Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/124

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- 420 discendenti dlsraello, e invece di cantare prorompevano in pianto (•>. Egli è solo ammettendo le arti e le scienze pervenute ad alto grado fra gli antediluviani. e da questi passate per mezzo della famiglia Noetica alle successive generazioni. che si può intendere la sapienza tanto estesa de’ più antichi popoli Caldei, Egizii, Indi, Assiri e Cinesi. Con tulio ciò alcune arti o si perdettero in quella tremenda catastrofe, o non nacquero se non alcuni secoli dopo. Tali sono la scultura e la pittura. Non cosi della musica e della poesia, le quali dovettero esistere dalla più rimota antichità; e in vero, se l indole di queste colla plastica e la pittura si raffronta. è facile accorgersi come esse siano più intime, più vitali, epperò più spontanee ed antiche. Anche fra noi f uomo delle campagne trovasi non di rado spinto da canto, fan zi a sillabe mente mterno impulso a cantare: e questo in cui prorompe sovente anche 1 insenza articolar parole, o articolando insignificanti, soddisfa immediataqueir indefinibile bisogno delfanima. La qual cosa non avviene certamente con quelli* arti che avendo bisogno di tempo e di materia per attivarsi lasciano frattanto acquetarsi quelfintimo movimento. Altronde poi di solo canto abbisognava nei pruni tempi il culto della divinità, come di sola poesia abbisognavano le orali tradizioni^ epperò presso i Celli e gli Scandinavi. la di cui storia non rimonta a secoli cosi lontani, troviamo coltivale la poesia e la musica, mentre un informe sasso era tutto ciò che serviva loro di monumento ad eternare la memoria di qualche notevole fatto. I templi e gli idoli non si innalzarono se non quando, affralita dalla colpa, l’anima umana non potè più regun Dio immenso, infinito^ gere all idea di nè intendere d natura che ad gloria. sublime linguaggio della D O O orni istante ne canta la (Sarà continuato). Raimondo Boucheron (1) Salmo CXXXVI. Anfora «Iella grande Accademia datasi il 93 giugno nel Salone «Il l*alazzo-veccliio in Firenze. Le grandiose accademie musicali o, come ollramonle suol dirsi, i Festivals sembra che vadano in Firenze acquistando, una qualche importanza nazionale, dappoiché concorrono a far parte delle feste municipali che ad onoro del Santo Ballista in ogni anno vengono quivi celebrale Era nel 1859, ed appunto in tal ricorrenza, (piando ad alcuni fra i primari artisti fiorentini cadde in mente di convocare e riunire tutti i mezzi musicali che la città può offerire per eseguir con la maggior solennità loro possibile uno dei capolavori della scuola tedesca, l’opera che più onora l’ingegno del famoso Giuseppe Haydn, vale a dire il grand oratorio />«(’.reazione del Mondo. lauto era lo zelo e l’amore vca quella massa strumentisti, che stanze ne fu dato dellarle che in tale occasione modi cinque in seicento fra cantori e giammai nè dappoi in simili circodi udire una esecuzione musicale sì animata e sì perfetta. E questo io credo più che dipendesse dal non trovarsi gli artisti in allora colali da autorità estranee all’arte, nò mossi da industriali, poiché a sola gloria dell’arfe ognuno slavasi gratuilamenle all’onorevole ufficio. altro v inmire 11 numero degli esecutori ascendeva oltre ai fiOO allorquando l’Oralorio medesimo ripeleasi a festeggiare il terzo scientifico Congresso italiano tenuto in Fienze nel settembre 181-1, e quando alcuni giorni appresso lo stesso per la terza volta riproducevasi a benefizio degli Asili infantili di carità. Da queU’epoca in poi, vale a dire nei tre anni successivi, nel ricorrer delle maggiori feste civiche, dietro la generosa protezione sovrana, il comune di Firenze, sostenendo una । parte delle spese, decretava che simili festività musicali avesser luogo nel Salone di Palazzo-vecchio, ove fino allora tali grandiosi trattenimenti erano stati al pubblico presentali, affidandone la direzione ai Gomitati per gli Asili infantili, a di cui profitto rilaseiavasene ogni provento. Dei