Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1844.djvu/28

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titolava - iVaore musiche e nuova maniera di scriverle. - Ne si creda che questa nuova maniera di scriver la musica presentata dal Cacciai consistesse nella invenzione di nuovi segni, od in un nuovo semeiografico sistema musicale, lo che tornato sarebbe affatto inopportuno, ma soltanto rcstringeasi ad un più preciso e ragionato uso di quei segni già preesistenti, affine di presentare all’occhio ed alla mente degli esecutori in maniera più chiara le idee musicali del compositore. Varie riforme c cambiamenti il tempo avea già resi necessari nella notazione musicale, c da un secolo si erano ormai abbandonate alcune figure ed altri segni adoperati dagli antichi, nè più portavasi di modi, di tempi, di prelazioni per indicare il relativo valore della durata dei suoni e del movimento della misura. Ma pure in fra le altre cose sempre mancava nello scritto musicale un costante c sicuro indizio del battere e del levare, da cui resta propriamente determinato il carattere dei tempi forti e dei tempi deboli della misura della musica, i quali fissano quella naturai giacitura degli accenti che formano il senso del discorso musicale. Ora in queste arie del JCaccini, come in tulle le altre composizioni pubblicate sotto il titolo di nuove, musiche tanto da lui che dal Peri, da Marco da Gagliano, dall’Allegri e da vari altri, oltre ima più precisa notazione di quella che si fosse solili usare rapporto agli ornamenti ed ai vocalizzi del canto, vi si riscontra Fuso (piasi costante di divider con la stanghetta Funa dall’altra battuta eomcanch’oggi si costuma. E questa innovazione venne senza ostacolo alcuno universalmente ricevuta perchè consentanea essendo ai bisogni delle nuove condizioni dell’arte, comodo ed utile da ognuno si riconobbe, lo che senza tali condizioni non sarebbe avvenuto, come di fatti non avvenne in (pianto alla musica di prima pratica che per qualche tempo ancora si mantenne in uso nella Chiesa, ed ore questa division di battuta non altra ragione ancora a mio parere der prontamente F uso di questa scriver la musica. La stanghetta ignoto ai musicisti, ma solamente venne adottata. Un’contribuì ad e.stennuova maniera di non era un segno in altro senso fino allora crasi adoperato. Questa lineetta perpendicolare da lungo tempo già serviva alla indicazione dei riposi della voce nel canto, di maniera che tutte le note rinchiuse fra due, stanghette presentarono ciò che gli antichi chiamarono un Ncuma, vale a dire un fiato, ossia tutte quelle note che posson cantarsi di seguito senza bisogno di respirazione, come tuttora nella notazione del Cantofermo si vede praticato. Laonde non altra innovazione faccasi che quella di convertir questo segno di disgiunzione in un segno di unione e di collegazionc fra la battuta che finisce c quella mediatamente ne succede. Riguardata astrattamente sembrerà forse che imlieve momento ver la musica, nel riscontrare gono dei secoli questa vantata nuova maniera cosa di di serima nel percorrer l’istoria dell’arte, e le musicali produzioni che ci riman® andati, quando vi si ponga mente, sarà facile accorgersi che soltanto per piccoli cambiamenti di tal sorta la semeiografia della musica, partendosi dalle semplici lettere di Boezio o di s. Gregorio, si ridusse al grado al quale oggi la vediam giunta, progredendo per sempre in ragione diretta di quei bisogni a cui ella dovea soddisfare a seconda dei progressi e dei nuovi sviluppamenti dell’arte. E siccome mai non avviene che ogni nuovo stalo dell’arte di tanto si discosti dal precedente da far sì che il nuovo non coincida in molte parti col vecchio, così non potrà mai avvenire che quei segni che per universal convenzione di tutti i popoli inciviliti sono orinai per lunga consuetudine stati adottati per scriver la musica, possano andar soggetti ad un totale