiera. La dottrina in teatro, secondo essi, non genera piacere, come se l’imparare non fosse un piacere. Una grave armonia che accompagni un sentimento filosofico è una stoccata al loro cuore come una verità amara. Colestoro sono i grandi nemici della musica tedesca, di quella che tenta di dar significato alla poesia. Ma io dirò a’ maestri moderni avviati sulla buona strada. State forti nel vostro proposito. Noi uomini di questo secolo abbiam bisogno di divertirci ragionevolmente anche in teatro} perchè se proveremo pia- L ceri secondo gusto e senno, porteremo poi! Pana e l’altra qualità negli altri affari più importanti, e la sodezza sottentrerà alla leggierezza in ogni cosa. Chi non è educato alle scioccherie, alle insipidezze non dirà mai che la musica significante annoja, non dirà mai che la dottrina del mae, stro portò nocumento al suo ingegno, solo | perchè volle egli che noi sentissimo quel! piacere che spiriti ben educati, colti, sensibili, giusti debbono sentire. Ma il miglior elemento del diletto è la varietà, quella virtù che ci porta gradatamente da un oggetto ad un altro, che ci illude col continuo cangiamento di scene, di quadri dissimili, ma non discordanti. Sia vario il melodramma se vuol dilettare} ma sieno pur varj gli spettacoli musicali che allora ci divertiremo forse più. E che voglio io dire con questo? Voglio dire che la musica può riempirci di nuovi piaceri, ’olesse applicare ad argomenti che minatici. Già toccai iesta corda quando parlai del concerto privato, quando insinuai ad applicare la musica a soggetti descrittivi. Nulla è che tanto diletti, quanto la descrizione, genei’e poco usilato in Italia, ma molto adoperato oltre monte. I lavori di tal fatta chiamerò io Oralorj, sebbene questo nome non possa adattarsi a tutti, dovendo essi abbracciare sacro e profano. Generalmente si suole scegliere un latto grandioso e noto, un soggetto che si arrenda a svariate pitture} questa grandiosità i nostri predecessori trovavano per lo più negli avvenimenti della storia sacra: nella Creazione, nel Diluviò, nel Baldassare, nella Passione, ecc. In questo caso il sublime della poesia e musica era facile a conseguire} ma come si vorrebbero introdurre questi Oratorj ne’teatri per alternarli coi drammi, e variar Io spettacolo, e’ converrebbe ricavarne gli argomenti dalle storie profane o dalle grandi epopee. Può essere anche un’azione con qualche intreccio drammatico, non già esposta allo sguardo, e rappresentata, ma narrata e descritta. Comunque sia questo lavoro, un concetto morale, un pensiero che vi ammaestri, o scuola debbono animarlo. Quali pensieri, quali rimembranze non lascia p. e. la Creazione A’May in? La narrazione di Mosè è semplice, ma sublime per le cose, pei’ l’ispirazione} la pittura del maestro sente della stessa semplicità, e sublimità, e lascia l’animo altamente commosso dai portenti dell’arte e del genio. come quella il lascia confuso ai miracoli dell’onnipotenza. Ripeto che cotesti argomenti debbono essere capaci di svariate pitture, di sempre nuove scene, altrimenti, ’mancando loro ciò che illude e rapisce lo sguardo, possono di leggieri ingenerare monotonia. Ma come una continua descrizione anche varia non si potrebbe a lungo sostenere, ei bisogna intermezzare i quadri con dialoghi affettuosi, che daran luogo a bei duetti, terzetti, e va dicendo} in generale la parte descrittiva debbe essere ì-iservata ai preludj, ai recitativi, ai cori, ai finali, e là parte affettuosa ai pezzi concertati. Conviene anche ajutare il lutto con analoghi dipinti che rappresentino a un dipresso il C luogo dove sarà avvenuto il fatto tolto a ’ desCrivei’e, èd anche con analogo vestiario} cosi che l’Oratorio poco abbia ad invi