Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1879.djvu/243

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DIRETTORE REDATTORE 29 GIUGNO I8"79 I VIRTUOSI DI CANTO DI FRONTE ALL’ARTE ED ALLA STORIA Mi venne fatto d’assistere, non è gran tempo, in uno dei principali teatri della nostra bella penisola, terra del canto e dell’amore, della pazzia ragionante e della forza irresistibile, ad una accademia vocale-istrumentale a scopo di beneficenza. Ad essa presero parte, oltre ai soliti ed indispensabili dilettanti, anche alcuni virtuosi di canto che andavano e che vanno tuttodì per la maggiore, compresa una bionda e seducente figlia d’Albione, che aveva voluto concorrere sua sponte al nobile e generoso pensiero della carità ben intesa. Dotata di voce morbida, pastosa ed agilissima, di aperta e squisita intelligenza, mancava tuttavia ’di quella giusta misura del bello che serve a caratterizzare l’artista vero, e il suo canto non era quello che nell’anima si sente. Desiderosa di popolarità ed avida degli applausi, meravigliava gli uditori colla esecuzione scrupolosamente perfetta di ardite e scabrose difficoltà meccaniche; ma per la smania di sfoggiare offendeva spesso e deturpava il concetto filosofico della composizione, e d’una musica formavane un’altra ad uso e consumo tutto proprio. La folla però ei si divertiva; gli onori, le ricchezze, le opulenti scritture, lo apoteosi della stampa venale e leggera non mancavano, ed anzi si accrescevano di giorno in giorno... che importava dunque se l’arte nulla vi guadagnava e il gusto s’andava peggiorando e imbastardendo?... E appunto l’entusiasmo, nella sera dell’accademia, aveva preso le proporzioni d’un avvenimento e gli applausi erano proprio saliti sino alle stelle, quando la cantante volle regalare, fuori programma al pubblico, il rondò finale della Sonnambula, intercalato di trilli, gruppetti, scale cromatiche ascendenti e discendenti e di mille e mille fioriture più facili a immaginarsi che a descriversi. Povero Bellini! quanto ■rispetto hanno per la tua memoria certi cantanti! Qual cura religiosa per le tue dolcissime, commoventi e sublimi creazioni!!... Ala è forse questo un vezzo moderno di far pompa di agilità male intese e contrarie affatto al fine ultimo del— Parte? Non è la storia di tutti i tempi e la ripetizione di quello che accadde per lung’ordine di secoli? Vediamolo. La musica vocale è antica quanto il primo uomo, chè la parola (a lui suggerita dalla facoltà di articolare e di imitare) e la lingua poetica precedettero certo la scrittura figurativa, origine prima di tutte le arti del disegno. L’arte del canto, quindi, è l’arte primitiva per ecceltenza e il suo sviluppo fu, al confronto della istrumentale, sòrta quasi contemporaneamente, assai precoce. SI PUBBLICA. OGNI DOMENICA Fra i popoli antichi, i greci, e per dolcezza di lingua, benignità di clima e istinto naturale, furono i primi a coltivare il canto, disposandolo alla poesia. In Grecia i versi si cantavano (da qui l’w canto de’ poeti) e la storia ei attesta come Siargrio, intorno al 1000 a. C., cantasse le gesta di Troja, indi da Pronapide, maestro d’Omero, il principe della greca poesia. Presso quel popolo, sì squisitamente temprato al bello, niun avvenimento della vita pubblica o privata andava esente dal canto e dalla poesia, e la fama ne tramandò i nomi di Tirteo, Alemano, Lino, Museo, Arione, Stesicoro, Saffo, Orfeo, poeti e trovatori di modi ed istrumenti musicali, e ne descrisse gli effetti straordinari da esso loro prodotti colla musica e col canto. Dopo aver toccato il sommo, caduta anche in Grecia l’arte e passata in Roma, continuò, specie per opera de’ fuorusciti greci, a rallegrare i cittadini e gl’imperatori, fra i quali il clivo Nerone eccelse maggiormente: finché per le guerre, le intestine discordie e la grande catastrofe dell’impero fu travolta nel caos generale e scomparve. Intanto nel silenzio delle catacombe, piena di fede e di entusiasmo, sorgeva la società cristiana colle preghiere e col canto innalzato al Dio-Uomo, e confortava sè stessa a sostenere con coraggio ed eroismo le durissime lotte che l’attendevano. - Sòrta poi la chiesa, dessa conobbe subito il bisogno, a meglio conquidere gli animi e parlare alla immaginazione dei fedeli, di favorire il canto sacro, con— giungendolo alle cerimonie del culto: ecco che Silvestro I fonda nel 320 la prima scuola di canto in Roma, ed ecco che S. Ambrogio e S. Gregorio Magno poggiano su basi scientifiche un novello sistema musicale e si fanno gl’iniziatori d’un’arte e d’una scienza che arriverà man mano alla più grande e meravigliosa altezza. - Introdotto allora in tutte le chiese dell’orbe cristiano il canto sacro, i cantori furono organizzati e prestissimo fatti segno alle generali simpatie: da questo punto (circa l’XI secolo) incomincia la vera storia dei cantanti e l’importanza che a sè stessi mai sempre attribuirono. Infatti, vedendo essi con quale crescente favore venissero ovunque accolti, incominciarono tosto a voler dar prove di loro abilità, innestando nelle severe salmodie ecclesiastiche, mille fioriture ed ornamenti, poco curandosi dello scopo che informava il canto sacro e solo tenendo conto dell’e/’— fetta che producevano. - Breve: le cose giunsero a tale (anche per l’introduzione nelle chiese dei canti profani) che i papi furono costretti a lanciare bolle di scomunica e convocare anche concili ecumenici contro simile abuso e fra le molte testimonianze che corroborano questo fatto, abbiamo anche l’importantissima di Hucbald, monaco dell’XI secolo, il quale scrive: i suonatori di chitarra e di flauto e i cantanti ricorrono a tutte le risorse dell1 arte per rendersi benevola V attenzione degli uditori. - Essi, insomma, operavano nella stessa guisa di molti organisti dei nostri tempi, i quali, per amore di popolarità o per crassa igno