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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 417 A misura che procedesi innanzi nelle rappresentazioni del Don Carlo, il nostro pubblico, che non manca di quella buona educazione musicale che può facilmente discernere l’ottimo dal non buono, il giusto dal falso, ne gusta maggiormente tutte le bellezze, fino le più riposte, e vorrebbe ancora testimoniare all’insigne maestro coi suoi plausi, e le molte chiamate, il pieno gradimento. Intanto il maestro Verdi dopo la terza rappresentazione, mai non recossi al teatro, ciò non ostante domenica scorsa, quinta recita della stagione, il pubblico chiamava ancora al proscenio il maestro, ma ebbe un bell’attendere, che l’illustre autore del Don Carlo, stava al teatro dei Fiorentini in un palchetto di second’ordine e udiva la recita del Rabagas. Vi discorsi già dell’ottima esecuzione, ma debbo ancora aggiungere a tutta lode de’valenti nostri professori e de’coristi, che forse mai una nuova opera ottenne sulle massime nostre scene tanta finitezza di colorito, tanta vivacità e coscienza di esecuzione. Ad ogni nuova recita i cori e l’orchestra sono parzialmente rimeritati di applauso. Convienmi dire ancor questa volta che tra le prime parti i maggiori onori toccano sempre alla Stolz, i cui eletti modi di canto onde governa la potente sua voce e il bellissimo sceneggiare le procacciano il pubblico favore in tutta la sua parte. Cosi pure ammirasi la grata e robusta voce del tenore Patierno. sempre ugualmente encomiato; il Collini fin dalla prima sera fu giudicato esperto cantante, ora, meglio rinfrancato, sa atteggiarsi a maggiore espressione e più forte sentire e per esso il pubblico gradimento è cresciuto a mille doppi. La Waldmann esegui tutta la sua parte sempre con anima, gusto, eleganza e precisione. Il Miller è stato ogni volta applaudito, la d’Aponte, il Cesarò e il d’Ottavi disimpegnaronsi pur bene. Costantino Palumbo dette un concerto il 30 dello scorso novembre alla presenza degli artisti più segnalati, e de’più eletti rappresentanti dell’alta aristocrazia. Il Palumbo rappresenta la vittoria delle massime difficoltà e la trasformazione di queste difficoltà stesse in elementi d’ineffabil piacere. Sotto le sue dita il pianoforte fa l’ufficio d’un’orchestra tanto più magica quanto più animata da uno spirito solo. Nel suo concerto esegui due suoi componimenti assai ben scritti e che meritano tutta la stima degl’intelligenti, più la Sonala appassionata del Beethoven, prese parte nel quintetto di Spohr, e riportò in tutti uno splendido trionfo. Il numeroso uditorio ammirò ancora una volta questo splendido ingegno, pieno di vigoria e d’una singolare proprietà di accento, e applaudillo entusiasticamente. Mentre a lui prodigavano elogi incliti personaggi, un detto giovanile mi. ferisce l’orecchio: se fossi arbitro di tutti i pianoforti io ne farei un falò al genio del Palumbo. Tali parole rimembrandomi quelle di Saint Preux ad Eloisa, poi che ebbe udita musica italiana mi fecero udire la vera perorazione del miglior elogio che mai scriver si potesse di questo giovine portentoso. Al Rossini provano la nuova opera del d’Arienzo: Il Cuoco; intanto quell’impresario credette ben fatto il riprodurre Cicco e Rienzo o un’eredità in Iscozia che è la più rancida cosa che sia mai uscita dalla testa di musicista. Al San Carlo per seconda opera si darà la Maria di Rohan, in quest’opera dovrebbe esordire la Maio, il Celada e Achille De Bassini! Trattasi pure di ridare il Ruy-Blas con la Stolz, il Patierno e il Collini; non si sa a quale prima donna sia affidata la parte di Casilda; dicesi che la Waldmann non intenda disimpegnarla. La Messa postuma del Mercadante non fu più eseguita, perchè ei volevano molte prove ed il tempo mancava essendo tutta l’orchestra di San Carlo impegnata. x c^CUTO. GDÉTN’OV’Ak, 12 dicembre. Romeo e Giulietta di Marchetti — Tiberini al Nazionale — Teatri minori. A quest’ora conoscete l’esito dell’Opera del Marchetti, Romeo e Giulietta, ed il pubblico l’ebbe nelle cinque date rappresentazioni in favore crescente. Martedì che fu l’ultima rappresentazione dello spartito e la chiusura della stagione autunnale, l’impresa volle dedicarla alla prima donna (Spaak) ed al tenore (Karl), ed il numeroso uditorio salutò gli artisti con manifestazioni tali da renderne qualunque invidioso. Il giovane baritono Balsamo lasciò si vive impressioni da farsi desiderare per altra stagione. Applausi, chiamate, fiori, ghirlande, nastri e oggetti di valore furono tributati a tutti indistintamente. Nella stessa sera altrettante ovazioni si facevano al