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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 431 La musica lia le sue figure; la sospensione, Fesclamazione, le interrogazioni, le sue fermate; lia i suoi stili, il suo rispettivo ordine e metro come la poesia. In luogo della declamazione e dei gesti, ha l’esattezza nell’intonazione, nelle misure; a guisa della pittura, ha i suoi coloriti espressivi come il piano, il pianissimo, il forte, il crescendo, Y accelerando, ecc. — I suoi melodiosi concenti influiscono, non solamente sull’animo sensibile dell’uomo, ma anche, come asseriscono i naturalisti, sulle bestie. Il destriero nitrisce allo squillar delle trombe; gl’indiani col suono del flauto calmano il minaccioso furor dei serpenti, e li traggono dietro quali docili agnelli. Altri effetti si potrebbero qui riportare, noi però li taciamo per non riescire troppo prolissi. Troviamo opportuno, anzi necessario, di far notare come lo studio dell’estetica musicale debba richiamare la maggior attenzione dei cultori dell’arte di Euterpe, perocchè gli è codesto studio che ci conduce al punto ove possiamo discernere la somma utilità della musica; di vero, per arte musicale, da chi è fornito di buon senno, non so se riputeremo alcuni aborracciamenti fonici destituiti di spiritualismo, ma bensì s’intenderà ciò che ei eleva il pensiero e nobilita l’animo. E sulla bocca di molti l’espressione; «la musica deve divertire.» E perchè? noi soggiungiamo, la musica è poema, è creazione, laonde ella deve assumere tutte quelle forme che le può dare l’umana fantasia. E la musica, essendo poema, ad essa non chiederemo gli osceni canti delle orgie, ma bensì le dolci emozioni e pure che emanano dai poemi del Petrarca: alle arti belle noi chiediamo la parola che risponda ai nostri affetti, e il riso e il pianto; l’amore e il disprezzo; la speranza e il disinganno, non già i soli canti eroi-comici dell’autore della Secchia rapita, del Guadaglieli e di alcun altro.» Siccome nella poesia regnalo essi al fianco di Dante e di Petrarca, così nella musica, a lato degli autori della giocosa lira, denno regnare i grandi trovatori delle ispirazioni più sublimi. E noi osiamo asserire essere men lecito alla musica - o all’idea modulata - che non alla poesia - o all’idea articolata — lo scendere nelle sfere umili dell’estetica, perocché, nulla havvi di più sacro al mondo all’infuori della musica: è desso il linguaggio con cui la divinità si rivela all’uomo: tutto al mondo a noi presentasi terso, trasparente, possibile ad essere indagato dalla ragione; ma nella musica è un linguaggio imperscrutabile, sovrumano, divino: è il suono della voce divina che qual dittamo vitale raddolcisce i dolori dell’umanità. Giovanni VARI ETÀ Verso l’estremità della via Linz in Salisburgo trovasi il cimitero di S. Sebastiano, poco visitato dagli stranieri. Trascorrendolo vi si incontrano alcuni nomi conosciuti; Costanza de Nissen (vedova di Mozart), due sorelle di Weber (cognate di Mozart), Teoprasto Paracelsus, ecc. Ma ciò che più meraviglia è una lapide sotto le arcate, dedicata alla memoria di un giovane artista ignoto. Presentiamo ai lettori T inscrizione, letteralmente tradotta, senza farne alcun commento: DEDICATO ALLA MEMORIA DEL SIGNOR CARLO STENGL MAESTRO’ CANTORE DELL’I. R. LICEO E CONCERTISTA DI VIOLINO nato il 27 gennaio 1813, morto il 26 luglio 1837, e dei suoi figli Rosa, Carlo Gabriele e Massimiliano (a 24 anni!!!) dalla sua dolente moglie e figlia (?) Amalia Stengl, nata Bergmair. Il Concerto della vita è finito, Il Maestoso dell’ora della tua nascita, L’Allegro della tua giovinezza, L’Andante de’tuoi anni maturi, (sic) Hai percorso come artista cantante, E il gran maestro di cappella che solo intese Il profondo senso della tua ultima cadenza, sapeva bene Che solo il Finale della campana dei morti terminerebbe