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GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO 11 Ma siccome intendo che i lettori della Gazzetta Musicale sappiano bene con chi avranno a che fare (questo lo dico, nel supposto che non mi mandiate le dimissioni) cosi dichiaro esplicitamente e formalmente che sono un lohengrinista, e un lohengrinista persuasissimo e convintissimo. — E detto questo e aggiunto che sono pronto a darvi maggiori spiegazioni se occorressero, passo senz’altro al vero oggetto di questa mia: a parlarvi cioè de’ nostri teatri musicali. Come quasi da per tutto, anche a Firenze, le cose de’teatri melodrammatici procedono zoppe e melanconiche. Alla Pergola, dopo il Guarany che ebbe un buon numero di rappresentazioni, s’è dato il Ruy Blas e fu, per dirla tal quale, un vero e proprio sagrifizio. — Fatta eccezione dell’ultimo duetto che s’è applaudito e dal quale, tanto per non perdere l’abitudine, s’è voluto il bis, in tutto il rimanente dell’opera l’esecuzione, cosi delle prime e delle assolute come delle seconde parti, così dei coristi come dell’orchestra, si barcamenò sempre fra il mediocre e il cattivo. — Insieme col Ruy Blas s’è dato il nuovo ballo del Borri: Tenebre e luce; un ballo, tutto sommato, che non annoia più di un altro; che desta qui e là qualche applauso e che è nuovo — come sarà nuova la luna del mese prossimo. La signora Beretta (celebrità danzante) vi si adopera intorno, non è a dire, con la migliore volontà di questo mondo, e di salti, di volate, di capriole e di giravolte non ne fa risparmio; ma ciò non ostante l’esito del ballo si mantiene freddo e fra la luce e le tenebre appunto. Al Ruy Blas succedette la Sonnambula; e anco qui, se la prendiamo nell’insieme, un’esecuzione tirata via, abborracciata, negligentissima: senza fine le note nè in riga nè in spazio: senza fine gli ondeggiamenti del tempo fra l’orchestra e il palco scenico. De’cantanti, un solo che veramente meriti lode; — la signora Emma Albani, giovinétta americana che è dotata di una voce di soprano, bella, estesa, intonata, sicurissima, e che canta bene e che canterebbe addirittura benissimo, se badasse a correggersi del difetto di allargare il tempo e in modo talvolta incomportabile; e se imbrigliasse la smania delle rifioriture e delle note picchettate. Che si canzona! le rifioriture persino nell’andante: Ah! non credea mirarti, dove le note del Bellini sono gemme e, me dio ancora che gemme, lagrime! In ogni modo la signora Albani è applaudita e deve replicare tutte le sere la baletta Ah! non giunge uman pensiero. JB. 12 gennaio. Ieri sera, giovedì, si ebbe alla Pergola la prima rappresentazione del Bravo. — Scarsi gli uditori; — scarsissimi gli applausi, e ancora più scarsi degli applausi — i meriti. — Non più udita da molti anni, la bella musica del Mercadante avrebbe avuto uno splendido esito; così argomento dall’effetto di alcuni pezzi e dall’attenzione con che il pubblico l’ha seguita; mentre l’attenzione era quasi sempre una tortura per le orecchie. Chi canta stona, — non è chi non lo sappia, segnatamente a’giorni nostri. Ma una cosa è dire acqua, e un’altra è dire alluvione, o inondazione o diluvio. E ieri sera alla Pergola c’era chi il diluvio voleva farlo di riffa. Insomma, come ho detto da principio, si zoppica alla maledetta, e se s’arriverà alla fine della stagione senza grossi scandali e senza tragedie, l’impresa dovrà attaccare un voto a S. Cecilia, con sotto le canoniche iniziali: P. G. R. — Ora si mette mano al Conte Ory, — e speriam bene. Se il Montanaro è ancora quel cantante che era tre anni sono, e se la signora Albani non rallenta e non rifiorisce troppo, il Conte Ory può essere per la Pergola una buona occhiata di sole. g Toi-iiio, 10 gennaio. Le comico-fantastiche avventure di Flik e Flok esposte con coreografica valentia del Taglioni e riprodotte dal Marzagora, sempre’con musica di Hertel, collo sfarzo d’una messa in scena inusitata al nostro Regio teatro, avevano già dissipato le nubi che s’erano addensate a danno della nuova impresa, quando appena due sere dopo è comparso l’arco baleno della diva Galletti; ora il nostro spettacolo è il migliore ed il più compiuto fra tutti quelli dei varii teatri di primo ordine della Penisola. Nè ei voleva meno d’uno spettacolo così superbamente riescito per disperdere i mal’umori, le critiche, le diffidenze, le rimostranze contro l’impresa Corti, e persuadersi che è un’impresa seria, esperimentata e solerte. Un tenore raffreddato, o altrimenti indisposto, una ballerina che non vada a genio dell’universale, uno spartito che non incontri il pieno favore del pubblico non vogliono attribuirsi a grettezza o ad imperizia d’una impresa resasi concessionaria del teatro in stagione troppo avanzata ed in un tempo in cui i buoni artisti si vanno facendo estremamente rari e carestiosi. È inutile descrivere il ballo del Taglioni; chi l’ha visto sa che cosa è, chi non l’ha