Tiberini al teatro Nazionale, dove i Genovesi speravano udire ancora l’eminente Artista, che nella precedente sera regalò il pubblico della romanza nella Forza del Destino, eseguita come sa fare il Tiberini. Anche Carion e T Adami furono degnamente festeggiati. La signora Galimberti scritturata come primo contralto in questo teatro dove non fu utilizzata, cantò il Non tornò, di Tito Mattei — un’aria della Favorita ed una romanza di Campana in modo eletto, spiegando voce, agilità e bravura non comune. Ora il Nazionale tace e si riaprirà, per la stagione invernale con altra compagnia e coll’opera di Flotow Alessandro Stradella. Il Doria pel carnevale avrà la compagnia Aliprandi. Il Paganini quella di Alessandro Salvini. Sono pubblicati i cartelloni anche dei minori teatri, ma pel Carlo Felice ancora non è comparso niente. Il vostro corrispondente prende le vacanze, v’augura molti panettoni, e arrivederci al Santo Stefano. F P P PAVIA, 2 dicembre. L’organo di Santa Maria del Carmine, il cav. Lingiardi e Vincenzo Petra,li. Sebbene un po’ tardi, riparo ad una colpa di non avervi cioè ancora fatto cenno d’un avvenimento musicale di cui va superba la città nostra; vo’ dire del collaudo dell’organo di Santa Maria del Carmine, fabbricato nel 1836 dal cav. Luigi Lingiardi ed ora da lui stesso stupendamente riformato. Voi conoscete già la rinomanza alla quale è salito quest’uomo, artista in’sommo grado, che è riportato il più ingegnoso e valente fabbricatore d’organi in Italia; anche ultimamente la R. Accademia Raffaello d’Urbino lo onorava, acclamandolo suo socio corrispondente; ma ciò che forse non conoscete è la sua rara modestia e il suo ben inteso disinteresse. Dopo d’aver dotato la sua città natale, senza esigere compenso adeguato, dell’amirabile organo della Chiesa di S. Francesco, dóve tutte le domeniche una scelta folla d’intelligenti accorre a gustare i portentosi effetti che sa trarne il giovine e valenteMaestro Depauli, volle riformare anche quello del Carmine in guisa da introdurvi tutte le modificazioni portate dalle importanti scoperte da esso fatte con intelligente pazienza, con serii studi e con meditazioni profonde, e in modo da adattarlo aifi Architettura della Chiesa. Ad esso si deve il nuovo sistema pneumatico distributore del vento a seconda della volontà dell’organista; ad esso fi aggiunta d’un terzo iiratutio ai due già in uso ed una registratura ai pedali; ad esso la mirabile imitazione dei varii strumenti per la quale resta talvolta illuso l’uditore; ad esso le graduate tinte di forza che pongono l’esecutore in facolta di smorzare e rinforzare i suoni, e dal più lieve soffio di poche canne portare la sonorità al massimo grado d’intensità; ad esso il meraviglioso quanto simpatico meccanismo che simula il coro delle voci umane. — Che dirvi poi di quel fenomeno musicale, chiamato Vincenso Petrali cremasco. che fu qui chiamato a collaudare l’Organo? La domenica del 24 novembre il numeroso e scelto pubblico, che stipava l’ampia Chiesa, era beato, imparadisato da quest’uomo prodigioso. — Il poeta pavese Giuseppe Bignami, già favorevolmente noto per altro graziose sue composizioni, dettava in quest’occasione una bellissima poesia in dialetto patrio. JAvl. 4 dicembre. Don César de Bazan, opera comica in 4 atti del sig. Massenet — Dans la Forêt opera comica in un atto del sig. Constantin. — Hamlet all’Opéra. Due opere nuove, l’una all’Opéra-Comique, l’altra all’Ateneo; la prima in quattro atti, o in tre atti e quattro quadri, il che vale lo stesso. ha per titolo Don César de Bazan, tratta dal noto dramma di Desmery e Dumanoir; la seconda in un sol atto, porta per titolo Dans la Forêt, ed è scritta su d’un libretto originale di Giulio Ruelle, attualmente direttore dell’Ateneo. Cominciamo dalla più importante di queste due produzioni. Il sig. Massenet che ha scritto la musica del Don César de Bazan è un giovine maestro, alievo di Ambrogio Tomas, ed eccellente armonista. Pochi tra i giovani compositori conoscono l’arte istrumentale al paro di lui; è laborioso, infaticabile, fecondo, e amato da tutti i suoi confratelli; onde la sera della prima rappresentazione le simpatie del pubblico erano molto vive per questo novello compositore che esordiva nientemeno che con un’opera in quattro atti. Qui un caso simile è assai raro, perchè gli esordienti non possono sperar di dar da bel principio che un sol atto, due al più. Pel Massenet si è fatto un’eccezione. Gli si è dato un libreto d’un autore ben conosciuto, gli si è aperto il teatro che dopo fi Opéra è il più importante della capitale; è stata lasciata a lui la scelta dei cantanti; scene, ve