Pagina:Gentile - Romanzo d'una signorina per bene, Milano, Carrara, 1897.djvu/148

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d’una signorina per bene 137

in tre stanzucce fuori porta; la pensione le bastava a pena per non morire di fame; era una vita misera.

Invidiava la nipote. Ella poteva vivere tranquilla o in qualche agiatezza. Peccato che la sua casa fosse perduta in quel villaggio ove durante l’inverno non si vedeva anima viva; se fosse stata in città l’avrebbe pregata di ospitarla; avrebbero fatto vita insieme. Di lasciare Milano, le sue abitudini cittadine, le sue amiche, ella non si sentiva il coraggio. E stava lì sola soletta, stancando il cervello per studiare il modo di fare economia, imponendosi privazioni, sacrifici d’ogni maniera.

Erano lettere gemebonde che infastidivano perchè inspirate dall’egoismo.

Lucia si proponeva di soccorrere la zia; si sarebbe ristretta. Per lei e Bortolo ci voleva così poco!

Pippo Ferretti, impiegato in una casa commerciale di Londra, scrisse una sola lettera a la figliuola, dopo il fallimento. Poche parole senza un’allusione a la disgrazia; si felicitava con la figlia, che, se non altro, non aveva bisogno di nessuno. La felicitazione mal celava una punta d’invidia, quasi un rimprovero.