Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/351

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CANTO VIGESIMO. 321

XCV.


     La magnanima Donna il destrier volse
Dove le genti distruggea quel crudo,
E di due gran fendenti appieno il colse:
756Ferigli il fianco, e gli partì lo scudo.
Grida il crudel, ch’all’abito raccolse
Chi costei fosse: ecco la putta, e ’l drudo.
Meglio per te s’avessi il fuso e l’ago,
760Che in tua difesa aver la spada e ’l Vago.

XCVI.


     Quì tacque; e di furor più che mai pieno,
Drizzò percossa temeraria e fera
Ch’osò, rompendo ogn’arme, entrar nel seno
764Che de’ colpi d’Amor degno sol’era.
Ella repente abbandonando il freno,
Sembiante fa d’uom che languisca e pera.
E ben sel vede il misero Odoardo,
768Mal fortunato difensor, non tardo.

XCVII.


     Che far dee nel gran caso? ira e pietade
A varie parti in un tempo l’affretta.
Questa, all’appoggio del suo ben che cade:
772Quella, a pigliar del percussor vendetta.
Amore indifferente il persuade
Che non sia l’ira o la pietà negletta.
Con la sinistra man corre al sostegno,
776L’altra ministra ei fa del suo disdegno.