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GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 45

è una buona ragione per contendermi il diritto di dire due parole del suo libretto. Si sa che la tela non è di sua invenzione, e che la sua musa non ebbe altro a fare fuorché seguire docilmente la traccia di un programma francese in prosa del signor Du Locle. La musa di Antonio Ghislanzoni non è però una musa schizzinosa e invece di imperrmalosirsi per vedersi così condotta a mano come un pulledro bizzarro, si mostrò d’una arrendevolezza rara, e fece versi che non solo lasciano indietro di gran lunga i migliori versi melodrammatici d’oggidì, il che sarebbe vanto assai problematico, ma che non sfigurano al confronto dei vecchi e più riputati modelli del genere. Infine non bisogna dimenticare che la parte archeologica delle decorazioni, dei vestiarii e delle scene fu diretta con amore dal valente archeologo nobile Alessandro Melzi, a cui dobbiamo essere riconoscenti. Domani avrà luogo la seconda rappresentazione. Verdi assisterà ancora per due sere allo spettacolo. S. Farina.

Facciamo seguire i giudizii della stampa milanese, giudizi che non mancheremo di confrontare con quelli che verranno dati dopo le successive rappresentazioni. Il Pungolo scrive:

"L'Aida appartiene a quel ristrettissimo numero d’opere d’arte, che sono tutta l’arte, non una forma, una manifestazione speciale e determinata di essa. — L'Aida è un quadro, è un dramma, è un poema, è una statua, oltre ad essere una musica. — Quando avete fatto l’analisi della struttura musicale dei pezzi, non avete detto nulla, non avete dato una idea, neppur vaga, neppur lontana, dell’insieme. "Nel comporre l'Aida, Verdi non calcolò soltanto sull’effetto de’ suoi motivi, delle sue combinazioni armoniche, dei suoi accompagnamenti orchestrali: v’accorgete, assistendo allo spettacolo, ch’egli concepì il vastissimo quadro artistico nel suo complesso, e che la musica non è che uno dei colori della sua tavolozza; per cui, come nel parlare del colorito di un quadro non si può separare nell’analisi un colore dall’altro, cosi non potete parlare della musica dell’Aida, senza parlare — lo vogliate o no — del dramma, del poema, del quadro. "È tutto bello in quella musica, o almeno è tutto bello del pari, son tutte armoniche le linee di quel quadro — è sempre, in tutto, dovunque, eguale la forza straordinaria della tavolozza del pittore — tutti i brani di quel poema sono essi a un’eguale altezza di ispirazione?

"Non lo so — Vado più oltre — e dico chi lo sa? — Qual’è quello dei tremila spettatori di iersera che, uscendo dal teatro, possa asserire di essersi reso chiaramente conto a sè stesso di tutto ciò che ha visto ed udito, nel suo insieme e nei suoi particolari?

"Di una sola cosa tutti gli spettatori devono aver portato il convincimento fuori di teatro — ed è che si son trovati per quasi quattr’ore davanti al grandioso — grandiosità di creazione — grandiosità di estrinsecazione — grandiosità di interpretazione — grandiosità, non di mole, ma di pensiero — non di proporzioni soltanto ma d’idee. "La originalità del genere, la originalità non cercata nei minuti particolari, nei frastagli, negli accessorj, ma nell’insieme, nel complesso dell’opera — quella originalità forte, robusta, sicura ch’è la caratteristica dei capolavori — ecco una delle cose che più distintamente, e quasi più immediatamente si sentono nell'Aida. "Preludio — bellissimo — pieno di soave mestizia — caratteristico. Il pubblico avrebbe voluto applaudirlo — ma non osò rompere con lo strepito di un applauso moderno quell’atmosfera piena di religiosa solennità cui quel preludio lo trasportava — Vi si trovava così bene! — Verdi ebbe ragione di non cambiare quel preludio in una sinfonia — l’uno è così eloquente, dice tanto, e così bene che non potrebbe l’altra dir di più nè meglio. “ Romanza di Radamès — due sgorbi — uno per Fancelli — vuol dire oh! se Fancelli avesse il sentimento pari alla voce! — l’altro per l’accompagnamento che mi parve bellissimo. Si batte le mani, ma senza entusiasmo. “ Viene il Re col seguito — gran pezzo concertato — Bellissimo — Magnifico, terribile nella sua marziale energia l’inno di guerra. “ Resta sola Aida. — Dopo l'impeto della sonorità, la solinga tristezza della povera schiava. — Bellissimo il recitativo — Ritorna in esso il preludio ch'estrinseca la passione d’Aida. — Vi è un brano che mi parve assai nuovo e che rende con molta efficacia la lotta da cui è agitato il cuore di Aida — Si chiude con un bel cantabile tutto melanconia e dolcezza — la Stolz interpreta, colorisce, accenta meravigliosamente. — Grandi applausi.

