Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/84

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- 80 o scopo assoluto, un fin dirotto, un necessario bisogno da soddisfare, rimase nella Chiesa soltanto coinè uria semplice decorazione, e come una solenne pompa religiosa. Addivenuto cosi un oggetto superfluo e di lusso, l’Oratorio incominciò a comparir più di rado nelle Chiese, finche Io vediamo adesso quasi affatto abbandonato dal Clero, a cui già forse no granaron la perdita dell’Oratorio hanno anco ridotto ad uno stato quasi di meschinità in confronto di quello in cui trovossi in addietro la musica religiosa in generale, con danno gravissimo della parte più imponente e più sublime dell’arte; nè la generalità degli artisti italiani, tolte poche eccezioni, si è presa cura fin qui di riparare in qualche modo, e per quanto loro potesse essere concesso, ad una tal perdila, distratti ed allettali da più largo campo che il teatro oggi gli offre per yenire in celebrità e per cumular ricchezze maggiori di quelle che nella Chiesa vi sicn da sperare, mentre sappiamo che 1 grandi maestri antichi, e.specialmente quelli che dicronsi a coltivare unicamente la musica ecclesiastica, peg il grande amore cìie mostrarono per l’arte, e per l’alta missione di elio si tennero incaricati, si accontentarono di limitate fortune, e sopportarono anco talvolta di viversi sottilmente. E fra questi ultimi neppur va escluso il gran principe dei musici, intendo dire il Palcslrina, nè il nostro fiorentino Giovanni Auimuccia, che trasse i suoi giorni in una onorevole povertà, non ostante ch’ci non fosso aggravato di figli, credendo atto di mortificazione, clic lo portasse ad una maggior perfezion cristiana, il viversi celibe nello stato coniugale. Soltanto negli ultimi sei anni di sua vita ebbe a carico il mantenimento di alcune figlie di Paolo Animuccia di lui fratello, maestro di cappella ancor esso, mancato ai vivi nel 1503, e di cui resta memoria per un librojdi sonetti e madrigali ch’ci lasciò stampato. Queste figlie di Paolo nell’età più perigliosa rimancansi orfane per la morte dello zio, nè alcun mezzo restava ad esse per sostentar la vita, se San Filippo Neri, per ii grande affetto clic portato avea a Giovanni, non avesse loro procurato i necessari soccorsi sino al momento di una decente collocazione, in cui del proprio dotavate ciascuna della somma di scudi seicento. La fama di Giovanni Animuccia più si accrebbe e si sparse in Italia dopo la sua morte. Per la illibatezza e per la santità dei suoi costumi lo stesso San Filippo disse di lui cose sovrumane; e per la eccellenza a cui pervenne nell’arte musicale, Firenze sua patria, cui questo cittadino illustrava, volle avere un monumento clic lo rammentasse ai posteri, e perciò anc’oggi vedasi nel soffitto del corridore dal lato di ponente della pubblica galleria di quella citta, il ritratto di Giovanni Animuccia dipinto da abilissimo pennello, clic forma corona con quelli di altri valentissimi artisti di musica a cui la stessa Firenze fu patria. Luigi Picchioliti. MUSICA SACRA I<® STABAT MATEB DI ROSSINI Eseguito in Napoli a prò degli asili infantili, per cura di S. A. li. il eonte di Siracusa. (Estratto dall’Omnibus). Di questo sublime lavoro r è a far più esame dopo tanti e si maestrevoli pubblicati sui giornali s nieri ed italiani. Non è a far paragone con l’altro celebratissimo del Pcrgolcsi, perchè di ima forma assolutamente diversa. Mi ricordo clic un giornale francese con la solita leggerezza diceva avere il Pcrgolcsi avuta la morte nel suo Stabat e il Rossini il suo massimo trionfo; e però star l’uno incontra all’altro come un immenso scoppio del cuore a fronte di una eruzione d’infiammato pensiero. Ciò se accenna di lontano l’indole dell’uno e dell’altro Stabat non lascia comprendere nulla di particolare; ciò non descrive il lavoro, non palesa le difficoltà superate, non addita il progresso dell’arte, insomma è una piacevole antitesi e niente più. Queste due classiche opere stanno come due grandi bellezze senza paragone, come due stelle fulgidissime nello stesso cielo. Potrà dunque il giudizio de’ conoscitori argomentar sul merito positivo di questo Stabat, e basterà a renderlo incontrastabile il nome di Rossini. àia siccome tra le molte belle cose ve n’ha qualcuna che si