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E così dicendo tremava di paura e si metteva in ginocchio dinanzi al Duca, tanto ben conosceva il suo padrone. Nondimeno il Conte d’Eu fu più temerario.

— Signore — egli disse — noi vi abbiamo condotta la Regina per ordine del Re, voi ne sapete più di noi, ed essa non partirà se non come avete detto».

Fu dunque stabilito che anche l’indomani Carlotta pranzerebbe presso lo zio. Tutti si rallegravano di avere un giorno di più da passare in così buona compagnia. Ma la povera Regina non partecipava alla gioia generale; essa era invece più disposta a piangere pensando ai rimproveri di suo marito; mentre sua cognata, la Principessa di Piemonte, non faceva che ridere di quella paura e di quel dolore, tanto era contenta di rimanere.

Il giorno seguente ci fu un altro dibattimento. La Regina e Crussol volevano partire dopo pranzo; perchè essendo l’indomani la festa dei Santi Innocenti, non mettendosi in viaggio la sera, bisognava rimaner lì un giorno ancora. Il buon Duca, incoraggiato dalla Principessa di Piemonte, si divertiva delle paure della Regina; ed incaricò suo nipote, Adolfo di Ravenstein, di sorvegliare le porte e di non lasciare uscire alcuno. Né preghiere ne lacrime poterono commuoverlo. Finalmente, dopo avere scherzato alcun poco, concluse col dirle:

— Io sono il decano dei Pari di Francia, ed il primo del regno dopo il Re. Ed il mio potere è suffi-