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188 LA GERUSALEMME

XLIV.


     Nè creder che sia questo il dì primiero,
Ch’a ciò nobil m’invoglia alta vaghezza;
Chè in pro di nostra legge, e del tuo impero
348Son’io già prima a militar avvezza.
Ben rammentar dei tu s’io dico il vero;
Chè d’alcun’opra nostra hai pur contezza:
E sai, che molti de’ maggior campioni
352Che dispieghin la Croce, io fei prigioni.

XLV.


     Da me presi ed avvinti, e da me furo
In magnifico dono a te mandati:
Ed ancor si stariano in fondo oscuro
356Di perpetua prigion per te guardati:
E saresti ora tu via più sicuro
Di terminar, vincendo, i tuoi gran piati;
Se non che ’l fier Rinaldo, il qual uccise
360I miei guerrieri, in libertà gli mise.

XLVI.


     Chi sia Rinaldo è noto: e quì di lui
Lunga istoria di cose anco si conta:
Questi è il crudele, ond’aspramente i’ fui
364Offesa poi, nè vendicata ho l’onta.
Onde sdegno a ragione aggiunge i sui
Stimoli, e più mi rende all’arme pronta.
Ma qual sia la mia ingiuria, a lungo detta
368Saravvi: or tanto basti. Io vuò vendetta.