Pagina:Gelli - Codice cavalleresco italiano.djvu/63

Da Wikisource.

Libro primo 37



In seguito all’uso di codesto sacro diritto, il Ranzi fu sottoposto a Consiglio di disciplina e revocato dal grado. Il fatto destò stupore, poichè le consuetudini cavalleresche non possono, nè devono essere ritenute valide per i gentiluomini che vestono marsina e non valide per quelli che portano uniforme.

Questo fatto anormale ebbe termine, però, col Giurì d’onore del 2 aprile 1911 (composto del tenente generale conte Giacchi, maggiori generali Fadda e Rossi, on. Colonna di Cesaro, on. prof. P. Chiudenti presidente e relatore) il quale riconobbe nel Ranzi tutti i buoni diritti del gentiluomo malgrado i precedenti causati dalla questione Bertotti e da quella col prof. Barone.

Però, è bene qui ricordare che un gentiluomo generalmente non si appiglia alla tempestività o meno della domanda di soddisfazione, a meno gli giunga dopo un certo tempo, perchè in allora è evidente che la domanda non risponde ad un alto senso di decoro dell’offeso; ma è la conseguenza di pressioni ecc. esercitate su di lui da estranei alla vertenza.

ART. 64.

Se per una ragione indipendente da lui, l’offensore non trova chi lo rappresenti, pregherà i rappresentanti dell’avversario di persuadere due loro amici di assisterlo. Anche in questo caso vale il disposto dell’art. 62.

Nota. — Qui è utile ripetere: le consuetudini vorrebbero che in caso di assoluto bisogno nessun gentiluomo, se richiesto, dovrebbe rifiutare la propria assistenza ad altro gentiluomo, anche se al richiesto sconosciuto personalmente. L’assistenza cavalleresca è e deve essere riservata agli amici, alle persone che si conoscono, cioè, e che ci sono care.