visto non se ne può formare un’idea alcuna per quante parole si possano adoperare a darne anche solo un sunto. E poi c’è il vestiario, c’è la luce elettrica, vi sono i gruppi plastici, vi sono i ballabili, vi sono i primi ballerini di rango francese, tutta roba che bisogna vedere, e finalmente vi è la musica, che essendo stampata si può leggere, ma certo non sentirne i magnifici effetti se non da una buona orchestra come la nostra. E a proposito di questo bellissimo lavoro dell’Hertel è singolare che questo maestro, tedesco di scuola e di studio, come lo dimostra nello strumentale, abbia scritto italianamente, quanto alla forma ed alla freschezza dei motivi, sempre appropriati, sempre caratteristici, sempre accarezzanti, cominciando dalla danza dei Gnomi andando fino alla famosa bersaglierà divenuta da gran tempo presso di noi affatto popolare. Nè credo andar lontano dal vero asseverando che buona parte del successo di questa immaginosa composizione coreografica sia dovuta alla musica dell’Hertel, poiché mentre si presenta lavorata da provetto maestro, ha tutta l’avvenenza d’una fantasia serena, gaia e direi quasi pudicamente riservata. Tutto questo pertanto è bello ed è buono, piace e frutta apapplausi; ma quello che è veramente sublime, eccèllente è la Galletti, il cui merito superiore alla sua fama va di sera in sera grandeggiando, sì che T entusiasmo cresce e la sua comparsa a queste Regie scene nella Favorita segna un avvenimento, di cui durerà a lungo l’impressione e la memoria. Questa illustre artista melodrammatica non somiglia a nessuna delle più celebri che T hanno fra noi preceduta, e nessuno fra i più vecchi frequentatori di teatrali spettacoli ricorda chi al pari di lei abbia saputo destare tanta ammirazione, avvivare duraturo un tanto entusiasmo. E fra le pregiate qualità di questa valentissima attricecantante spicca pur quella d’essere sobria di fioriture, avara nelle cadenze, schiva di tutti quegli effetti esagerati di canto, che servono tanto bene a conquidere ed elettrizzare le moltitudini, a segno tale che taluno alla prima sera e nel primo atto dell’opera ebbe ad accusarla di freddezza e d’indifferenza. Ma no, non è niente di questo, è coscienza d’artista che avendo mezzi veri, gagliardi, naturali, efficaci di sentimento squisito, accento delicato, espressione altamente drammatica rifugge dagli artifizii, dalle apparenze; così nella cavatina, nel finale del 3 0 atto e in quella gran scena e duetto finale dell’opera tutta rifulge di melodrammatica sublimità, sia che pianga e preghi, sia che dal perdono redenta s’abbandoni alla più viva espansione di gioia, sia che vinta dalla piena degli affetti miseramente soggiaccia al fato estremo. Ottimi compagni alla Galletti sono il Vicentelli, specialmente applaudito nella famosa romanza dell’atto 4.9, il baritono Burgio, che con grand’arte di canto corregge l’asprezza della voce, ed il basso Barberata, giovane destinato a bellissima carriera. Egregiamente i cori e l’orchestra, bellissime le tele, splendido il vestiario, con cui si completa in ogni sua parte il magnifico spettacolo. Sabato sera avremo di nuovo il Roberto il Diavolo per intiero, avendo accettato il Vicentelli la parte del protagonista, per la quale un altro tenore scritturato appositamente fu protestato alla prima prova. Per terz’opera si sta concertando il Nabucco, affidando la parte del tenore al Manfredi e così dando modo di riposare anche al Vicentelli. In seguito si produrrà la promessa opera nuova La colpa del Cuore del maestro Cortesi, il quale è già qui per assistere alle prove della relativa messa di scena. Esito fortunatissimo ha avuto al Balbo l’opera buffa Crispino e la Comare, che l’impresa con ottimo pensiero ha mandato in scena in luogo della Lucrezia Borgia. Allo Scribe questa sera si riproduce il Petit Faust, graziosissima musica di Hervé. Al Rossini la Compagnia piemontese, diretta dal Milone, ha messo fuori un altro vaudeville, parole del detto Milone, musica del Casiraghi: le prime accennano a qualche miglioramento nell’autore,, l’altra è sempre la stessa, e quantunque due pezzi abbiano l’onore della replica, non c’è niente di particolare. Il freddo siberiano per cui il termometro ha segnato per più giorni di seguito dai 13 ai 14 gradi sotto zero, ha fatto ricomparire l’appendicista musicale della Gazzetta Piemontese, un frutto sui generis della stagione, il quale dopo aver detto che il Roberto il Diavolo è un’opera buffa, s’è dato ad incensare e portare alle stelle il Lohengrin e tutta la musica ed il sistema di Wagner, come se.il giudizio generale della stampa e degli intelligenti d’ogni paese e di qui non fosse stato unanime nel condannare in tutto e per tutto le riforme del germanico compositore. Poveretto, egli è da compatire! aveva bisogno di far sapere ch’egli era stato a Bologna ed ha preso l’occasione favorevole della Galletti per parlare di Wagner... e tutti l’hanno capito. -G tM.