Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/96

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S) E qui per la vostra innata curiosità voi É vorreste un po’ sapere quale sorta d’oro S abbia costui sfilacciato dai tessuti musicali 3 di Fiandra? La fuga, io vi rispondo, lnar> cate pure le ciglia, e stupite quando volete, la fuga fu la farfalla del bacherozzolo fiammingo, fu un bel parto di mostruosa madre, simile neirorigine a tante altre cose di questo mondo. Questo genere di contrappunto con molta saviezza e discrezione adottato dal maestro di Papa Marcello piacque assai alle italiane orecchie, diventò carattere della musica ecclesiastica segnando i limili del sacro e del profano, divenne canone dell’arte, sistema di scuola, pietra di paragone della buona musica, degno insomma di succedere all’Antifonario, ed alle antiche cantilene. Io so bene che la fuga si ha dai moderni a schifo come rancidume e scolastica quisquiglia, e con ragione, poiché furono cancellati i confini del sacro e del profano; eppure (dice il Mayer) «Lo stile fugato deriva direttamente «dal principio della imitazione; e lungi «dal meritare d’essere condannato come «un rancidume ed un’invenzione degna «de’ secoli barbari, può nelle mani di un «valente compositore divenire uno degli et strumenti più efficaci della espressione te musicale». Ed infatti che cosa è la fuga? Se voi la guardale da un lato è un severo e stringente raziocinio, una catena di sillogismi armoniosi, se dall’altro è un’imitazione dedotta non so se dalla natura, o dall’arte, che vuole esprimere qualche cosa di avviluppato e di confuso, da sviluppare con varj accidenti, e contrasti, e peripezie di quasi drammatico intreccio. Io non so se mi spieghi, ma fingete d’udire un tratto musicale, dove, in mezzo alla più dotta e semplice armonia, tra consonnanze e dissonanze, tra suoni che s’intrecciano e s’avvicendano, voi possiate come in tumultuosa assemblea distinguere un soggetto, ossia cantilena, e tosto un contea-soggetto quasi parere contrario, il qual doppio motivo venga di mano in mano ripetuto, variato, imitalo, trasformato in mille modi con modulazioni e passaggi inaspettati, e scorra per | tutte le gradazioni dall’acuto al grave e dal |l grave all’acuto sino alla cadenza, ed avrete ì cosi un’idea della fuga, e di quello stile ìi fugato in cui tanto risplendono e Palestri- I; na, e Corelli, e Marcello, e Pergolesi, e I Haydn e pochi altri. Questo genere pel suo atticismo proprio II della scuola e del gusto italiano produsse nel secolo scorso; che fu l’aureo per la musica, i migliori capolavori, quali furono per esempio lo Stabat del Pergolesi, ed i Salmi di Marcello, e seguirà a produrne finché durerà l’amore del bello. Se la moderna schifiltà lo disapprova, se lo stile profano si è introdotto nel Santuario, non è però ancora spento o perduto. La musica è pur soggetta alle vicende delle arti e delle lettere; anch’ella percorre il suo arco. E quantunque la buona musica ecclesiastica attenda il suo rialzamento dalle scuole italiane; nondimeno le sue ruag- | giori speranze si attengono a quell’auto- j rità medesima, che un giorno diedele la |’ vita. Imperocché i successori di Papa Mar- | cello non solennizzano le maggiori feste | dell’anno ecclesiastico che all’armonia delle | maestose fughe, nè la romana Chiesa nella luttuosa settimana trova ai suoi gemiti eco } più affettuoso dei divini concenti dell’Al-; ì legri. E cosi Roma è sempre conservatrice! H de’ monumenti della gloria nostra. ) Ma io debbo ancora intrattenervi d’uua |[ cosa, senza la quale la mia presente cicalata non sarebbe compita, ed è che la buona musica da Chiesa dovette- anticamente la sua semplicità e bellezza non tanto al gè» nere di composizione, cjuanto anche all’essere nuda di stromenti. Essa era lutto canto, tutta armonia di varie voci ingegnosàmenlé lavorata, mirabilmente eseguita, siccomeusasi ancora sulla pontificia orchestra. Immaginatevi perciò quale dovesse essere lo studio del maestro, e l’abilità dei cantanti! Coll’andar del tempo parve che la maestà dell’organo, opportunamente e squisitamente toccato, non dovesse guastare le belle cantilene del tempio. Ma a parer mio migliore fu l’introduzione d’un basso che coi gravi suoni sorreggesse, non coprisse le voci, il quale dapprima con fondamentali note, poi con continui suoni e modulazioni fu causa di novità musicali. Imperocché ne’tempi del Corelli, gli stromenti da corda, e principalmente il violino, ristaurandosi, ed intrecciandosi ad abbellire le profane melodie, non sembrò disdicevole che pur le ecclesiastiche cantilene avessero un accompagnamento analogo alle voci. Ma questi accompagnamenti tosto vollero gareggiare col canto medesimo, i violini s’immedesimarono colle voci e cantarono anche essi, stando però, per la saviezza dei maestri e la gelosia de’cantori, ne’limiti prescritti. Finalmente per la loro perfezione gli stromenti, eguagliato il canto, lo sovverchiarono, e così da servi divennero padroni dell’armonia. Bisogna però confessare