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Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/217

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CANTO SESTO. 193

CI.


     E seppe in guisa oprar, ch’amicamente
Entro ai chiusi ripari ei fu raccolto:
E poi condotto al cavalier giacente
804Che l’ambasciata udì con lieto volto.
E già lasciando ei lui, che nella mente
Mille dubbj pensier avea rivolto,
Ne riportava a lei dolce risposta;
808Ch’entrar potrà, quando più lice, ascosta.

CII.


     Ma ella intanto impaziente, a cui
Troppo ogni indugio par nojoso e greve,
Numera fra se stessa i passi altrui,
812E pensa: or giunge, or entra, or tornar deve.
E già le sembra, e se ne duol, colui
Men del solito assai spedito e leve.
Spingesi alfine innanzi, e ’n parte ascende
816Onde comincia a discoprir le tende.

CIII.


     Era la notte, e ’l suo stellato velo
Chiaro spiegava e senza nube alcuna:
E già spargea rai luminosi, e gelo
820Di vive perle la sorgente Luna.
L’innamorata Donna iva col Cielo
Le sue fiamme sfogando ad una ad una:
E secretarj del suo amore antico
824Fea i muti campi, e quel silenzio amico.