primi due di tali Festivals non mi occorre far menzione, giacché nei rispettivi tempi abbastanza ne fu discorso nella Gazzetta musicale (vedutisi i;V. 28 delle prime due annate). Soltanto intendo ora darvi contezza di quello che ebbe luogo in quest’anno la mattina della domenica 25 dello scorso giugno. In circostanze così solenni, in sì imponenti riunioni artistiche vuoisi imprendere ad eseguire grandiose e classiche, composizioni, e. tali che altrove, non sia dato udirle. Di più, un doppio scopo nel caso nostro debbo aversi in mira, quello cioè di procurare un maggiore incremento all’arte musicale, c quello di risvegliare al più possibile la pubblica curiosità, affinchè più vistosi se ne ottengano i lucri destinali alla beneficenza’. Tali in falli eran le massime che si proposero seguire coloro che scelti vennero a convocare, anco in quest’anno la solila generale riunione artistica; ma delusa la speranza di ottenere una nuova ed analoga composizione musicale da qualcuno fra i più celebri scrittori viventi, si concepirono vari altri progetti, tra i quali il più nuovo per l’Italia ed il più interessante ne apparve quello di offrire al pubblico un gran Concerto istorico. E questo, sembrava, non avrebbe potuto a meno di risvegliar l’attenzione dei nostri amatori della bell’arte, giacché una tal specie di intrattenimenti musicali, assai gradili presso le altre Nazioni, c specialniente nella Germania culla, trasportando in certo modo la nostra esistenza nei tempi trascorsi, per alcun poco ne fa vivere intramezzo alle generazioni che ci precedettero, e così ci offrono il mezzo di riconoscere esattamente le loro affezioni, le loro abitudini, le loro foggio di esprimersi, i loro costumi, quasiché quegli uomini islessi evocati dalle loro tombe risorgessero per farci udire, gli animali accenti di quelle passioni da cui furono predominati. Nè la storia può aver pittura più esalta c più fedele dei costumi dei popoli trapassali quanto quella che si polrebbc ottenere con la esalta riproduzione della musica da loro usata, pittura assai più V( ra ed animala di quella che per semplice narrazione sotto un tal rapporto possa presentare l’istoria scritta, la quale sì fortemente non potrà muovere la nostra immaginazione quanto lo possa la presenza dei monumenti di quest’arte, e, direni così, le voci istessc dei nostri maggiori. - Riguardati poi tali esperimenti per il lato artistico, qualora spesso venissero riprodotti, sembra che utilissimi riescir potrebbero, non solo per ridonare una vita ad alcune belle forme dell’arte già spente, quanto per offrire, alcuni tipi originali, onde all’uopo improntare di un conveniente carattere istorico e nazionale la musica dei nostri drammi, lo che sarebbe un aprir nuove vie di perfezionamento a simil genere di composizioni. Per effettuare al meglio possibile un tal progetto la prima difficoltà inconlravasi nella compilazione del programma; giacché, dal piano che venisse adottalo, dalla scella delle, produzioni e dall’ordine con cui le si esponessero lui la polca dipender l’impressione c l’cffello che un tal nuovo spettacolo potesse produrre sull’animo degli uditori. Ricercato su di ciò il consiglio di alcuni abili artisti, dapprima furon essi d’avviso di doversi partire, dalle riforme di Paleslrina, ed ordinatamente presentando le varie trasformazioni dell’arte nei tre generi di musica, da Chiesa cioè, da Camera, e, da Teatro, giungere al nostro tempo chiudendo con alcuno dei più sechi pezzi delle opere Guglielmo Tell, c (ìli Ugonotti. - Questo gran quadro istorico-musicale che le sole voci doveano in,cominciare, ed a cui appoco appoco sarebber venuti ad unirsi i vari strumenti che compongono oggi la nostra ’ grande orchestra, avrebbe presentato la vita dcll’arle moderna nella sua nascila, nella sua adolescenza, c nella sua attuai virilità. Ma le molliplici trasformazioni, di cui rendeasi indispensabile dar saggio, riduc.endo il programma ad una estensione assai maggiore di quella che il comportasse un tempo limitato ad un solo