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426 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO ZE’A.TìIGrl, 18 dicembre. rinnovato il magico effetto tanto gustato nel secondo concerto. Il trattenimento ha avuto principio colla sinfonia dei Vespri Siciliani, uno de’capolavori orchestrali di Verdi, i quali dispensano da ogni commento. Il vanto di aprire in questo anno la stagione carnevalesca per gli spettacoli d’opera in Torino spetta stavolta allo Scribe, ma, pur troppo, tutto si riduce ad una priorità di data cui si annoda un disgraziatissimo insuccesso. L’opera condannata a non sopravvivere alla prima e tutt’al più alla seconda rappresentazione era la Marta, cui fece difetto il tenore, un sufficiente concerto e l’affiatamento dell’orchestra. Sotto le spoglie della protagonista la signora Rivoli ha fatto del suo meglio, aiutata dal baritono Cujas, dei quali il pubblico amò con qualche applauso tener conto, ma il resto piacque assai poco e procurò contrarie dimostrazioni. Pare che la teoria vagheggiata dall’impresa sia quella d’andar in scena presto, teoria che per fortuna di essa non volle mettere in pratica il Bozzelli per la Dinorah e per il Boscaiuolo, e che piuttosto di seguire ora stimò miglior partito ritirarsi, e fece bene. Più fortunato è stato ieri sera il Balbo col Folletto di Gresy di Petrella, accolto assai bene per merito dello spartito e degli interpreti. Al Carignano s’è data l’operetta d’Offenbach Le pont des Soupirs, ma con poco successo a cagione del libretto, che non presentando le situazioni strambe adatte al talento eccezionale dell’autore della Belle Rélène e dei Brigands lascia nella musica molti desideri insoddisfatti. Per contro quella buffonata divertentissima che si chiama Boule de Neige è stata ripetuta più volte e favorita sempre di numeroso concorso. La breve stagione sarà chiusa colhoperetta Le petit Faust di Hervé. Lo spettacolo d’apertura delle nostre massime scene consterà della nuova opera-ballo Guarany di Gomes, posta in iscena dall’autore, ed avente ad interpreti principali il Capponi, la signora Spach, il Pantaleoni, il Barberat ed il Gasparini La Società letterario-musicale — Suo scopo — Le sovvenzioni teatrali — Corso di storia al Conservatorio — Società di concerti. Nulla di nuovo ai teatri lirici, ma ho a parlarvi d’altre cose. Si è fondata qui. una riunione (non saprei come chiamarla altrimenti, non potendo darle il troppo pomposo titolo d’accademia) la quale ha preso il nome di Cercle de la littérature musicale. Essa si compone dei critici musicali, quelli più specialmente che pubblicano ogni settimana nei giornali politici o speciali, un’appendice in feuiletlon o un rendiconto ebdomadario sulle opere e lavori musicali. Al numero di questi che è abbastanza considerabile perchè se ne contano oltre i cinquanta, si unisce quello dei musicologi, o scrittori di storia o d’estetica musicale, e fra i quali si trovano parecchie brillanti individualità lirico-letterarie. Questa società terrà delle tornate settimanali, nelle quali i diversi membri, serbando ciascuno l’indipendenza delle sue opinioni, s’intenderanno per trattare le quistioni d’arte e d’interesse comune. Cito un esempio per far ben intendere lo scopo di questa riunione: Il governo dà più di un milione di dote a 4 teatri di musica, V Opéra, VOpéra Comique, gVItaliani ed il Teatro Lirico: in tutto 1,140,000. Quest’anno l’Assemblea ha tolto al Teatro Lirico la meschinissima dote di 60,000 franchi, serbando 800,000 franchi all’Opéra, 240,000 aXVOpéra Comique e 100,000 al Teatro Italiano. Il pretesto di questa singolare economia è che il Teatro Lirico è stato bruciato in parte; e ciò senza pensare che TAteneo gli ha succeduto e che ne fa le veci. Sono adunque 60,000 franchi tolti all’Ateneo, che senza quest’aiuto non può andar innanzi. Alcuni tra i critici ordinari della stampa politica si sono lamentati, ed han preso le difese del povero Ateneo. Ma le voci di tal o tal’altro, quando sono cosi isolate, non ottengono quell’effetto che si richiederebbe. Il club della letteratura musicale nelle sue riunioni ha messo all’ordine del giorno la discussione sulle doti ai teatri di musica, e