Pagina:Gentile - Romanzo d'una signorina per bene, Milano, Carrara, 1897.djvu/14

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6 il romanzo

vocione da forte, agli operai uscenti dalla fabbrica lì a pochi passi, per il pasto di mezzogiorno.

«Cara, cara, cara!

«Hai fatto male, malissimo, mille volte male a lasciarmi qui sola soletta, con papà che è fuori tutto il giorno e gran parte della notte, e con la zia della quale tu sai, s’io possa far conto. Oh quella tua fierezza! quel tuo orgogliaccio!»

· · · · · · · · · · ·

Sopra il foglio erano scritte appena queste poche righe.

Invece di continuare la lettera, Lucia, sempre con la penna sospesa, guardava fuori.

Si sentivano i passi pesanti degli operai su l’acciottolato, le loro voci, qualche risata di fanciullo, l’abbaiare del cane, forse aizzato.

Tutto ad un tratto, a l’abbaiare successe il guaito pietoso del cane, che riconosce un amico e implora la solita carezza.

Lucia scattò da sedere e si fece a la finestra in tempo, per vedere uno dei giovani ingegneri della fabbrica, passare la mano attraverso le stecche del cancello e posarla su la testa di Wise, che scodinzolava festoso.