trattenimento di due ore, o poco più, necessitavano a rinchiudersi in un’epoca più breve, c ad accontentarsi di presentare gli sviluppamene di un solo ramo dell’arte. Partirsi da tempi a noi più vicini e preferire il genere drammatico fu credula condizione più confacente alla intelligenza della generalità degli uditori; perciò il programma in ultimo adottato, incominciando da Pergolcse, cioè dall’epoca in cui la musica teatrale spiegava espressioni più drammatiche c vestìa forme più complete, veniva a presentare con esattissimo ordine cronologico tutte le principali trasformazioni della musica drammatica, c chiude.vasi in ultimo con alcuna delle più recenti produzioni di Rossini e di Meyerbeer. L’intiero secolo dal 1755 al 1851», che pereorreasi in questo Concerto istorici), includeva la cosi detta età dell’oro della musica teatrale, i di cui maggiori effetti aveasi in mira di presentare mercè la scelta delle più classiche composizioni di quel tempo; le (piali, poste ivi a confronto delle attuali produzioni di simil genere, poteano offrir campo al collo uditore di pronunziare un giudizio di preminenza fra di esse, c risolver forse la ormai tanto agitata questione sul progresso o decadenza dell’arte ai (empi nostri. Superata questa prima difficoltà, ultra maggiore se ne affacciava, la quale rimase insuperabile, almeno per quest’anno. Al primo aspetto nulla di più facile par che vi abbia (pianto il cantare un’aria di Pergolcse, di Vinci, di Jomelli eco. ere., mentre al certo, per essersene perduta la tradizione, non avvi oggi maggior difficoltà di quella di eseguir tal musica con lo spirilo e con le. maniere del suo tempo, senza le (piali il carattere istorico rimane distrutto. Il continuo movimento in che vive l’arte musicale riconosce appunto per causa primitiva la variabilità delle maniere di esecuzione, le quali van continuamente csercitando una vicendevole azione e reazione fra i coinpositori e gli esecutori, e sono esse in fine che. ad intervalli di tempo, mediante insensibili continue modilieazioni, ci conducono alle complete trasformazioni dell’arte.. Nè vi ha propriamente che un insegnamento orale che possa trasmetterci tali maniere, giacché la musicografi;! non può giungere ad indicarle, esattamente,‘come appunto accade nelle lingue ove i segni ortografici rimangono insufficienti a determinar precisamente i modi della locuzione. Affinchè dunque un concerto isterico-musicale possa presentare una apparenza almeno di quella verità necessaria in qualunque siasi esposizion di fatti, fa d’uopo che gli esecutori si assoggettino a studi speciali sulla musica retrospettiva, per trovar la via di supplire in qualche modo alle perdute tradizioni delle varie maniere di esecuzione usale, nelle epoche rispettive. Nel caso nostro il tempo a ciò necessario ne apparve di troppo breve, specialmente pei cantanti che dovesscr sostenerne le parli principali; cosicché, nel timore di cimentarsi ad un esito poco felice, più saggio partilo si stimò il soprassedere su tal progetto, ed, altro far non polendo, contentarsi per quest’anno di presentare al pubblico una delle solile Accademie musicali composte di vari pezzi staccati. Così lo stesso numero di cinque in seicento fra cantori e strumentisti ci fece udire la mattina del 25 giugno (I) la grand’Ovcrlura e l’alto secondo del Guglielmo Teli, poi l’overlura delr.l.ssedio dì Corinto superiormente eseguila, la introduzione dei Caputeti c Montecchi, una cavatina della Semiramide ed il finale dell’atto terzo del nuovo Mosè. I principali cantanti erano le signore Erminia Frczzolini-Poggi e Maria Gazzaniga, ed i signori Antonio Poggi, Andrea Castellali, Achille De Bassini, Leone Pellegrini ed altri. Il generai direttore fu il nostro maestro Pietro Romani, c la grandiosa orchestra seguiva gli ordini del professore Alamanno Biagi. Questo complesso di nomi forma un titolo sufficiente a garantire le mie asserzioni di felice riuscita di quesfullinio nostro Festival. Lw’gi Picchiatili. (<) Vedi i due ultimi Numeri di questa Gazzetta