Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/61

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Dunque un povero lume a te non resta
Dell’immenso splendor che ti diffuse?
Il tuo trono è sovverso, in brani è l’ostro
Che sì tenace t’avvolgea, distrutte
Le tue cento corone, e fin l’alloro
Dal fulmine sfrondato. Il tuo cruento
Ferro soltanto sull’avel riposa,
Sul avel che dai turbini percosso
Preme un orrido scoglio in mezzo all’onde.
Derelitto qui giaci ed incompianto…
Dunque alcun non t’amò? ... L’addio prendevi
Dalla vita mortal sulle tremende
Soglie dell’immortale, e nelle fronti
Che ti stavano intorno invan cercavi
Qualche nota sembianza... ed ahi! Nessuno
Della turba infedele a cui gittasti
Le corone e gli scettri allor t’apparve!
Nessuno al raggio del cadente sole
S’accostò degli antichi astri seguaci!
Il tuo spirto affannoso in un lamento
Passò l’arcana soglia, ed un’amara
Lagrima gli occhi nel signor ti chiuse.
Straniere mani composero in croce
Sul tuo petto le tue... ma chi la prece
Sulla tua spoglia mormorò? Nessuno
Ti fu pio d’una lagrima? Nessuno
Confortò d’un sospiro il grande estinto?»
«Ma nol piangi tu stesso?» (I1 mio severo
Condottier m’interruppe) e non sussurri
Cari detti di pace e di perdono?
L’uom che seguo fu posto alla bestemmia
Dell’indignata umanità, che tuona