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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 3

GAZZETTA MUSICALE DI MILANO la musica nella natura - La natura nella musica - Musica delle sfere - Musica del Sole - Musica aerea - Musica degli alberi - Musica del telegrafo elettrico - Eco - Musica delle acque - Musica delle grotte - Musica delle pietre - Musica degli animali - degli uccelli - degli insetti - dei pesci - Il grido delV uomo e dei quadrupedi - Musica auto fona {fìsica e chimica) - Musica soprannaturale e mitologica - Musica spiritica. Mancano: la musica dei vulcani, la musica dei ghiacciai, la musica delle ferrovie e la musica sottomarina e poi ei saranno tutte le musiche... fuorché quella del giorno del giudizio. Il nostro amico Alessandro Poss sarà" assai stupito di vedere il suo nome nella Rubrica amena; ma egli sarà ancora più stupito di vedersi paragonato a Liszt e a Biilow, e siccome è modestissimo e sempre pieno di spirito, anche quando dice le sue orazioni a Beethoven, così sarà il primo a riderne. Ecco ciò che si scrive da Milano, in data del 22 corr., ad un giornale di Vienna: «La musica istrumentale dei grandi maestri tedeschi guadagna giornalmente più terreno in Italia, e le opere di Beethoven, Schumann, Weber e Mendelssohn, una volta designate come Musica filosofica o perfino come Musica barbara, formano oggidì, cqjine in Germania, il midollo di tutti i programmi dei concerti. Il circolo degli interessati in questo genere serio è ancora relativamente limitato, ma da alcuni anni aumenta in maniera eminentemente rallegrante; e quei concerti in cui venivano ammannite interminabili fantasie sopra favoriti motivi di opere favorite, ed in cui si era costretti di rimasticare a pranzo ciò di cui erasi satollati a sazietà la sera precedente al teatro, quei concerti, grazie a Dio, sono, anche in Italia, un punto fisso superato. «Il merito di questo progresso devesi a Biilow in Firenze, a Franz Liszt a Borna, è qui a Milano al dilettante Alessandro Poss noto anche nelle sfere musicali viennesi, il quale proteggendo e promovendo generosamente tutti gli artisti tedeschi che vengono in Italia, si è generalmente acquistato un merito non mai abbastanza encomiato riguardo alla musica tedesca ed ai suoi giovani cultori.» Come si scrive la storia contemporanea; è il Guide Musical che parla: «La prima rappresentazione del Lohengrin al Pagliano di Firenze ottenne un successo splendidissimo (!) L’opposizione non aveva per rappresentanti che due (dico due!!’) fischiatori collocati nel Paradiso (se li avesse dovuti collocare il Guide, li avrebbe messi nell’inferno), i quali furono cacciati alla fine del primo atto per domanda generale del pubblico (!!!). L’opera proseguì in mezzo ad un entusiasmo del tutto italiano (!!!!) L’introito si elevò a 22 mila lire». Il Direttore del Guide tace modestamente che egli ha aggiunto di sua saccoccia la bagattella di sei o sette mila lire! Beato Scalaberni! È lo stesso giornale che dà la notizia (udite, udite) che alla Scala si vogliono dare parecchie rappresentazioni del Lohengrin colla compagnia, le decorazioni e i costumi di Bologna! 0 si è o non si è... bene informati!


Sabato, 6 gennaio. La febbre degli spettacoli nuovi è cessata, ed è quasi meglio che sia cosi; per poco che si fosse continuato nel sistema pletorico del Santo Stefano, non vi sarebbe stato un solo cronista valido in tutta Milano, e la rivista dei teatri avrebbe dovuto essere affidata esclusivamente a Sant’Antonio. Passatala febbre e il delirio, abbiamo avuto l’accasciamento, in linguaggio tecnico il riposo. La Scala riposò per preparare il Giuramento; il Carcano riposò per seminare nuovi allori, il Milanese riposò per ricucinare quell’olla podrida che s’intitola Ghe ri è per luce, non rimasero che Scalvini, la compagnia Bellotti-Bon e la compagnia.Salvini, e questi tirarono diritto di trionfo in trionfo senza nemmeno arrestarsi a prender fiato. Nissuno per altro pensò a dare una novità che servisse bene o male di pretesto ai cronisti per scrivere la cronaca. Ho detto che la Scala riposò per preparare il Giuramento; ma ei è anche un’altra ragione meno piacevole e che pure convien dire; ed è il bisogno di medicare le aspre ferite d’un primo fiasco. Parlo delle Figlie di Chèope, del coreografo Monplaisir, che apparvero un paio di sere sul palcoscenico della Scala, vi fecero le loro peregrinazioni dalla Spagna in Egitto, e giunsero dopo mille stenti alla piramide, che doveva essere secondo il programma lirico, l’immagine della piccolezza del compassionevole genere umano e non fu che l’immagine in grandezza naturale delle dimensioni del fiasco del compassionevole coreografo. Insistere sopra questa caduta e dirne ad una ad una tutte le cause che vi concorsero, più o meno efficacemente (e furono parecchie) è cosa poco caritatévole non solo, ma inutile, ora che è annunziata la prossima riproduzione del ballo di Rota Velleda. Accennerò quelle che mi paiono più importanti. E sono prima di tutto la mancanza d’una ballerina di rango francese capace di conquistare alla prima la studiosa gioventù e l’eroica guarigione, e poi la mancanza di buoni ballabili. Del resto di scene mimiche ben condotte e non prive di un certo interesse non ne mancano, di effetti di luce elettrica ei è piuttosto abbondanza che insufficienza, di quadri plastici poi ce n’ha a tutti i momenti. Giova anche avvertire che si vede in questo lavoro di Monplaisir uno studio di ricondurre l’arte coreografica alle sue forme più semplici; ma anche qui la riforma,è troppo cruda, dalla baraonda scapigliata del Flik e Flok alle grazie serene di queste Figlie di Chèope ei è proprio tutto il deserto di.mezzo; per poco che si faccia ancora e quelle cento ballerine, che ieri appena giocavano a inseguirsi sul palcoscenico, finiranno per ballare senza muoversi. Io non dico che anche questo non sia un progresso; (se ne vedono tante al dì d’oggi) ma credo fermamente che le masse sono per natura caparbie, e che un Lutero che sappia il fatto suo non deve mettersi in capo di far la riforma tutta d’un pezzo. Ci è un ballabile in cui tutte le ballerine alzano una gamba; manco male, è già qualche cosa; ma in un altro non alzano più che le braccia; ed incomincia ad esser poco; in un terzo si accontentano di muovere il capo - e allora non è più niente. Non bisognava viziarlo prima il pubblico perchè si accontentasse di un quadro plastico. Se egli sa che voi disponete di cento ballerine, egli vuole cento ballerine che facciano sfoggio... di tutte le risorse del loro talento. La parte decorativa - scene e costumi - fu indovinata. Non è