se la maggioranza dei membri che lo compongono sono d’accordo, tutt’i giornali domanderanno al governo, per l’organo degli scrittori d’appendici musicali, che sia restituita all’Ateneo la dote cosi ingiustamente ad esso tolta. Quando la nali, diverrà più giunto. L’unione che avrei potuto istituzione. domanda sarà fatta da tutti ed in tutti i giorimponente, e probabilmente lo scopo sarà ragfa la forza. Ho citato quest’esempio fra cento addurre per ispiegare il perchè della novella Un altro esempio anche importante è quello degli oneri imposti ai direttori dei teatri di musica che ottennero la dote o sovvenzione Quello dell’Opéra incassa ogni anno una sovvenzione di 800.000 franchi. Non è una bagattella e non gli vien pagata per arricchire il direttore. Bisogna che faccia qualche cosa in ricambio, vai dire che dia almeno un’opera nuova ogni anno. Questa condizione non è rispettata. Un giornale può farle notare, un altro ripeterlo; ma il Governo fa il sordo. Se son tutti a dirlo, converrà che faccia rispettare le clausole del foglio di òneri, che fino ad ora è rimasto come lettera morta. Tutt’i membri di questa Riunione han dichiarato che le loro opinioni individuali, le loro simpatie pel tale o tal’altro genere di musica non dovranno menomamente alterare la concordia. È da sperarsi che questa dichiarazione sia sincera. Intanto è curioso veder riuniti i partigiani della musica italiana e quelli che la vorrebbero vedere al fondo dell’inferno, i wagneristi più esaltati e quelli che non possono udir parlare di musica dell’avvenire. Ma, lo ripeto, non sono le quistioni di genere, di scuola, di nazionalità che saranno trattate nel Cercle de la littérature musicale, ma quelle che offrono un interesse comune e che si legano più strettamente all’arte. Lo scopo non mi pare inutile; vedremo quali vantaggi si avranno da questa Riunione. Il Conservatorio di musica (il quale merita aneli’esso l’attenzione dei membri della nuova società) ha inaugurato il corso di letteratura musicale. Il signor Eugenio Gautier che ne ha la cattedra ha cominciato dalla storia generale della musica. La prima lezione concerneva la musica presso i Greci, alla quale succederà la musica presso i Romani La conferenza è stata cosi gradevole come istruttiva, e se il Gautier continua con lo stesso successo si farà molto onore e renderà un vero servigio ai giovani compositori o allievi che compongono l’uditorio di questo Corso e che, generalmente parlando, sono piuttosto ignoranti. Toglieteli dal contrappunto, non sapranno quale de’ due era maschio o femmina, se Enea o Bidone, se Igea o Catone. E giacché parlo del Conservatorio, aggiungerò che la società dei Concerti di questo stabilimento ha inaugurato anche in questa settimana la sua 46.a annata d’esistenza. Il nuovo direttore d’orchestra (ed è noto che l’orchestra del Conservatorio non ha rivali; è anche superiore - e di molto - a quella delYOpéra) è il signor Delvedez. Il programma conteneva i nomi di Beethoven, Giudi, Mendelssohn, Weber e Berlioz. Certamente, tutti nomi illustri. Ma per quale ostinata tradizione non dobbiamo veder mai o quasi mai sul programma dei concerti del Conservatorio di Parigi nomi di maestri italiani? E se non voglionsi prendere i moderni, benché Rossini, Mercadante e Verdi valgono pur qualche cosa e non sono cosi poca cosa da non poter essere messi in compagnia di Berlioz, che è pure un moderno, si prendano gli antichi, quelli che hanno insegnato a scriver musica a tutti quanti. Non si avrà che l’impaccio della scelta. La pleiade è cosi numerosa come brillante; ma no, non si vuol uscire dalla musica tedesca. Chi nega che gli Alemanni non sieno peritissimi nella scienza musicale; ma è questa men ragione per escludere sistematicamente i Marcello, i Palestrina, i Leo, i Porpora, i Durante e tutti gli altri sfolgoranti del firmamento musicale italiano? Quando vidi Ambrogio Thomas alla direzione del Conservatorio di musica, ne fui lieto pensando che quest’onorevole compositore, avendo passato qualche hanno della sua vita in Italia, avrebbe riparato l’ingiusto obblio dei suoi predecessori. Ma no, veggo che «più si cambia, più è lo stesso» come diceva spiri—