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Allor dell’opre sue le maraviglie Annunziò il firmamento: la deserta Anima de’ mortali, all’infinito Etra mirando, contemplò nel cielo La sola patria della sua speranza.
E la saggia dell’arte intenta mano Fece del Creator l’opre più belle Sola scïenza dell’eterno Vero.
A noi, prole di questa antica madre D’ogni bel, d’ogni grande, e che regina È ancor dell’arti, come fu del mondo, A noi donò il Signor, come di tutte, L’onor della novella arte gentile.
Il sommo che la luce al dì rapío, E alle cose i colori, il tuo gran figlio, Vinegia, fu quel che primo offerse Nelle sue tele, a cui fa guerra invano La lunga ira del tempo, un vivo speglio All’itala natura. Emuli intanto Di Vinegia e di Félsina alle scole L’Olandese e il Fiammingo a più sottile Studio intendean con maraviglia nova:
Ricrëavano l’arte; e que’ portenti De’ maestri pennelli ancor geloso L’attonito amator, quasi adorando, Agli occhi altrui nasconde e per sè cole.
Restava una corona, e la raccolse Il genio del Poussino, a cui nell’arte Claudio più che rivale era fratello.
Tu allor, santa Natura, a mille amanti Prodiga fosti della tua bellezza; E mille solitarie anime ardenti