Pagina:Gentile - Romanzo d'una signorina per bene, Milano, Carrara, 1897.djvu/37

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d’una signorina per bene 27

rino, lavorando nella fabbrica che dava la ricchezza a la casa, soffriva forse acerbamente, forse anche lottava con la morte?

Come mai aveva potuto, il suo papà, che sapeva che per certo aveva veduto, fare come di solito la sua elegante toeletta, scherzare con lei, uscire per lo svago d’ogni sera, forse dimenticare il triste caso in un salotto allegro o fra amici gaudenti?

Un’ambascia, fatta di pietà per il poverino malato e di disgusto per l’indifferenza del padre, della zia, e di quelle insipide zitellone, gonfiò il cuore della povera fanciulla.

«Vado con Bortolo — finì per dire — voglio vedere anch’io!

E si incamminò, non badando alle rimostranze della zia, che trovava eccessivo quello zelo caritatevole, che temeva un’emozione troppo violenta per la nipote, in quell’ora di dopo pranzo; che si doleva di non poterla accompagnare, perchè troppo sensibile, incapace di sostenere la vista d’un sofferente.

«Bene, bene! fece Lucia — non darti pensiero per me; vado con Bortolo.