eleva a bellissima, non sembri fuor di proposito l’acccnnar di volo che nella loro magnificenza straordinaria i pezzi di maggior maraviglia e commovimento sono stati: l’introduzione, ossia il primo quartetto tra soprano, mezzo soprano, tenore e basso; l’asso/o alla Palcstrina per basso con coro; il secondo quartetto tra soprano, mezzo soprano, tenore e basso; l’aria per soprano con coro; il quarte/tino alla Palestrina per soprano, mezzo soprano, tenore e basso: e da ultimo la fuga finale che. è un insieme sorprendente per tutte le voci principali e Ed a tanta importanza non è mancato un novello ornamento nella sinfonia del maestro direttore Merendante^!). Egli alla sprovvista pochi giorni prima dell’esecuzione fu pregato, anzi amorevolmente costretto, a far precedere al gran lavoro di Rossini un suo componimento. Merendante compreso tutta la responsabilità che vi era nel metterei innanzi all’opera del primo Ira i geni e tra i maestri: Laonde con modestia e coscienza di artista, non volle, dirci quasi, che fare una ghirlanda cogli stessi fiori di Rossini, una ghirlanda clic adornasse il nuovo colosso musicale. In fatti, guidato dalla finezza del suo buon gusto, colse dilicatamcntc le più peregrine armonie dello stesso Stabat, con mano maestra le riunì, le intrecciò, riverente al loro splendore, e diede anche egli un lavoro che vieppiù lo innalza nella sua nota sfera di gran compositore. Non si può dir come l’assemblea si esaltasse all’ridire questo felicissimo lavoro di Mcrcadanle, che cosi bene gli animi prepara, e come lietamente con vivi applausi lo salutasse tre e quattro volte nel suo seggio di Direttore. L’esecuzione affidata a centocinquanta voci ed altrettanti strumenti, (che prcstaronsi gratuitamente),» capo di tutt’i quali era lo stesso Saverio Merendante con l’aiuto di altri primarii maestri della capitale, fu perfettissima. Sì clic veniva serbata quella diversità di colorito nei forti e nei piani, alternatamente richiesti dalla composizione; odora sentivi una pace melanconica, ora un concilamcnlo da atterrire, ora una soavità di canto clic li schiudeva il ciclo, ora una elevatezza di preghiera clic li ricordava esser quello l’inno dei contristali credenti, e tutto sembrò cosa non terrena ma celeste, come le ispirazioni della religione. Ad ogni pezzo e spesso ad ogni tempo i plausi dell’immensa assemblea non ebber limite. (!) La proprietà di questa sinfonia venne acquistata dall’editore Ricordi, presso il quale quanto prima si pubblicherà in partitura, non che ridotta per pianoforte solo ed a quattro mani. NECROLOGIA DOMENICO QUADRI Il 29 dello scorso mese, consunto da lungo malore, esalò in Milano l’ultimo suo fiato il maestro Domenico Quadri, nel quarantaduesimo anno d’età sua. Colla più grande afflizione noi annunziamo la morte di questo distinto cultore della bell’arte musicale, e caro nostro amico. Il Quadri impiegò tutta la sua vita nello spargere l’amore per la musica e nel riuscire ad essa di vantaggio con non interrotti ammaestramenti. Nel lungo suo soggiorno in Napoli formò un rilevante numero di chiari allievi sì nazionali che stranieri, i quali il nome del loro maestro vi resero riverito e, cogli altri ch’ebbe ad educare a Roma e Firenze, ponno servire a convalidare l’efficacia delle regole ch’egli colla massima chiarezza e semplicità sapeva in modo utile ed in breve tempo comunicare, regole che per la maggior parte unì in un trattato teorico-pratico aa lui pubblicato per la prima volta nel -1832 sotto il titolo di Lezioni di Armonia., e quest’opera in pochi anni ebbe due altre edizioni italiane, una traduzione inglese e ad essa non volgari elogi tributarono tutti quelli ch’ebbero la fortuna di interpretarla dietro la scorta de’ consigli e delle sagaci riflessioni del proprio autore. Oltre il detto sistema il Quadri fece di pubblica ragione: I Principj Elementari di musica ridotti a nuovo e più facile metodo, non che la Ragione Armonica dimostrata sui partimenti del Padre Mattèi pubblicata in Napoli dal Tramatcr e che porta per epigrafe il motto: Savoir e’est. connoitre les choses par leurs causes, e nella quale sonvi delle nuove ed ingegnose idee sulle leggi e sui risultati dell’armonia. • Nacque in Vicenza, ebbe a genitore il chiarissimo cavaliere Antonio Quadri consigliere segretario presso