Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/202

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le circonfuse E digradate aëree temperanze Di quella luce che dal sol ne piove La vita e l’allegrezza, e nell’ascosa Idea dell’arte sa guidar la mano Imitatrice delle cose belle.

L’antica Sapïenza onde sì vasto, Fu l’ardimento dell’uman pensiero Che diè vita alle mítiche apparenze Dell’universo, e popolò di numi Quanto cape la terra e il cielo abbraccia, Te adorava, o Cibele, eterna diva.

Lucido albergo alle larve evocate Dalla mortale idea furono allora Il piano, il monte, il mare e l’aere ’l cielo; E una vocal misterïosa scena Era la terra, la gran madre antica.

Ma poi che da una Croce al mondo scese, Dell’eterna promessa adempitrice, L’alta Parola, ritornò Natura Quasi rinverginata alla sembianza Onde usciva di mano al Creatore Ne’ primi dì del mondo. Allor nell’imo Del suo ceruleo regno il dio del mare S’inabissò per sempre; ed i criniti Vegli, accosciati sovra l’urne algenti, Più non posâr de’ fiumi in sulle rive; Dalle, selve fuggîr, fuggîr da monti Le ninfe a schiere, a torme i semidei:

E la Natura, in maestà tranquilla, Rise di nova luce in faccia al sole, Silenzïosa nella sua bellezza.

Di Dio la gloria allor narrâro i cieli;