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56 LA GERUSALEMME

LXVIII.


     Ma il consiglio di tal, cui forse pesa
Ch’altri gli acquisti a lungo andar conserve,
E l’aver sempre vinto in ogni impresa,
540E quella voglia natural che ferve,
E sempre è più ne’ cor più grandi accesa,
D’aver le genti tributarie e serve;
Faran, per avventura, a te la pace
544Fuggir, più che la guerra altri non face.

LXIX.


     T’esorteranno a seguitar la strada
Che t’è dal fato largamente aperta:
A non depor questa famosa spada,
548Al cui valore ogni vittoria è certa,
Finchè la legge di Macon non cada:
Finchè l’Asia per te non sia deserta.
Dolci cose ad udire, e dolci inganni,
552Ond’escon poi sovente estremi danni.

LXX.


     Ma s’animosità gli occhj non benda,
Nè il lume oscura in te della ragione,
Scorgerai ch’ove tu la guerra prenda,
556Hai di temer, non di sperar cagione;
Chè fortuna quaggiù varia a vicenda,
Mandandoci venture or triste, or buone:
Ed ai voli troppo alti e repentini
560Sogliono i precipizj esser vicini.