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Ove il tagliente vomero s’incastri,
E doppio orecchio adatterai, che ai lati
270Diverga, e i solchi dividendo allarghi.
Ma prima il faggio, o la leggera tiglia
Per farne il giogo taglierai, nè il doppio
Manico obblia, che afferrasi da tergo
A regger dritto, o a declinar l’aratro.
275E questi legni al focolar sospesi
Il fumo poscia cimentando induri.

     Molti precetti de gli antichi ancora
Insegnarti poss’io, se a vil non hai
Gli usi impararne, e i più minuti studii.
280L’aia dapprima con pesante appiana
Cilindro intorno, e ne rimpasta il suolo,
E lo rassoda con tenace creta;
Onde erbe non vi spuntino, e non vi apra
L’estivo sole ampie fessure, e quindi
285Esca poi d’animali iniqua peste
Le messi a divorar: chè il picciol topo
Talor sotterra le sue case asconde,
E il granaio vi accumula, sovente
La cieca talpa il suo covil vi scava,
290Ed appiattato ne le buche anch’esso
Trovasi il rospo, e l’infinito inoltre
Di vermi vario popolo, e d’insetti,