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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO |
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soltanto bella, chè a far cose belle non è difficile se si hanno
denari, ma è anche appropriata. Quegli egiziani, quei spaglinoli,
quei zingari, sono veri egiziani, veri spagnuoli, veri zingari; i
luoghi hanno il colorito delle persone e le persone il colorito dei
luoghi; vi è un impasto sicuro; non vi sono le deformità di concetto
e le sconciature che tradiscono l’ignoranza; uno studio non
faticoso ha presieduto a tutto, ha disposto tutto. Peccato che il
Monplaisir, che in questo suo lavoro ha posto una scienza coreografica
preziosissima raccolta da quel libro non ingannevole
che è la natura, abbia inciampato dove il più meschino dei
suoi colleglli avrebbe trovato il trionfo. Tre ballabili di effetto,
e le Figlie di Chèope.erano sane e salve ancor oggi, mentre
invece sono morte e seppellite senza speranza di risurrezione..
Non voglio tralasciare di dire che anche da questo lato il
Monplaisir aveva avuto ispirazioni buone; le danze delle Iridi e
le altre del tappeto avevano qualche pregio di novità e non mancavano
di buon gusto, ma le prime offrirono il ridevole spettacolo
della luce elettrica che correva all’impazzata per il palcoscenico
disperando d’incontrarsi colle ballerine, e l’altro fu in parte
danneggiato dall’esecuzione.
Tutto sommato, lo ripeto, fu un fiasco. La sola per cui questo
ingrato recipiente si trasformasse in un trionfo fu la prima
mima signora Silene Righi, nella quale il pubblico e la critica
videro molto volentieri l’anima di un’artista e il corpo di una
bella donna.
La musica del Dall’Argine che accompagnava tutta questa
immobilità coreografica in otto quadri, conteneva ad ora ad ora
alcuni bei momenti, ma ne aveva anche ad ora ad ora degli
atroci. Levati gli uni e gli altri rimaneva il solito lungo beverone
di musica coreografica.
In teatro bisogna sempre essere preparati a vedere smentiti
i pronostici. Dopo il successo o. per dir meglio, il fiasco delT
Ebrea, si temeva assai che il Rigoletlo, opera udita le mille
volte, non potesse reggersi sulle scene dell’Apollo. Invece ha
rialzato almeno per qualche sera le sorti del teatro. Chi fu il
Santo che operò il miracolo? In primo luogo la musica di quest’opera che, venuta dopo quella pregevolissima alquanto soporifera
dell’Halevy, ha ravvivato gli spettatori; e quindi la signora
Vitali ch’ebbe un successo da far epoca negli annali del
nostro Tordinona. E poi si dica che a Roma il pubblico vuole
gli urli e le voci fenomenali? Niente di tutto ciò. La Vitali ha
una vocina poco potente quantunque estesissima, ma dolce, intonata,
simpatica oltre ogni dire. Aggiungete un metodo di canto
irreprensibile, un accento drammatico lontano cosi dalla freddezza
come dall’esagerazione, e vi renderete ragione del fascino
che questa egregia cantante ha esercitato sul pubblico. Fin dalle
prime note s’è capito che s’aveva da fare con una prima donna
distintissima, e gli applausi andarono crescendo sino alla fine
dell’opera.
Tuttavia non consiglierei alla signora Vitali di slanciarsi nelle
opere che richiedono vigore di voce. Il Rigoletlo segna l’ultimo
limite della musica drammatica a cui può giungere. Il repertorio
buffo, qualche opera in cui la passione non vada espressa
con mezzi violenti, ecco il campo in cui questa egregia prima
donna può andar certa di mietere allori. Jacovacci, se avesse
buon naso, dovrebbe riprodurre la Dinorah che altra volta a
Roma fece cattiva prova, ma che con la Vitali otterrebbe un
trionfo.
Il tenore Augusti, marito di questa incomparabile Gilda, è
anch’egli un artista che ha dinanzi a’sè un bell’avvenire; sopraffatto,
iersera, dal timor panico, da principio tenne il pubblico
alquanto incerto sul conto suo. Ma non tardò a riprender
coraggio, e nell’ultimo atto ’ ebbe momenti felicissimi. Sale con
facilità fino al si bemolle; le note acute, però, sono artefatte,
vale a dire che egli seppe formarsele a forza di studio, di esercizi
e di pazienza. Alla sua voce conviene avvezzarsi, ma, in
fondo, non è ingrata. — L’Augusti è artista intelligente, buon
musicista, e dà prove di non comune talento. — Per conto mio
lo preferisco a molti altri tenori di primo ordine.
Il baritono del Puente ebbe il merito di tenersi a non grande
distanza da questi due cantanti. Non vi dirò che sia un Ronconi
od un Cotogni, ma certamente non guasta il complesso dello
spettacolo. Altrettanto dicasi del basso Raguer, e della signora
Rossi contralto.