istantaneo ed assoluto cambiamento di figura o di significato, perchè a mantenersi vivi nella generai convenzione non può essergli altrimenti concesso che il variare nel senso istcsso del variar delle condizioni dell’arte con la quale sono intimamente connessi. Per tali cause tutti coloro che senza ingenti necessità proposero nuovi segni, o l’ingegno aguzzarono per inventar di pianta delle nuove seniciografìc musicali, fallirono sempre nei loro progetti, ed inutilmente perdettero l’opera ed il tempo. Luigi Picchiatili. ir barbieri: ri sivigeia A PARIGI La France musicale, dopo aver dato infiniti elogi all’esecuzione di quest’opera, precipuamente a Ronconi che sostenne la parie di Figaro, così si esprime, riguardo allo sparlilo medesimo. ii Qual prodigio si è questo Barbiere! (pianto spirito, (pianta gajezza! (pianta grazia, quante attrattive, quanto calorel qual ricchezza d’immaginazione.! qual torrente di motivi! Queste meravigliose melodie sono da venti anni nella memoria di lutti, nè si può parlarne ornai più senza ripetere quello che già tulli ne han proferito. Ma questa vittoria, la più compirla, la più trionfante, di (piante uno.spartito ne abbia mai riportalo, non fu ottenuta senza combattimenti. Sono già veni’anni, un poeta scriveva a Rossini: Je le sais, ta gioire indiscrete A blessé quelques yeux de sa vive clarté;.lu bruit de tes accords le pédant irrité Secoue, en murmurant, sa froide cl lourde tête. E fu appunto all’apparizione del Barbiere di Siviglia che i pedanti aveano scosso la lesta ed aveano mormorato, e nulla avvi di più curioso che leggere i conti rendati dalle stampe a quell’epoca. Imprendere un soggetto di già trattato non è straordinaria cosa in Balia. Ciò è ammesso. Ma, in Francia, parve mostruoso, ed i critici del 1819 pensarono molto meno ad istudiare la partitura di Rossini, che a manifestare F indignazione che loro ispirava la sua oltracotanza. Prendere a Paesicllo il suo suggello! era cosa intollerabile e dispensava da ogni esame. a Diceva il Journal de Paris: n Più fida dell’Italia alle sue vecchie ammirazioni, si può già, dietro buffetto di questa prima rappresentazione, assicurare che la Francia non porrà, come il fa, dieesi, la prima, i due Barbieri nel medesimo rango, e la soave melodia del capo d’opera di Paesello sarà presso di noi molto al di sopra del brillante del signor Rossini, di ciò che potrebbe chiamarsi i concetti della musica italiana del giorno, u Si vede che il critico del Journal de Paris riguarda come una grossolana malizia di dire il signor Rossini, in luogo di Monsieur Rossini. Ei vi ritorna sopra in vari luoghi. e La memoria d’un’ammirabile opera non deve però renderci ingiusti verso un’altra che offre delle belle parli, e che può variare, dilettosamente. il repertorio del nostro teatro Italiano. E d’uopo sapersi che il signor Rossini, volendo schivare egli stesso alcuni pericoli di confronto, non ha composto lo spartito sulla poesia che aveva ricevuto il suggello dal genio di Paisiello. Con tratto di fina modestia, ha soppresso eziandio, sullo schizzo comandato al suo solito poeta, la romanza sì cognita: Io son Lindoro, sulla quale il gran compositore che. lo avea preceduto, ha formato un canto sì puro, sì grazioso. Bisogna contare questa soppressione nel numero delle felici ispirazioni di Rossini, ti Rossini non aveva alcun titolo a quest’elogio impertinente. La romanza esiste: è noto con (piai perfezione la cantasse Rubini, c (piai grazia vi ponga anche oggidì Mario. Ma Garcia, nel 1819, avea maio a proposito di sopprimerla, senza dubbio non urtare troppo apertamente le memorie di signori. Il critico soggiunge: a Poche delle sue arie, è d’uopo confessarlo, stipe!’ que’ mcritano un simile elogio. Le due. cavatine di Figaro e di Rosina non hanno, ciascuna nel suo genere, un carattere ben determinato. L’aria di Bartolo è mollo insignificante, e il musicante avrebbe potalo trarre un miglior partilo da quell’aria della calunnia.... L’introduzione apparve incerta e senza colorilo, ed il finale, bello del rimanente, finisce con uno strepito che, in coscienza, passa lutti i limili prescritti ai nostri moderni vacarmini. «La Gazette de France non ne parla sì a lungo. Ecco il suo giudizio in extenso. Il capo d’opera di Rossini non gli parve meritare di più. a Una sinfonia originale, un duetto mollo grazioso ed un finale a gran fracasso, meritarono accoglimento all’atto primo. Il secondo avea mente disposto F uditorio a gustare il dolce d’ima placida notte.» La Quotidienne ne dice meno ancora. un buon pcrfctlalanguore u La generale aspettazione non fu perfeltamenlc soddisfatta. Il secondo allo è presso a poco nullo, ed il primo non fu trovato forte abbastanza da far dimenticare la musica di Paesicllo. Mais le public a été agréablement surpris de voir paraître madame la duchesse de Berry dans sa loge.» L’apparizione della duchessa di Berry, ceco (pianto la Quotidienne ha veduto di più rimarchevole nello sparlilo del Barbiere. La Quotidienne era, a quell’epoca, il giornale monarchico per eccellenza. Il Journal des débats è più esplicito. Esso consacra alla nuov’opera sei colonne d’appendice. Ma bisogna vedere con qual’aria superba sgrida il giovine temerario che ha osato attaccarsi ad un simile soggetto! a II rispetto che noi abbiamo per le. opere dei grandi maestri ha abbandonato ad un ridicolo incancellabile quelli che hanno osato di rifarle. Allorché il signor Dorai Cubieres Palmczeaux volle spezzare la Fedra di Racine per gettarla in una nuova forma di sua invenzione, tutti si burlarono di lui comme d’un fondeur de cloches... ce.» Ecco un bel giudizio, e tale è la sorte riserbata a Rossini: si burleranno di lui comme d’un fondeur de cloches.... a Rossini, continua il predecessore del signor Dclecluze, ha schivato d’incontrarsi con Paesicllo, c questa condotta è prudente, imperciocché tuli le volle ch’ebbe luogo questo incontro, Paesicllo è rimasto padrone del campo di battaglia. La sinfonia non ha nulla di comune con l’antica.... n (singolare rimarco!) a La romanza è soppressa; c’est un accompagnement de guitarre d’un effet très piquant qui la remplace, a Apparentemente, questo accompagnamento di chitarra non accompagna nulla, n All’ammirabile terzetto che terminava la scena del soldato, Rossini ha sostituito un finale d’un armonia dotta e forte, che rammenta spesso il finale delle Nozze di Figaro.... a (dove diavolo il critico era andato a cercarla?) u ma che. non compenserà mai i conoscitori del terzetto di Paesicllo, uno de’ pezzi più deliziosi della musica italiana. a u La cavatina di Figaro, cantala da Pellegrini, è d’ima fattura troppo stentata, troppo tormentata; e Faria di Basilio, La calunnia è un venticello non può sostenere il confronto colla stessa aria di Paesicllo... a Ecco come i giornali realisti del tempo giudicarono il Barbiere di Siviglia. In quanto ai giornali liberali, essi non ne parlarono affatto; a meno, forse, della Minerea.... Confessiamo di nou aver letto la Minerva. Ma il Constitutionnel c V bulipendent guardano un superbo silenzio. Trovasi solamente nel Constitutionnel, un mese dopo, all’epoca della ricomparsa del Barbiere di Paesicllo, che cadde, come ognun sa, le tre linee che seguono: n Gli stessi avvocati, cioè gli stessi attori hanno lamentalo o cantalo per le due parti. Alcuni italiani hanno lasciato la causa indecisa, ma gli amatori e gli artisti F han data vinta a Paesicllo.» L’Indipendant dice, in altri termini, presso a poco la medesima cosa. In lutti gli organi della stampa, uno non ve n’ebbe che riconoscesse l’opera del genio, neppur uno che dubitasse nemmeno che il signor Rossini, come dicevano i maligni d’allora, potesse essere un uomo di talento più che ordinario. Certo, si trova in questo un mezzo d’insegnare la circospezione e la modestia a tulli i critici presenti e futuri. G. /lequel.