Nè di te tacerò, libata a i numi,
Rodia, e gradita a le seconde mense. 170Ma nè le specie numerare e i nomi
Tutti potrei, nè giova, e chi ’l volesse
Del mar vorrebbe i tempestosi flutti,
E de la Libia numerar le arene.
Nè finalmente ad ogni pianta adatto 175Ogni suol crederai; nascono i salci
In riva ai fiumi, nei fangosi stagni
Gli ontani, e gli orni su i petrosi monti;
Godon di mirti coronarsi i lidi,
E colle aprico esposto al sol le viti 180Amano, e i tassi l’aquilone e il freddo.
Scorri del mondo a gli ultimi confini
E da le orientali arabe spiagge
Fino a i pinti Geloni; ovunque il suolo
Coltivato vedrai, diverse piante 185Patria diversa avran. L’ebano nero
Sol da l’India a noi viene e non d’altronde,
Che dai tronchi sabéi stilla l’incenso.
E che dirò del balsamo che suda
Da gli odorosi legni in su le rive 190Del felice Giordan? Che de le bacche
Del sempre verde Egiziano acanto
Del morbido cotone, onde son bianche