degnamente l’opera. Il pianista Kowalski, in un libro pubblicato testé col titolo, A travers V Amérique, fa una pittura singolare delle abitudini musicali del Canadà. Egli dice che per farsi applaudire come concertista, gli conveniva piegarsi alle tradizioni, lasciate in quei paesi da concertisti venuti prima. Ecco le sue parole: «Enrico Herz improvvisava sopra temi dati dal pubblico. Leopoldo DeMeyer suonava fantasie colla mano sinistra sola nel mentre pigliava un gelato coll’altra; Wehle, eseguiva un pezzo militare, sedendosi a certi momenti sulla tastiera bassa dal pianoforte, per imitare lo sparo del cannone. Un giorno il mio agente mi pregò vivamente di eseguire un pezzo in nuova maniera. Era necessario Dopo molto fantasticare, mi venne in mente di un artista che suonava pezzi di concerto con una spazzola, ed immaginai che coll’ala d’un cappello mi sarebbe facile fare altrettanto. Vi lascio considerare se l’annunzio di una polka di concerto eseguita con un gibus chiamasse la folla. Quel concerto mi valse la visita di due cappellai della città, i quali al domani vennero a domandarmi il permesso di dare il mio nome ad un cappello di loro invenzione. Acconsentii a patto che i due campioni di cappelli mi venissero inviati a Parigi, dove io li aspetto ancora.

La Nuova Roma così annunzia un nuovo pianoforte inventato da quel signor Paolo Alessandroni. Il pianoforte è a sette ottave e tre tasti e a doppio scappamento. Ce lo apersero e ce ne mostrarono la svariata struttura che non si può descrivere colla penna. Siamo restati compresi d’ammirazione innanzi a quella infinità di corde, di scatti e di congegni delicati minutissimi e perfetti che rivelano in chi li ha fatti uscir tutti ad uno dalle sue mani una abilità ed una pazienza più uniche che rare. Oltre la grata robustezza e precisione del suono che può riprodurre anche il più lieve sospiro d’ogni sfumatura dì nota, l’istrumento ha questo di ottimo, che non è soggetto a guasti od a rotture interne, tanta è la maestria e la solidità con cui venne costrutto. Esso ha anche una forma esterna assai bella, ed è fornito di ogni immaginabile comodità. È insomma un pianoforte da concerto veramente raro ed impagabile. L’Alessandroni incominciò a lavorare nella rinomata fabbrica di pianoforti di Erard di Parigi, e quindi tornò in patria ove disgraziatamente, non avendo mezzi, fu posto quasi in dimenticanza. Egli lavora in sua casa, e si fabbrica da sè gli istrumenti nuovi ed ingegnosi che facilitano i suoi lavori. - Il ce-lebre pianista Liszt, quando fu in Roma, conobbe l’Alessendroni ed ammirò aneli’ esso le rarissime doti del suo ingegno meccanico e gli rilasciò un suo certificato assai lusinghiero. 11 pianoforte di cui abbiamo sinora discorso verrà inviato alla esposizione di Vienna, ove farà certo bella figura tra quelli delle principali fabbriche d’Europa. La collezione d’istrumenti orientali ed affricani del Museo del Conservatorio di Parigi si va ogni giorno arricchendo. Da una lettera del sig. Schoelcher al signor Oscar Comettant risulta che oramai si compone di quarantanove pezzi interessantissimi per la loro rarità, essendo che la maggior parte di essi non furono mai visti in Europa. «Vi si segnalano, dice quella lettera, il darboukah, tamburo di terra cotta, ed il piccolo violino di zucca a due corde, che accompagna la danza delle almee di Egitto, colle castagnette di rame, una zampogna di pastore arabo d’Egitto, specie di oboe di canna egiziana; un mandolino delle baiadere di Smirne. elegantissimo di forma, un quia quia caraibo di tessuto di paglia, uno yolof di legno, ed un altro di Haiti di latta colorata; una specie di arpicella di bambou; un flauto ed una piccola chitarra messicana, una lunga arpa eolia caraiba fatta di bambou; un violino dalla testa scolpita, con cui si accompagnano *i moderni rapsodi greci; un flauto di