"Cambia la scena. "Stupendo il canto interno — stupenda la musica del ballabile che gli dà tutto il carattere di un rito religioso. — Grandioso, ampio, solenne il canto con cui si chiude. — Cala il sipario. — Due chiamate a Verdi e agli artisti. "Atto secondo. — Grazioso il coro delle schiave che abbigliano Amneris — grazioso, originale, applauditissimo il ballabile dei moretti. — Bella la frase di Amneris: Vieni, amor mio, m’inebbria, ecc., che la Waldmann cantò con molta passione. «Gran duetto fra Amneris ed Aida — pezzo originale, assai espressivo che però non si gusta intero alla prima udizione. Vi è una bellissima frase nel mezzo quando Amneris cerca leggere in viso ad Aida il segreto della sua passione — si chiude con un melanconico ed affettuoso canto d’Aida — La Waldmann e la Stolz gareggiano di espressione e di accento. — Due chiamate a Verdi e alle cantanti. "La gran marcia trionfale. — Musica caratteristica. — Apparato scenico magnifico — gran lusso. — Ecco le trombe egiziane — il motivo che suonano ha un carattere locale assai pronunciato, il lavoro musicale è finitissimo — eppure mi aspettava maggiore effetto. — Si sente però il grandioso, e si prevede che piacerà sempre più. — Molti applausi. "Ecco Amonasro — Che stupenda figura di Etiope! — Pare staccato da un quadro di Orazio Vernet — Bravo Pandolfini — Il personaggio c’è — c’è nelle movenze, nella veste — in tutto — E com’è bello, altamente drammatico il suo recitativo! — e come lo dice Pandolfini!...proprio da grande artista! "Siamo al gran finale — Che potenza di orchestrazione! che potenza di dramma! — E' uno dei pezzi culminanti — E come spiccano quelle poderose voci della Stolz, della Waldmann, di Pandolfini, di Fancelli, di Maini, di Povoleri! — Che robustezza di sonorità — Come bene la rendono i cori e l’orchestra! "Il pubblico è rapito — indovina, sente, ciò che non comprende — il termometro sale a 20 gradi. La tela cade fra i gridi entusiastici del pubblico — Verdi esse conducendo con sè gli artisti e il maestro dei cori Zarini — Poi alla seconda chiamata si alza il sipario e Verdi viene attorniato da tutte le masse, e accenna ringraziando l’orchestra. — Gli offrono sopra un cuscino di velluto l’omaggio di cui ieri abbiamo parlato — Verdi è visibilmente commosso — Altre chiamate al maestro. "Atto terzo. — Le rive del Nilo — Un preludio! — Che freschezza, che limpidezza d’onde in quel preludio! — come le senti scorrere fra le roccie! — come ti par di respirare il rezzo dei palmizii — Come ci vedi il chiaro di luna! "La pittura della scena che fa Verdi con la sua musica, è assai pi bella, assai più pittoresca di quella che fa il Magnani sulla tela. “ Il coro interno che si ode dal tempio d’Iside completa il quadro. È una pennellata da maestro. «Romanza di Aida — Bellissimo il recitativo — il movimento d’orchestra con cui sono accompagnate le parole: Del Nilo i cupi vortici Mi daran tomba... e pace forse, ti rende tutta la immensità dell’abisso, e il rumore cupo delle onde che vi si precipitano — Caratteristica la romanza che segue — Chiamate a Verdi. «Duétto fra Aida e Amonasro. Mi pare uno dei pezzi più drammatici dell’opera — piacque molto — ma non fu ancora gustato in tutta la sua bellezza — La frase Su dunque sorgete — egizie coorti e la descrizione dello spettro della madre, fanno terrore — Pandolfini lo canta e lo agisce da grande artista — Così la Stolz — Due chiamate a Verdi. «Duetto fra Aida e Radamès — Non mi piace — e neppure al pubblico — Vi sono qua e là delle frasi, dei brani originali — ma mi pare, dirò anzi ei pare, slegato, in alcuni punti vulgare — La cabaletta contiene un pensiero originale, ma non chiaro abbastanza. Fancelli la canta bene — ma gli manca il sacro fuoco dell’arte — È un cantante, e nulla più. «L’atto si chiude un po’ freddo. Una chiamata a Verdi. _ _ «Atto quarto. — Tutto bello in questo atto. — Bellissimo il duetto tra Amneris e Radamès — Bellissima la scena dell’anatema che vien da sotterra — Ci vuol la voce di Maini per dargli tutto il rilievo — Bellissima la imprecazione di Amneris — La Waldmann ha dei momenti e degli accenti di vera ispirazione — Tre chiamate a Verdi. «Pezzo finale. — E il pezzo più colossale dell’opera — c’è vera ispirazione — non è più un canto — sono singulti, sono gemiti, è passioue, grande e e viva passione che prorompe... — Oh! se il Fancelli avesse la potenza drammatica della Stolz! — se avesse nel gesto, nell’azione, la passione, la intelligenza che ha nella voce! «Qui 1 entusiasmo non si misurò più a gradi. Verdi dovette comparire dodici volte al proscenio — conducendo con sè Faccio, che diresse l’orchestra con una sicurezza, e una forza grandissima, il maestro dei cori, il pittore, gli artisti, anche quelli che si erano già spogliati. «E qui la cronaca cessa.» La Lombardia dice: “ Il maestro Faccio siede al suo posto, distende la sua bacchetta — silenzio «generale. «Il silenzio durò poco; a quelle parole di Radamès (Fancelli) E a te, mia dolce Aida, Tornar di lauri cinto, Dirti: per te ho pugnato e per te ho vinto!