l’I. R. Governo di Venezia, a Bologna compì la sua educazione musicale*, con deliberato animo e con perseveranza assunse l’improba fatica di meditare, confrontare, estrarre più centinaja di volumi didascalici onde poter meglio riuscire nel suo sistema: fu di pronto ed acuto ingegno, di ferme e coscienziose opinioni, di tenace memoria e di piacevole conversare, nò fra quanti lo conobbero da vicino vi può esser chi non pianga la sua perdita al certo fatale alla vedova e a due fanciullette. ls. C. CARTEGGIO. Due avvenimenti d’una certa importanza, l’uno musicale e l’altro tragico, diedero dello splendore all’ultima settimana teatrale; il primo fu la comparsa, tante volte differita dell’opera di Balfe Le Puits d’amour, ed il secondo ha consistito nella rappresentazione della Lucrece di Pon$ard, nuovo poeta che si slanciò d’uu salto sui primi gradini dell’anfiteatro della gloria. Io vi parlerò brevemente dell’uno e dell’altro. 11 libretto del Puits è di Scribe; il che basta per dirvi che è qualche cosa di leggero, di grazioso, una specie di brillante di vetro, clic abbaglia Io sguardo colla vivacità de’ suoi riflessi, ma che non resisterebbe ai colpi di martello della critica. Lo Scribe ha molto spirito, conosce superbamente l’arte di preparare delle situazioni, passando intrepidamente attraverso alle più strane incongruenze, sa modellare delle scene con un incantevole gusto, e vi raffazzona certe piccole ariette, certi couplcts piccanti, fini, delicati che hanno un’egual dose di futilità e di brio, insomma vi fa dei libretti che hanno qualche cosa del pasticcio, ma d’un pasticcio pieno di sapore, e coperto da una vernice lucida e seducente, che vi fa perdonare la maniera un po’ troppo trascurata e di mestiere, che domina sempre nei lavori dell’illustre accademico. Sovra questo libretto buffo in Ire atti, il Baffo ha composto una musica cui non manca nè il gusto, nè la varietà delle melodie, nè una certa ricchezza di istrumcntazione, nè la rivelazione d’un talento artistico abbastanza abile nella condotta e nella forma ile’pezzi, nè insomma nessuna delle qualità clic compongono ai nostri giorni quell’essere che vive di fiaschi e di trionfi, e che si chiama maestro di musica. Ma frammezzo a tutti questi pregi, l’originalità trova a stento un posto per collocarsi; ia povera creatura respinta dall’immensa maggioranza de’ compositori, non ebbe una favorevole accoglienza dal Balfe; appena se egli le permise di comparire in qualche momento del primo e (lei terzo alto, giacché in quanto al secondo essa ne fu csighata implacabilmente. - E infatti l’atto più debole dell’opera. Detto questo; credo inutile d’aggiungere clic il Balfe, ad onta del suo ingegno, non ha una maniera propria, uno di quegli stili individuali senza cui non si può esigere d’essere collocato nella pleiade brillante dei grandi compositori. Il Balfe ha una di quelle intelligenze che oscillano incerte nell’atmosfera cromatica, sedotte come sono ora dalle abbaglianti forme ili Rossini, ora da quelle piene di brio e di vivacità di Donizetti, ora dalle patetiche di Bellini, e qualche volta dalle complicate d’una scuola ibrida, clic fa consistere la ricchezza nell’abbondanza, il beilo nelle difficoltà convenzionali, lo splendido nel rumoroso. L’opera ha avuto un fortunato successo, i molti amici di Balfe, tutte le sue conoscenze di saloni, cho simpatizzavano di già col cantante, ebbero una bella occasione di mostrare coi fatti i loro attaccamenti; gli applausi furono dunque forti e numerosi, e non trovarono opposizioni. Da ciò potete conchiudcrc che anche il pubblico rigido trovò che queste effusioni amichevoli non erano mal collocate, e clic se v’era un po’(l’esagerazione nell’entusiasmo, non mancava però qualche cosa che potesse giustificarlo. L’esecuzione del Puits non fu osservabile per la sua perfezione; tranne madama Thillon e Henry, che sostennero convenevolmente le loro parti, io non saprei citare nè gli altri attori nè i cori senza un accompagnamento di censure, clic ho il coraggio ’ed il buon gusto di risparmiarvi. La mise en scene è supcriore alle aspettative; non si credeva che la direzione dell’Opéra-comique pensasse di fare delle grandi spese in una stagione, che non è polla cassetta d’una grande, importanza. La iLucrece di Ponzarci), secondo argomento di que