che cotesta insurrezione stromentale a pregiudizio del canto ci venne d’oltremonle. I Tedeschi infatuati de’ loro stromenti e del magico effetto che sanno ottenerne, introdussero verso la metà del secolo scorso una ricca e sonora armonia nelle musiche di chiesa, nella quale novità furono tosto bene o male dai nostri imitati. Dico bene 0 male, e forse più male che bene, perocché, oltre l’inferiorità de’suonatori italiani 1 nostri compositori non avevano nè l’ingegno, nè il magistero di Mozart e di Haydn per riuscire felicemente in quella imitazione. Questi due maestri di cui l’Allemagna può gloriarsi come d’un Ariosto e di un Tasso del musicale Parnaso, furono gli autori della già detta rivoluzione. Per loro il concerto, ossia stromentazione divenne importante, ed occupò il primo luogo cedutogli dal canto; per loro la musica sacra acquistò magnificenza, varietà, ricchezza, dirò anche espressione, ma perdette il meglio che noi le avevam procaccialo, cioè semplicità, afletto, dolcezza, decoro. Mozart impresse nelle sue sacre composizioni quel grado di forza e di sublimità dantesca, per cui tanto dislinguonsi i suoi concerti. Chi non conosce il suo Requiem nulla conosce di grande in musica. Forse senza di lui quella terribile e patetica Sequenza non avrebbe mai più avuto sì degna e calzante armonia, per cui questo capolavoro non può ad altra cosa meglio paragonarsi che al gran dipinto di Michelangiolo, voglio dire all’universal giudizio, tanto più che al maestro stan sì bene quelle parole che del pittore disse il Lanzi, a sì terribile artefice niuna istoria essere stata più confacente, che il giorno dell’ira di Dio. In questo genere dopo Mozart (e Io dico di passaggio) nulla trovo di più espressivo che l’OJfertorio di Cherubini, degno pel suo Requiem di star vicino al Buonaroti della musica sacra. - Haydn, poi che voi potreste chiamare il Jubal moderno, il pater canentium cythara. se non fosse là gran- f|| dezza e profondità di alcune sue compo- $2 sizioni, potrebbe per la varietà, la bizzarria, la facilità del/suo stile chiamarsi pit- j tor fiammingo. Ma di si gran maestro forse vi parlerò in altra- mia. Intanto per le innovazioni di costoro anche gli stromenti da fiato furono in voga, prima i più dolci e pacati, poi gli aspri, gli striduli, i guerrieri, e finalmente la banda turca appena sopporlevole in teatro. IN è è già che vogliasi affatto riprovare il cotesto lusso musicale in chiesa. La mae! stà di Dio se non isdegnava nel tempio j di Gerosolima ogni sorta di stromenti, se Davide e Salomone davano lode al Signore in omnibus lignis fabrefactis, certamente la religion nostra non debbe escluderli dalla sacra liturgia. Soltanto l’abuso non vuol essere tollerato;, gli eccessi d’un a fragorosa musica, le indecenze d’una profana imitazione, le indegnità de’ teatrali plagj e simili abbominazioni vanno bandite. Nè ciò solo per la riverenza del luogo, ma anche per l onore cd il vantaggio dell’arte; imperocché ove la musicale corruzione provocasse nuovi fulmini come ai tempi di Marcello e di Benedetto, sarebbevi forse pronto un altro Palestrina per trattenerli? o piuttosto colla cattiva anche la buona musica non- correrebbe pericolo comune? Qual vergogna, qual danno non sarebbe ji allora a quest’arte, se mentre la pittura, I la scultura e le altre sorelle gareggiano; onestamente nella casa di Dio, essa sola I venisse da si bella gara esclusa? Io auguro | felicità alla musica e senno a’ suoi cultori. Se tra il poco ed il troppo, evvi un giusto mezzo, se tra le nude cantilene d’una volta ed il rumore delle moderne orchestrò sta la virtù musicale, i maestri vi si appiglino come a tavola di naufragio. Quésto è il rimedio che al presente male puossi additare, rimedio col quale allo stato di sanità e floridezza potrebbe la musica sacra pervenire. Ora basti. Nella lettera seguente io vi parlerò ancora dell’Antifonario non più storicamente, ma filosoficamente onde vieppiù con esso lui conciliarvi. Addio. B. LETTERA. DI US MUSBCAXTE E FATTORE Sopri» iilruii! artisti «suli’arto Ih ffiermaiìia ( Dalla Franco Musicale ) II. Saranno circa vcnt’anni, mio caro amico, che i più grandi artisti della Germania scorgevano in un grazioso fanciullo un futuro sostegno di questa gloria musicale, di cui Beethoven e Weber aveano colmata la loro nazione. Il dotto professore di contrappunto Zelter, fiero- della scienza già acquistata dal suo giovane allievo, lo presentava con orgoglio all’illustre Gccthc, che versava lagrime d’ammirazione e di tenerezza ascoltando un fanciullo; la cui memoria era già arricchita dalle più belle composizioni di Sebastiano Bach, di Haandcl, di Beethoven ccc. Questo fanciullo portava il nome di FeliceMcndclssohn, nome collocato ora fra i più celebri di cui s’onori l’arte musicale. Nell’età di appena Irentatrò anni, questo maestro ha pubblicato giù sessant’opere di tulli i generi. Mentre che i nostri buoni artisti francesi eseguiscono con predilezione le deliziose romanze senza parole, i capricci, i trio ed i quartetti per piano, i