Pagina:Gentile - Romanzo d'una signorina per bene, Milano, Carrara, 1897.djvu/32

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d’una signorina per bene 21

«Ah Lena!... hai mancato a la tua promessa, per orgoglio! — mormorò a l’aria fosca della sera la fanciulla, che dopo la partenza del padre, si era fermata in giardino, ritta contro il muriciuolo, le dita intrecciate nell’inferriata del cancello, lo sguardo vagante.

Poteva star lì finchè voleva. La zia, dopo pranzo, appisolava per un’ora e più; e non c’era sugo stare a vederla ciondolare il capo e lasciarlo piombare su ’l petto con un russare faticoso di persona ben rimpinza di cibi succolenti. No; non c’era sugo.

Era meglio star lì a respirare una boccata d’aria, a veder passare ogni tanto qualche persona, a conversare con Wise.

«Non è vero Wise? che è meglio star qui con te, che mi capisci e mi vuoi bene?... Buon Wise!...

Bravo Wise!

«Bub! bub!

Il cane rispondeva abbaiando, scodinzolando, lambendo la mano della padroncina, dell’amica. Le si strofinava intorno quasi a farle intendere che le voleva bene davvero; oh quanto!

«Wise! buon Wise!... tu mi vuoi bene, lo so! e te ne voglio anch’io, sai, molto!... È così