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Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/211

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CANTO DECIMOSETTIMO. 187

XLI.


     E fra le grida e i suoni, in mezzo a densa
Nobile turba, il Re de’ Re si parte:
E giunto alla gran tenda, a lieta mensa
324Raccoglie i duci, e siede egli in disparte:
Ond’or cibo, or parole altrui dispensa;
Nè lascia inonorata alcuna parte.
Armida all’arte sue ben trova loco
328Quivi opportun, fra l’allegrezza e ’l gioco.

XLII.


     Ma già tolte le mense, ella che vede
Tutte le viste in se fisse ed intente:
E che a’ segni ben noti omai s’avvede
332Che sparso è il suo velen per ogni mente:
Sorge, e si volge al Re dalla sua sede
Con atto insieme altero e riverente:
E quanto può, magnanima e feroce
336Cerca parer nel volto e nella voce.

XLIII.


     O Re supremo, dice, anch’io ne vegno
Per la fe, per la patria ad impiegarmi.
Donna son’io; ma regal donna: indegno
340Già di Reina il guerreggiar non parmi.
Usi ogn’arte regal chi vuole il regno:
Dansi all’istessa man lo scettro, e l’armi.
Saprà la mia (nè torpe al ferro, o langue)
344Ferire, e trar delle ferite il sangue.