Abbiamo dunque un Rigoletlo lodevolmente eseguito e del quale
i frequentatori del Tordinona si mostrano soddisfattissimi.
Il ballo la Dea dal Valhalla ha fatto un capitombolo. È posto
in iscena con sfarzo, ma in complesso annoia, ed il pubblico
trova che l’impresario poteva spender meglio i suoi quattrini.
Non mancò qualche applauso alla ballerina signora Trevisan,
ed al ballerino signor Cecchetti, anzi più al secondo che alla
prima; il rimanente fu disapprovato o passò in silenzio. La seconda
rappresentazione del Rigoletto e del ballo ha confermato
i giudizi! della prima sera; soltanto aggiungerò che l’entusiasmo
per la Vitali andò crescendo; essa sarà la great attraction della
presente stagione.
Al Capranica si tentò di mettere in scena la Nina pazza del
Coppola, e fu, come si prevedeva, un tentativo infelice. Opera
tutta d’imitazione, la Nina pazza non può sfidare le ingiurie
’del tempo. — Essa pare più antica delle opere di Cimarosa,
perchè non ne possiede l’originalità. Dopo due sole rappresentazioni
di questo spartito, si ritornò al Barbiere eli Siviglia e alle
Educande di Sorrento, sempre.campo di frenetici applausi alla
simpatica d’Alberti.
Di questi giorni abbiamo pure avuta l’apertura del nuovo
Teatro Quirino, un guscio di castagna dedicato all’Opéra buffa.
D biglietto d’ingresso con sedia fissa (!!) non costa che otto soldi.
Si danno ogni sera due rappresentazioni, la prima alle 6, la seconda
alle nove, con due opere diverse, le Precauzioni e il Don
Checco. Non vi riferisco i nomi degli artisti, perchè sono affatto
ignoti nella Repubblica musicale. — Vi dirò soltanto che di uno
spettacolo di questa fatta non si ha idea che a Roma e... al Teatro
Quirino. Il pubblico dimenticò gli otto soldi pagati alla porta e
fischiò come se avesse pagato otto lire!
Gli altri teatri camminano colle gruccie, ad eccezione del Metastasio
dove Pulcinella fa ottimi affari. Ma al Valle il pubblico
è scarso, quantunque vi reciti Tomaso Salvini; TArgentina è
vuota aneli’essa; il hallo il Profeta non piace; e la compagnia
Peracchi si trova spostata in quella vastissima sala. - La famiglia
Grégoire ha piantato il suo teatrino nell’Arena Corea, ed
ha il suo pubblico speciale, che però qui a Roma non è numeroso
come altrove. Quanto a me, a parte l’avversione che ho
sempre sentita per le operette di questo genere, confesso che le
parodie francesi, quando penso alle sventure della Francia, mi
muovono a pietà. Mi par di vedere un ebbro che si offra n spettacolo
al volgo. È questo un sentimento che molti altri provano
al pari di me, ed ecco la ragione per cui il Petit Faust del 1872,
pare molto diverso da quello del 1870.
In complesso abbiamo una stagione teatrale molto fiacca, nè
vi è speranza che si faccia più brillante in seguito. Roma, da
alcuni mesi, è piena di vita, ma i teatri non hanno ricevuto alcun
vantaggio dal nuovo ordine di cose. E pur giusto il dire che
non abbiamo uno spettacolo il quale solletichi veramente la curiosità
del pubblico. Le dolci serate invitano piuttosto a passeggiare
sul Corso che a rinchiudersi in qualcuno dei cesi detti
santuari dell’arte.
Nella sala Dante sono incominciati i concerti che lo Sgambati
ed il Pinelli offrono ai dilettanti di musica classica. Le Sgambati
in una sua lettera recentemente pubblicata nei giornali, si
lagna che a questi concerti intervengano soltanto i forestieri
e non i romani o, per meglio, dire gli italiani. Non so dargli
torto, e, per questo riguardo, Firenze è molto più innanzi di
Roma. Anche l’Accademia Filarmonica dà segni di vita. Ogni
anno vi si suol eseguire qualche gran lavoro, e quest’anno fu
prescelta la Norma, della quale credo che siano già incominciate
le prove. L’Accademia Filarmonica dovrebbe eseguire quei
lavori musicali che difficilmente si possono udire in teatro. A
che riprodurre la Norma che gli impresari mettono continuamente
in scena? Perciò questa scelta è generalmente biasimata.
Mi viene assicurato che i cori della Filarmonica sono veramente
ottimi. Conveniva dunque eseguire qualche lavoro appoggiato
principalmente alle masse.
yt...