Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/206

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il Trise ac dici possit ” così prescr dentino sess. xxn in decr. ordinato. Ma se la diffusione di buoni studi mentre in lutti i nostri istituti di musica vi sono scuole di piano-forte, di strumenti ad arco, di strumenti a fiato, in veruno o quasi veruno (per quello che so) si trovi una scuola speciale di organo. La istituzione, adunque, di scuole, indie (piali si insegnasse il retto suono dell organo e vi si esercitasse la gioventù, e urgente bisogno dei nostri tempi, delle circostanze in cui ci troviamo. N’è ciò basterebbe: oltre le scuole, dovrebbero istituirsi anche appositi concorsi e premj d’incoraggimentq per quei giovani che più nei loro studj si fossero distinti, come appunto per rapporto allo studio degli altri strumenti si suol praticare. A questo punto, naturale si fa il passaggio alla seconda classe di rimedj. destinati a prevenire la seconda specie del male: la mancanza, cioè, di religiosa convenienza nel suono dell organo. In falli, la istituzione dei summenlovati concorsi si rilegherebbe naturalmente ad altra, a senso mio, indispensabile istituzione. In ogni diocesi è dovere dei vescovi tra le altre cose invigilare attentamente che nelle chiese a loro soggette nulla si faccia in genere di musica che disdir possa alla sacra maestà della casa di Dio.»» Ab ecclesiis vero musicas eas, ubi sive organo, sire canta, Liscivimi aut impurum alupdd miscelili... accenni (Episcopi), nt domus Dei vere domus orahonis esse videaltir bl.! Il 1 et evitand. eie. Ora non è dubbio che alluso il gran numero delle chiese che adesso posseggono un organo, aitesa la estensione talora stragrande delle diocesi, attesa la quantità delle gravi incombenze che al Vescovo incombono e la qualità stessa della missione di cui si tratta, la quale, mentre per un lato è religiosa, per I altro è artistica del pari, difficilmente possono i vescovi esercitare personalmente e di per sé soli una tal rigorosa vigilanza. Mi parrebbe per ciò ben fatto die a tal uopo si servissero della coopcrazione di una commissione o deputazione composta di persone probe ed esperte delia materia. Ogni volta che questi censori fossero venuti in cognizione che qualche organista tristamente si distingue pel.suo modo di suonare sconvenevole al decoro del tempio, dovrebbero portare la cosa a cognizione del Vescovo, che, fatte quelle verificazioni clic meglio credesse, ammonirebbe ripetutamente il travialo, e se vedesse in fine riuscir vane le sue esortazioni, dovrebbe interdirgli assolutamente di suonar pubblicamente l’organo duranti le sacre funzioni. La stessa deputazione non dovrebbe ristringere le proprie ingerenze a questa vigilanza soltanto, ma, di concerto col vescovo, e previo congruo esame, essa dovrebbe esser quella. da cui dipendesse la concessione ai postulanti del permesso di suonar l organo nelle chiese, o, se cosi vuol dirsi, il grado di organista, senza aver riportato il (piale a veruno dovrebbe esser permesso di aggradire il disimpegno di sì nobili ed importanti funzioni. A chi ben rifletta la istituzione di questo brevetto o diploma di capacità, di questa specie di bacellìerato o dottorato musicale, non dee comparire irragionevole o strana. Aprire e chiuder le porte di chiesa, spazzar questa e pulirla, suonar le campane, aver cura dei libri sacri, leggere al popolo il testo delle epistole e d’altri simili sacri 202 scritti, avvisare chi non intende comnmnicarsi che. ritirandosi dall’altare, dia luogo a chi vuol partecipare dei sacri misterj. versar f acqua al sacerdote che celebra. portare i cerei. accendere e spegnere i lumi, preparare il vino per la celebrazione del sacrificio, ed altre poche faccende consimili, non son certo funzioni tanto importanti da porle al di sopra d’assai del ministero nobilissimo dell organista; eppure la chiesa, perchè taluno abbia diritto di disimpegnarle, ha creduto necessaria la istituzione e concessione di certi gradi che diconsi ordini minori, quali sono quel dell’1 ostiario. del lettore. dell esorcista. dt*IVacolito. che non si conferiscono ai postulanti che previa la prestazione di certe garanzie di moralità e di capacità, o mediante congruo esame, o prevj attestati di persone degne di fede. E che? mentre da un lato la Chiesa, per ispandere il maggior lustro e decoro possibile su tutto ciò attiene ali esercizio del culto, non ha voluto conferire il diritto di esercitare le funzioni in apparenza le più indifferenti che previe certe prudenziali cautele, si dovrebbe credere che, senza garanzia veruna, dovesse esser lecito al primo ignorante cui monti il ticchio di salire sopra una cantoria, mescolare d suo indecoroso suono ai sacri cantici, assumere un ufficio, che, mentre per una parte se è lume esercitato può contribuire potentemente all’edificazione dei fedeli, può dall’altra, se è disimpegnato a rovescio, riescire cagione di tanto scandalo? Ma la chiesa non è stata su questo rapporto tanto neghittosamente iiidilferente, ed