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172 Codice cavalleresco italiano

tanti, deputati dai contendenti a trattare la vertenza nell’interesse dei mandanti.

Nota. — Ammettendo la parola e la missione di padrino o di testimone si verrebbe implicitamente ad ammettere la soluzione violenta del dibattito con le armi. Mentre il giurì ha carattere assolutamente pacifico e civile nell’ambito della legalità cavalleresca e della giustizia.

ART. 290.

Rifiutandosi i rappresentanti di assumere la parte di giudice nelle condizioni espresse nell’art. 289, il loro rifiuto sarà considerato come ripulsa di adire al giudizio del giurì.

ART. 291.

I giudici eletti nominano il presidente, se questo non fu già designato dalle parti, e ricevono le deposizioni delle parti avversarie e i ducumenti in appoggio o contro l’accusa, o sul punto controverso.

In caso di disaccordo la scelta del presidente verrà deferita com’è detto alla nota dell’art. 286. A codesta nomina non si ammettono eccezioni, pena la perdita delle prerogative cavalleresche, a meno di legittima e provata incompatibilità.

ART. 292.

Se prima o durante la trattazione della vertenza uno o più giudici si dimettessero, o venissero recusati dalla parte che li nominò, gli altri giudici sono in obbligo di conservare la carica pel funzionamento del giurì, nel fine di non accreditare il sospetto che le successive dimissioni o revoche abbiano lo scopo d’impedire la luce sui fatti da giudicare.