il già trascritto precetto del Tridentino chiaro lo mostra. La istituzione, adunque, che ora propongo, anziché essere incongrua o contraria allo spirito della chiesa, è del tutto consentanea ai suoi insegnamenti: è un modo di portare all alto pratico ciò che in maniera indeterminata ed astratta da lungo tempo essa stessa ha la istituzione di una licenza necessaria all’esercizio delle funzioni di organista, se la pratica di una stretta sorveglianza per parte delle commissioni incaricate dai vescovi, posson riuscire rimedj molto efficaci a ricondurre il suono delborgauo a quella grave maestà che sola si conviene alla santità del tempio, ad un’altra misura converrebbe in fine dar mano onde l’effetto fosse sicuro. Misura, che mentre per un lato sarebbe di assoluta utilità per impegnare li artisti a dare opera zelante al loro ufficio, sarebbe dall’altro un provvedimento di rigorosa giustizia. Chi serve all’altare è giusto che abbia da vivere dell’altare: cosi potrebbe dirsi che colui, il quale servendo l’organo serve pure in qualche modo l altare, dovesse dall’organo trarre se non la sussistenza, almeno un decente compenso alle proprie fatiche, una indennizzazione delle spese incorse, del tempo impiegato nel compire il necessario corso di studj. La meschinità degli onorarj che si pagano agli organisti è nota pur troppo, ed ha già dato campo ad altre penne di scrir parole di lamento. «Quand on pense tpie ce phénix (l’organiste) a pour honoraire deux mille francs au plus, on ne doit s’étonner si Ton n’en trouve pas. Il en est sans doute de trop payés à n cinq cent francs j mais quel souffleur même ne inerite pas de quoi vivre??» Così scriveva qualche diecina d’anni or sono il de Momigny nel luogo altra volta citato. Ma cosa avrebbe detto quello scrittore se avesse saputo che i duemila franchi che a lui sembrano insufficienti, parrebbe!’ somma favolosa pei nostri poveri organisti, gli onorari dei quali sogliono generalmente parlando restare a molto e molto al di sotto di quei cinquecento franchi cli’ei cita come mercede condegna appena di un alzatore di mantici? Sg la quotila degli onorarj che in quasi tutte le nostre chiese si pagano agli organisti poteva essere conveniente rimontando alle circostanze economiche dei tempi in cui (pelle paghe furono stabilite, non vi è chi non debba convenire, che, nella variala moderna situazione degli interessi, si sono ridotte ad una incongruità tale, che. se non fosse ingiusta, dirsi potrebbe ridicola. Ed a questa incongruità appunto è duopo porre un riparo, se si vuole, come è di dovere. esigere dairli organisti un adequato e decente servigio. Cosa si può sperare, cosa pretendere, da persone che ragguaghalamente per ogni servigio, spesso non breve, talora assai lungo, vengono a ricevere un compenso di pochi centesimi? (I) So pur troppo che la difficoltà di provvedere il numerario indispensabile a porre in essere la proposta riforma, sarà per l’adozione di essa I ostacolo più forte e spaventoso. So di più che tale ostacolo si farà anche maggiore di fronte alla scarsità di mezzi economici di molte tra le nostre chiese. Se però vi sono delle chiese povere, ve ne ha pure delle ricche. I) altronde so pure che al vero zelo ninna cosa, per ardua che sia, è impossibile: ed una volta che lo zelo del clero, delle autorità, dei buoni tutti, sia rivolto ad ottener questo scopo, non può fallire nel raggiungerlo. E qual meta più bella da proporsi a subietto degli sforzi comuni, che riparare un’ingiustizia, por freno ad un male che si risolve in disdoro dell’arte e della religione in questa nostra patria diletta? (I) A questo proposito si racconta clic un certo prete bizzarro, che era organista in una delle principali nostre chiese collegiale, in uno di quei momenti nei (piali I organo durante il vcspcro si tace, stava pensando alla meschinità dell’onorario che come organista gli era assegnalo. Mentre era assorto in tali non grati riflessi, osservi» che in assenza del solito alzalore dei mantici, il sagrestano aveva incaricato taluno straordinariamente di questo umile ma indispensabile ufficio. h Quanto ti danno per la tua fatica? n all’alzalore domandò l’organista. E quegli» Quattro soldi n.-Suona tu dunque, che per questa volta io preferisco alzare i mantici a. - A che mille negative proteste per parte dell’alzatorc. Ma (anta fu F insistenza dell’organista, che fu giocoforza compiacerlo. Si pose dunque l’alzalore alla tastiera, mentre I’altro si dette ad alzare i mantici. Ma la faccenda non andò per le lunghe di troppo: che i canonici sorpresi e sdegnali per la inattesa infernale cacofonia, mandarono taluno a veder cosa fosse, e ripresero l’organista con grave rampogna. A che per altro placidamente ei rispose: - a Come! fale dar quattro soldi a chi alza i manlici, mentre la paga di me che suono si viene a ridurre a poco più di due soldi per ogni servizio? n Cosa rispondessero i£canoniei, quali conseguenze avesse il bizzarro estro dell’’organista, la storia sventuralaiìienle lo lascia ignorare. L. F. Casamorata.